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28.4.05

L'Europa cancella i bambini poveri

Nel mondo sono 600 milioni i minori che vivono in famiglie il cui reddito è di un dollaro al giorno. La denuncia di Save the children: Bruxelles li ha dimenticati. L'Italia il paese più «canaglia»

ALBERTO D'ARGENZIO - BRUXELLES
L'Unione europea ha cancellato i bambini dalla politica di sviluppo. Questo l'atto d'accusa presentato ieri all'Eurocamera da Save the children, la più grande organizzazione internazionale indipendente per la promozione e la tutela dei diritti dei bambini. E se la Ue non guarda ai minori, l'Italia non guarda più in generale alla politica di sviluppo. «Stato canaglia», hanno detto del Belpaese solo un paio di mesi fa Oxfam e Action aid commentando i dati romani dell'aiuto allo sviluppo. Il governo destina alla lotta alla povertà meno dello 0,17% del suo Pil, il più tirchio nell'Unione a 15. Ieri pure Save the children si è unita al coro dello «Stato canaglia». Dietro all'accusa, le cifre della povertà. Allarmanti. Nei paesi in via di sviluppo - afferma la ong - 600 milioni di bambini vivono in famiglie che sopravvivono con meno di un dollaro al giorno, 10 milioni muoiono ogni anno per malattie facilmente prevenibili, più di 100 milioni di minori, di cui due terzi bambine, non vanno a scuola, oltre 150 milioni di bambini e bambine soffrono di malnutrizione e l'Aids si sta diffondendo a ritmi vertiginosi. «Una persona su due di quelle che vivono in assoluta povertà - sostiene Costanza De Toma, una delle relatrici del rapporto presentato ieri - sono bambini, più spesso bambine».

Di fronte a questo panorama, la Ue - che è pure il maggior donatore al mondo - ha chiuso gli occhi sui minori, insiste l'organizzazione internazionale. «Se le politiche per combattere la povertà non sono mirate alla povertà infantile, cioè alla protezione sociale, alla sanità, all'istruzione, allora non si potrà mai sradicare la povertà nel mondo».

Il ragionamento è semplice ma Bruxelles non lo segue, anzi farebbe di peggio: marcia indietro. Nel 2000 il tema dei diritti dei bambini era stato inserito nelle linee guida per le politiche di sviluppo europee, ma quando si è passati alla pratica i diritti dei minori sono scomparsi dai punti di riferimento. La Commissione risponde che «è vero perché è falso». «La protezione dei bambini - afferma Amadeu Altafaj, portavoce del commissario allo sviluppo Louis Michel - è diventata orizzontale, è stata inserita in tutti i programmi di sviluppo continuando a essere una priorità comune a tutti i progetti». «E la protezione dei minori - insiste Bruxelles - è inserita nella nostra richiesta di raggiungere più rapidamente gli obiettivi del Millennio». Save the Children continua la sua accusa, sostenendo che «non si ravvisa un approccio strategico globale alla povertà infantile».

Oltre alle tirate di orecchie, arrivano anche dei consigli, degli inviti. L'Europa - afferma la ong - deve incrementare gli aiuti allo sviluppo fino allo 0,6% del Pil dei Paesi dell'Ue entro il 2009, per poi raggiungere l'obiettivo dello 0,7 entro il 2013. I 25 sembrano invece intenzionati a mettersi d'accordo per arrivare allo 0,51% nel 2010 (lasciando per i 10 nuovi, che partono da posizioni molto inferiori, l'obiettivo dello 0,17%). Inoltre - insiste il rapporto - è necessario dire no all'imposizione di tasse sui servizi educativi e sui servizi sanitari di base. Sia la Banca mondiale che Bruxelles sono ambigui sul tema salute gratis, sostengono infatti che le spese dei poveri permettono comunque di finanziare la sanità. In realtà coprono appena il 5% dei costi. Save the children insiste sul sostegno agli orfani e ai bambini più vulnerabili nella lotta all'Aids, sul finanziamento alla ricerca e allo sviluppo di farmaci retrovirali accessibili gratuitamente.

Divisi su molto, Save the children e Commissione sono invece d'accordo su un punto: l'Italia fa pochissimo per la politica di sviluppo. «Lo 0,17% del Pil è una cifra inadeguata al suo livello di ricchezza», afferma De Toma. Peggio di lei fanno solamente gli Usa con lo 0,12% del Pil. Il caso Italia non si ferma comunque alle nude cifre. Roma doveva presentare a dicembre il suo rapporto per la politica di sviluppo, ma non l'ha fatto. All'appello mancano solo Italia e Cipro. «Inoltre - insiste Carlotta Sami, coordinatrice di Save the children Italia - la spesa viene indirizzata massicciamente a imprese profit nazionali», in pratica viene reinvestita in casa, poi «si fa sempre meno differenza tra attori privati profit e non profit». Addirittura molte associazioni sono creditrici del ministero degli esteri per progetti approvati e finanziati con soldi che poi non sono mai arrivati.
ilmanifesto.it

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