15.9.18

Quando la vita imita la letteratura

Guido Vitiello, insegnante e saggista

14 settembre 2018 

Gentile bibliopatologo,

temo di aver instaurato con un autore e una sua opera, in particolare, un rapporto a tal punto viscerale da travalicare il mero e sano apprezzamento, sconfinando in quel processo mentale che la psicoanalisi definisce “traslazione”. L’autore è Philip Roth, il libro L’animale morente. L’ho letto una decina di volte, introiettando ossessioni e fragilità della protagonista e trasponendo, più o meno consciamente, un’esperienza parallela alla sua nel mio vissuto. Disfarsi del libro basterà a liberarsi di questa struggente parabola che pare ormai destinata a perpetuarsi all’infinito?

-Wanda O.

Cara Wanda,
scrisse una volta Umberto Saba che “niente consola più di un bel verso pessimista”. Per esempio, diceva, versi come questi di Goethe, dal secondo Canto notturno del viandante (“Abbi pazienza. In breve / riposerai anche tu”), possono salvare un giovane dalla disperazione: “Sono versi eminentemente sociali”. Volendo, puoi considerarli i precursori letterari del Telefono amico.

Purtroppo Goethe li scrisse solo nel 1780: troppo tardi per farli leggere al giovane Werther e ai tanti disperati per amore che, imitando pedissequamente il protagonista del suo romanzo di sei anni prima, avevano preso il brutto vizio di spararsi un colpo alla tempia. Chissà, magari tutta la storia avrebbe preso un’altra piega. Allo stesso modo, supponeva Ennio Flaiano, se Madame Bovary avesse letto Madame Bovary forse non si sarebbe avvelenata.

Tu parli di traslazione, ma la parola più adatta credo sia un’altra: emulazione. Faccenda antica quanto la letteratura – Paolo e Francesca non imitavano forse Lancillotto e Ginevra? E Don Chisciotte non era un plagio ambulante dei romanzi cavallereschi? – che tuttavia, nella nostra epoca intossicata dalla fiction, ci è un po’ scappata di mano.

Ne ha scritto di recente Luca Mastrantonio in Emulazioni pericolose, un saggio che si apre con “l’effetto Werther” e procede con un lussureggiante inventario di casi noti e meno noti: la moda della roulette russa dopo il Cacciatore di Michael Cimino, Mark Chapman che spara a John Lennon dichiarando di essersi rifatto al Giovane Holden, le stragi scolastiche ispirate a Ossessione di Stephen King, i lenti avvelenamenti da tallio – facile da somministrare attraverso cibi e bevande – compiuti usando come manuale un romanzo di Agatha Christie, Un cavallo per la strega (propongo un’integrazione all’ipotesi di Flaiano: se Madame Bovary avesse letto anche la Christie, non solo non si sarebbe uccisa, ma avrebbe condito ogni giorno con il tallio la zuppa di cipolle del marito).

Il tuo sembrerebbe un caso di emulazione erotica, e nel libro di Mastrantonio ce n’è un buon esempio, anche se su un modello meno raffinato di Roth. Dalla febbre imitativa scatenata da Cinquanta sfumature di grigio di E.L. James si avvantaggiarono in molti. I sex shop moltiplicarono le vendite degli accessori che Christian Grey fa provare ad Anastasia, specie le “palline della geisha”; una grande catena di ferramenta inglese dovette approntare un vademecum per i dipendenti, un po’ sconcertati da tutte quelle richieste di corde, cavi e scotch da elettricisti; alcuni alberghi si attrezzarono per ospitare stanze a tema. Tutti soddisfatti, con un’eccezione:

Gli unici che si sono lamentati del boom delle Sfumature sono stati i vigili del fuoco di Londra, che nei tre anni successivi all’uscita del romanzo hanno visto aumentare considerevolmente le chiamate per “rimozione oggetti dalle persone” e “rimozione persone dagli oggetti”: espressioni asettiche che raggruppano casi di uomini con il pene incastrato nell’aspirapolvere o donne legate al letto con manette che non si aprono più.

Grazie alle peripezie di lettrici e lettori di adorabile goffaggine, un romanzo sadomasochistico un po’ incolore – ben più innocuo e blando della Venere in pelliccia a cui il tuo pseudonimo ammicca – ha offerto lo spunto per chissà quante gag comiche, con pompieri e fabbri impegnati a districare combinazioni anatomicamente spericolate. Capisci dove voglio arrivare? Il tuo registro fatalistico e melodrammatico – “struggente parabola che pare ormai destinata a perpetuarsi all’infinito” – non tiene conto di una cosa: ogni emulazione è una riscrittura, o se vogliamo un esperimento di fan fiction. Non potresti riprodurre la stessa storia neppure con tutto l’impegno del mondo. Magari la tua versione dell’Animale morente è destinata a un finale epico, con gli elicotteri dei pompieri che accorrono la notte di Capodanno sulle note della Cavalcata delle Valchirie.

Il bibliopatologo risponde è una rubrica di posta sulle perversioni culturali. Se volete sottoporre i vostri casi, scrivete a g.vitiello@internazionale.it

Dal 5 al 7 ottobre Guido Vitiello terrà un workshop sull’arte della recensioneal festival di Internazionale a Ferrara.

IL BIBLIOPATOLOGO RISPONDE