7.12.15

Sono cambiate le regole del gioco: il voto a Marine Le Pen non è di protesta

Superati ormai gli schemi su cui era basata la dialettica politica tradizionale

Cesare Martinetti

Il Front National è il primo partito di Francia, Marine Le Pen cambia il paradigma politico di un paese fondatore dell’Unione europea e apre una dinamica imprevedibile nel vecchio continente. Un vittoria annunciata ma non per questo meno clamorosa: è un voto che segna qualcosa di molto più profondo, è il superamento dello schema politico novecentesco, saltano le categorie nelle quali si sono formati i partiti delle democrazie occidentali. Il 40 per cento di voti presi da Marine Le Pen e dalla nipotina Marion nella due regioni in cui erano candidate (Nord-Pas-de-Calais e Piccardia, Provenza-Costa Azzurra) costituiscono la somma dei voti di destra e sinistra, ex gollisti e socialisti. Nel resto del Paese il Front è al 30 per cento; secondo partito i “repubblicani” di Sarkozy con il 26. I socialisti sono al 23.

Tutto questo non si può più interpretare con la vecchia formula del voto di protesta. Non basta più. Bisogna prendere atto che la politica sta cambiando, inutili le vecchie formule che ancora si sentono oggi in Francia tipo «far fronte all’estrema destra» che è un modo appena più reticente di dire: no ai fascisti. Più lo si dirà e più voti andranno al Front. Il paese è già altrove. Sono anni che sociologi e sondaggisti avvertono un rimescolamento nel profondo della società.

I voti al Front National arrivano in gran parte dalle classi popolari, molti dei nuovi elettori frontisti hanno votato comunista per anni. È il voto dei delusi, dei dimenticati, è il voto di un paese profondo al quale la politica non sa più parlare. È un voto populista, postideologico e in questo senso introduce stabilmente nel paesaggio politico un soggetto “nuovo” ma non per questo anti-politico.

È un voto contro le élites politiche che giocano una piccola battaglia di apparati. È un voto contro la tecnocrazia gelida di Bruxelles da dove arrivano soltanto diktat cifrati che la gente traduce in perdita secca nella propria quotidianità. Non è un caso che l’unica regione in cui il Front arriva terzo con il 18 per cento dietro la destra al 30 e i socialisti al 25 è l’Ile-de-France e cioè la regione di Parigi: impensabile un voto contro le élites nella capitale delle élites.

È naturalmente un voto di paura dopo gli attentati. Ma sarebbe un errore pensare che i francesi hanno votato Front dopo Charlie Hebdo e le stragi di venerdì 13 novembre.

Una crescita continua

La dinamica elettorale per il Front è positiva da 2002, l’anno in cui il vecchio Jean-Marie Le Pen, padre di Marine riuscì a battere il premier socialista Lionel Jospin nel primo turno delle presidenziali e arrivò al ballottaggio con Chirac. Perse, è vero, per 82 a 18 (per cento). Ma il grande tabù era rotto. Da allora gli altri partiti, in particolare la destra ex gollista con Nicolas Sarkozy si sono lanciati all’inseguimento del paese che sembrava scivolare sempre di più nell’ombra del Front dando così corso a quella «lepenizzazione» degli spiriti che ieri ha sancito la vittoria di Marine Le Pen.

Sarzkoy il grande battuto

In questo senso il grande sconfitto di queste elezioni è proprio Sarkozy che stava faticosamente costruendo la candidatura per le presidenziali 2017 sognando la grande rivincita con Hollande che l’aveva umiliato tre anni e mezzo fa. Dopo questo risultato è molto difficile che Sarko, che ieri sera ha lanciato proclami di battaglia contro l’estrema destra rifiutando qualunque alleanza con il Ps per il secondo turno, possa essere candidato. Il grande rivale moderato Alain Juppé (l’unico che sembra in grado di battere la Le Pen in un ballottaggio perché capace di raccogliere anche molti voti socialisti) ha già annunciato battaglia nel partito.

Hollande e la sinistra divisa

Hollande è stato sconfitto ma meno di quel che si pensava. I voti della sinistra (come sempre dispersi) sommati fra loro fanno quasi ovunque più del Front. Ma si sa che un conto è la matematica e un altro conto la politica. Il presidente ha comunque molto recuperato grazie all’atteggiamento fermo e reattivo di fronte agli attentati. La «guerra» immediatamente dichiarata all’Isis, lo stato di emergenza messo in atto nel paese, l’attivismo diplomatico gli hanno riportato molti consensi persi nel deludente andamento economico del paese. Lui, certamente, sarà il candidato alla propria successione tra poco più di un anno.

Promesse mirabolanti

Detto questo bisognerà anche vedere che uso farà Marine Le Pen di questo risultato elettorale, che naturalmente dovrà essere confermato domenica prossima ai ballottaggi. Ma nel sistema francese le regioni hanno poteri molto meno significativi delle regioni italiane, non si potrà certo misurare il programma di governo del Front. La Pen vince su promesse mirabolanti: l’uscita dall’euro (che in verità negli ultimi tempi ha un po’ attenuato, forse nel timore di doversi poi trovare davvero a metterla in atto), la chiusura dei confini agli stranieri, nazionalizzazioni delle imprese che delocalizzano, etc. Ma questa sarà la partita del 2017 della quale sappiamo da fin d’ora che uno dei due candidati sarà Marine Le Pen. Resta da capire chi potrà (e saprà) sfidarla.

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