18.11.05

Biografia indiscreta del grande Wiener

Non solo plasmò il concetto di computer ma intuì prima di altri quanto fosse rischioso delegare alle macchine decisioni essenziali: Flo Conway e Jim Siegelman lo raccontano in L'eroe oscuro dell'era dell'informazione per Codice
TOMMASO PINCIO
Nell'autunno del 1906 un'importante testata americana, il «New York World», presentò al mondo il più giovane studente universitario della storia. Aveva appena undici anni, una pancetta ragguardevole dovuta a una dieta vegetariana ricca di amidi, una forte miopia frutto di sfrenate letture, uno scarso controllo motorio e una psiche alquanto provata dal programma di «sistematico sminuimento» con cui il padre aveva fatto di lui un piccolo genio. Il bambino era stato infatti allevato con metodi a dir poco militareschi, costretto a recitare le lezioni a memoria stando in piedi accanto al padre che, al minimo errore, lo riduceva verbalmente in polvere gridandogli «Bestia! Imbecille! Somaro!» in una delle quaranta lingue che parlava correntemente. La vita dei bambini prodigio, si sa, non è affatto rose e fiori. Non di rado ci si perde lungo il cammino e quel che in un primo tempo sembra una luminosa promessa può risolversi come niente nel più nero dei fallimenti. C'erano tutti i presupposti perché questo bambino rimanesse schiacciato dall'obbligo di diventare un genio. Per lungo tempo, quasi cieco e imbranato, fu tormentato da profondi dubbi sul proprio valore e perfino sulla sua identità. Identità, sì. Perché tra le altre cose, i genitori si erano guardati bene da metterlo al corrente delle sue origini ebraiche.

A diciannove anni, però, mentre si trovava a Gottinga e almanaccava sulle sottigliezze della logica matematica, acquisì una nuova consapevolezza. Smise di considerarsi una specie di orsacchiotto ammaestrato e divenne Norbert Wiener, un nome sconosciuto ai più ma le cui tracce sono bene impresse nel mondo in cui oggi viviamo, il nome di colui che per primo capì l'essenza della nuova materia nota come «informazione». Nel 1948, con la pubblicazione della Cibernetica: controllo e comunicazione nell'animale e nella macchina scatenò un'autentica rivoluzione scientifica e tecnologica. Successivamente guidò l'équipe medica che mise a punto il primo braccio bionico controllato dai pensieri del suo fruitore. Wiener ha plasmato il concetto di computer e conferito al termine feedback il suo significato moderno. Ma non solo. Ha anche intuito prima di altri i rischi di un sviluppo che avrebbe potuto indurre l'umanità a delegare alle macchine decisioni essenziali. Ciò lo ha spinto a dedicare la parte conclusiva della sua vita a un'opera di ammonimento, invocando una maggiore responsabilità morale di scienziati e tecnici. Proprio per le sue cupe quanto scomode predizioni, alla fine degli anni Cinquanta fu relegato nel dimenticatoio dai colleghi - per i quali era ormai un cervellone bizzarro e invecchiato - e, indirettamente, dai consumatori che si mostravano poco inclini a rinunciare alle nuove comodità offerte dalla tecnica.

L'eroe oscuro dell'era dell'informazione (Codice, traduzione di Paola Bonini, pp. 549, 32) è un ritratto a tutto tondo dell'eccentrica figura di Norbert Wiener. Flo Conway e Jim Siegelman hanno scritto la tipica biografia «indiscreta», volta a svelare le intime debolezze di una grande personalità. C'è da dire che il soggetto offre molte possibilità di indulgere in una simile direzione. Tormentato da un padre tirannico, Wiener non smise mai di patire violenti cambi di umore piombando spesso in lunghi periodi di profonda depressione a cui si alternavano fasi di esaltazione e frenetica attività. La donna che sposò - sempre per volere del padre - contribuì a complicargli ulteriormente la vita.

Se possibile, Margaret era un personaggio più strano dello stesso Norbert. Teneva due copie di Mein Kampf in bella mostra sul comodino, una in inglese e l'altra in tedesco, perché a suo modo di vedere Hitler e la Germania erano stati «terribilmente incompresi», sorvolando bellamente sull'Olocausto e soprattutto sul fatto che il marito fosse ebreo. Aberranti idee politiche a parte, Margaret gestiva il focolare domestico con efficiente frugalità. «Norbert si occupa della matematica e io dell'aritmetica» diceva, lasciando chiaramente intendere cosa significasse per lei quel matrimonio.

Definirla moglie fedele e protettiva sarebbe un eufemismo. Era gelosa di tutti e di tutto, finanche delle loro due figlie e dei rapporti professionali del marito. Diede il meglio di sé quando fece in modo che Norbert arrivasse a rinnegare la decennale amicizia con il neurofisiologo Warren McCulloch, lo scienziato che dopo di lui più si adoperò per la divulgazione della cibernetica. I due lavoravano insieme a un importante progetto di ricerca sul funzionamento del cervello e le possibili connessioni con la teoria del feedback. Il loro legame era così solido che per molto tempo i colleghi si domandarono cosa potesse aver spinto Wiener alla rottura.

Ebbene, sembra che Margaret avesse fatto al marito una terribile rivelazione. Secondo lei, alcuni giovani del gruppo di ricerca di McCulloch avevano approfittato a turno delle grazie di una delle due figlie - l'allora diciannovenne Barbara - durante un soggiorno in casa dello stesso McCulloch. Una storia incredibile, praticamente una balla, ma invece di verificare le gravissime accuse, come probabilmente avrebbe fatto una persona più equilibrata, Wiener non dubitò un solo istante della versione di Margaret né si peritò di parlarne con la diretta interessata, la figlia Barbara. Senza alcun indugio interruppe formalmente e per sempre ogni relazione con McCulloch e la sua squadra.

Parallelamente alla rivelazione di dettagli scabrosi - forniti perlopiù dalle figlie che in tutta probabilità avevano bisogno di scrollarsi di dosso il fardello di una vicenda familiare non facile - i biografi non mancano di restituire un quadro del percorso scientifico di Wiener che tra, luci e ombre, dopo Hiroshima si sentì chiamato a nuove responsabilità morali. «L'impatto della macchina pensante rappresenterà di certo uno shock di ordine paragonabile a quello della bomba atomica» disse a partire dalla fine anni Quaranta, passando poi a stigmatizzare la brama industriale di automatizzazione a esclusivi fini di lucro: «un fatto molto pericoloso. Se vogliamo tradire le aspettative dell'uomo e rimpiazzarlo, questo si trasformerà in un uomo molto rabbioso, e gli uomini rabbiosi sono un pericolo».

Non si limitò alle parole. La sua campagna di mobilitazione per preparare la società ai cambiamenti in arrivo fu tale che nel gennaio del 1947 l'ufficio Fbi di Boston aprì un dossier d'inchiesta denominato «Norbert Wiener alias Norbert Weiner» e classificato come «Questioni di sicurezza - C», categoria che designava le «persone sospettate di attività sovversive contro il governo degli Stati Uniti». Quando, nel 1964, la notizia della morte di Wiener fu pubblicata sul «Boston Globe», l'Fbi infilò il ritaglio stampa nel dossier. La partita tra il governo e lo scienziato ribelle giungeva così al capitolo finale. Restava però aperto il confronto delle idee di Wiener con la Storia, un confronto che ancora oggi, a mezzo secolo di distanza, non può dirsi definitivamente archiviato.

ilmanifesto.it

Nessun commento: