28.6.15

Referendum Grecia: Lettera di Tsipras ai greci e "Il tempo è ora". Documento politico approvato dal comitato nazionale Altra Europa con Tsipras del 21 giugno 2015

«Greche e greci,

da sei mesi il governo greco conduce una battaglia in condizioni di asfissia economica mai vista, con l’obiettivo di applicare il vostro mandato del 25 gennaio a trattare con i partner europei, per porre fine all’austerity e far tornare il nostro paese al benessere e alla giustizia sociale. Per un accordo che possa essere durevole, e rispetti sia la democrazia che le comuni regole europee e che ci conduca a una definitiva uscita dalla crisi.

In tutto questo periodo di trattative ci è stato chiesto di applicare gli accordi di memorandum presi dai governi precedenti, malgrado il fatto che questi stessi siano stati condannati in modo categorico dal popolo greco alle ultime elezioni. Ma neanche per un momento abbiamo pensato di soccombere, di tradire la vostra fiducia.

Dopo cinque mesi di trattative molto dure, i nostri partner, sfortunatamente, nell’eurogruppo dell’altro ieri (giovedì n.d.t.) hanno consegnato una proposta di ultimatum indirizzata alla Repubblica e al popolo greco. Un ultimatum che è contrario, non rispetta i principi costitutivi e i valori dell’Europa, i valori della nostra comune casa europea. È stato chiesto al governo greco di accettare una proposta che carica nuovi e insopportabili pesi sul popolo greco e minaccia la ripresa della società e dell’economia, non solo mantenendo l’insicurezza generale, ma anche aumentando in modo smisurato le diseguaglianze sociali.

La proposta delle istituzioni comprende misure che prevedono una ulteriore deregolamentazione del mercato del lavoro, tagli alle pensioni, nuove diminuzioni dei salari del settore pubblico e anche l’aumento dell’IVA per i generi alimentari, per il settore della ristorazione e del turismo, e nello stesso tempo propone l’abolizione degli alleggerimenti fiscali per le isole della Grecia. Queste misure violano in modo diretto le conquiste comuni europee e i diritti fondamentali al lavoro, all’eguaglianza e alla dignità; e sono la prova che l’obiettivo di qualcuno dei nostri partner delle istituzioni non era un accordo durevole e fruttuoso per tutte le parti ma l’umiliazione di tutto il popolo greco.
Queste proposte mettono in evidenza l’attaccamento del Fondo Monetario Internazionale a una politica di austerity dura e vessatoria, e rendono più che mai attuale il bisogno che le leadership europee siano all’altezza della situazione e prendano delle iniziative che pongano finalmente fine alla crisi greca del debito pubblico, una crisi che tocca anche altri paesi europei minacciando lo stesso futuro dell’unità europea.

Greche e greci,

in questo momento pesa su di noi una responsabilità storica davanti alle lotte e ai sacrifici del popolo greco per garantire la Democrazia e la sovranità nazionale, una responsabilità davanti al futuro del nostro paese. E questa responsabilità ci obbliga a rispondere all’ultimatum secondo la volontà sovrana del popolo greco.

Poche ore fa (venerdì sera n.d.t.) si è tenuto il Consiglio dei Ministri al quale avevo proposto un referendum perché sia il popolo greco sovrano a decidere. La mia proposta è stata accettata all’unanimità.
Domani (oggi n.d.t.) si terrà l’assemblea plenaria del parlamento per deliberare sulla proposta del Consiglio dei Ministri riguardo la realizzazione di un referendum domenica 5 luglio che abbia come oggetto l’accettazione o il rifiuto della proposta delle istituzioni.

Ho già reso nota questa nostra decisione al presidente francese, alla cancelliera tedesca e al presidente della Banca Europea, e domani con una mia lettera chiederò ai leader dell’Unione Europea e delle istituzioni un prolungamento di pochi giorni del programma (di aiuti n.d.t.) per permettere al popolo greco di decidere libero da costrizioni e ricatti come è previsto dalla Costituzione del nostro paese e dalla tradizione democratica dell’Europa.

Greche e greci,

a questo ultimatum ricattatorio che ci propone di accettare una severa e umiliante austerity senza fine e senza prospettiva di ripresa sociale ed economica, vi chiedo di rispondere in modo sovrano e con fierezza, come insegna la storia dei greci. All’autoritarismo e al dispotismo dell’austerity persecutoria rispondiamo con democrazia, sangue freddo e determinazione.

La Grecia è il paese che ha fatto nascere la democrazia, e perciò deve dare una risposta vibrante di Democrazia alla comunità europea e internazionale.

E prendo io personalmente l’impegno di rispettare il risultato di questa vostra scelta democratica qualsiasi esso sia.

E sono del tutto sicuro che la vostra scelta farà onore alla storia della nostra patria e manderà un messaggio di dignità in tutto il mondo.

In questi momenti critici dobbiamo tutti ricordare che l’Europa è la casa comune dei suoi popoli. Che in Europa non ci sono padroni e ospiti. La Grecia è e rimarrà una parte imprescindibile dell’Europa, e l’Europa è parte imprescindibile della Grecia. Tuttavia un’Europa senza democrazia sarà un’Europa senza identità e senza bussola.

Vi chiamo tutti e tutte con spirito di concordia nazionale, unità e sangue freddo a prendere le decisioni di cui siamo degni. Per noi, per le generazioni che seguiranno, per la storia dei greci.

Per la sovranità e la dignità del nostro popolo».

Alexis Tsipras


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Abbiamo detto già molte – troppe – volte che “il tempo è ora”.

Dobbiamo dire oggi che “siamo già oltre”.

1. Per questo dobbiamo prendere noi, e dobbiamo chiedere a tutti i nostri interlocutori politici, sociali e a importanti personalità, un PUBBLICO IMPEGNO, solenne, convinto, a dare concretamente inizio al processo costituente di una forza e di una soggettività politica nuova che abbia – come abbiamo ripetuto fin dalla nostra nascita - l'ambizione di essere alternativa al quadro politico esistente, a quello delle larghe intese tra popolari e socialisti in Europa, e a quello italiano in cui il renzismo ha ormai cancellato non solo le figure ma il concetto stesso della tradizione di sinistra.

Spetta a noi, che ci siamo posti fin dall’inizio il problema della rappresentanza politica come nodo cruciale della crisi di sistema italiana, la responsabilità, grande, di lavorare per superare l’ostacolo dei molteplici progetti concorrenziali a sinistra e creare le condizioni di una coalizione politica e sociale capace di competere – come in Grecia e in Spagna - per una reale alternativa di governo.

Dovrà essere – pena un fallimento che sarebbe ora senza appello – un processo partecipato e democratico, ampio, includente, capace di coinvolgere la moltitudine estesa di chi non sopporta più lo stato di cose esistente e non vuole limitarsi alla testimonianza.

L’adesione a esso di tutte le esperienze organizzate che si muovono alla sinistra del PD ne è la condizione necessaria, perché senza un segnale di superamento dell’attuale frammentazione non c’è credibilità. Ma non sufficiente, perché senza la costruzione di una road map fatta soprattutto di lotte e mobilitazioni, e senza un radicamento sociale, non si uscirebbe dall’ambito penitenziale della irrilevanza.

Per questo il “tavolo” con cui lavorare dovrà essere ampio, molto più esteso di noi, di quello costituito dalle sole forze politiche organizzate e dei nostri tradizionali interlocutori. E non dovrà stare nel chiuso di una stanza, ma estendersi ai “luoghi della vita” e ai territori. In quella sede si definiranno le tappe e le caratteristiche del processo costituente, che non potrà ricalcare le forme verticistiche e pattizie di esperienze come "Sinistra Arcobaleno" o "Rivoluzione civile", ma riprendere l'ispirazione che ci ha unito nel progetto dell'Altra Europa con Tsipras.

Ma da subito la nostra parte la dobbiamo fare. Abbiamo il dovere di lanciare, ancor prima di agosto, un messaggio chiaro e forte: che ci siamo. Che partiamo. Che possiamo farcela. Lo dobbiamo ai tanti che aspettano da troppo tempo. Lo dobbiamo ai greci, lo dobbiamo ai migranti lasciati sugli scogli, lo dobbiamo a chi ogni giorno è umiliato da questo governo. Per questo lavoriamo perché già a luglio ci sia un segno tangibile che il processo si è messo in marcia.

Facciamo sì che sia un “percorso del fare”. Individuiamo fin d’ora nell’iniziativa referendaria sui temi e le lotte più vicini alla vita delle persone un terreno su cui impegnarsi da subito. Impegniamoci a costruire su ogni tema la più larga rete di soggetti, che già ci sono, e già sono attivi, in primo luogo sui temi della scuola e del Jobs Act, dello Sblocca Italia, dell'Italicum, delle controriforme costituzionali.

Costruiamo questo processo in una cornice esplicitamente internazionale: lo si dichiari fin d’ora inscritto nello spazio europeo in cui muovono forze che come noi si battono, a cominciare da Syriza e Podemos, con le quali giungere a esplicite dichiarazioni d’intenti comuni.

Pensiamo sia necessario costruire un unico soggetto alternativo al PD e che faccia riferimento al GUE sul terreno europeo. Anche per questo motivo riteniamo necessario avanzare una proposta sul terreno della forma politica. La nostra casa comune deve tenere insieme forme diverse del fare politica, dell'agire sociale e culturale, della costruzione della rappresentanza, della democrazia diretta, della partecipazione e costruzione del conflitto e delle pratiche mutualistiche. Dunque non un partito unico ma una casa in cui stiano insieme molteplici forme di attivazione e di adesione. Ci prefiggiamo di costruire una nuova modalità dell'agire collettivo e della costruzione della decisione sulla coalizione sociale, politica e culturale.

2. I nostri tempi di azione e di discussione sono drammaticamente inadeguati rispetto alla velocità vertiginosa con cui procedono le cose del mondo che ci sta intorno. Dell’Italia. Dell’Europa.

Dai giorni della nostra assemblea di Roma, lo scenario è già cambiato. In peggio.

Lo sapevamo che l’Europa – la quale da quando siamo nati è sempre stata lo spazio di riferimento della nostra identità e del senso della nostra azione politica – doveva essere cambiata alle radici. Che lì stava la radice della crisi, e dal suo rovesciamento dipendeva la possibilità di sopravvivere a quella crisi. Ma l’Europa come si rivela oggi – l’Europa finita che si mostra senza vergogna – va oltre ogni più cruda visione e pre-visione.

L’Europa che muore l’abbiamo vista a Ventimiglia, a Milano, a Roma Tiburtina – in quei mucchi di cenci trattati come rifiuti e che sono invece umanità.

La vediamo nelle immagini dei vertici di lusso, con le facce patinate dei Commissari che stringono la garrota al collo della Grecia.

Un continente che non sa più dare speranza a nessuno, né a quelli che vengono qui da lontano, né a quanti vi abitano e vi soffrono, è già morto. Comunica un senso di morte che cancella la storia. E la politica. E umilia il pensiero.

Dà il segno di una bancarotta insieme antropologica e politica.

Dobbiamo entrare in quest’ordine d’idee. Per la prima volta è diventato immaginabile, e forse anche possibile, un cedimento strutturale della costruzione europea – finanziario o politico. Viviamo una condizione eccezionale – uno “stato d’eccezione” e di pericolo come mai dopo la seconda guerra mondiale. Per il fallimento verticale delle élite. Per la dissoluzione, rapidissima, delle tradizionali culture politiche (particolarmente drammatico il dissolvimento delle socialdemocrazie). Per l’imbarbarimento antropologico che dilaga. Per il sadismo nei confronti della parte più fragile delle proprie popolazioni, imposto da un’applicazione ottusa e feroce del dogma neo-liberista.

A ogni tornata elettorale nazionale o locale la mappa si fa più chiara: un centro neoliberista che ha ormai assorbito quasi senza resistenza le tradizionali social-democrazie, circondato da un’ondata di protesta e di rifiuto in chiave populista che soprattutto a nord e a est assume il colore fosco della xenofobia e del razzismo. Solo sul versante mediterraneo, in Grecia e in Spagna (oltre che in Irlanda), la resistenza si esprime con forme di radicalità democratica e solidaristica.

Il che ci dice che l’unico antidoto in grado di resistere alla deriva fascistoide e alla mobilitazione del disumano dentro la crisi europea è l’esistenza di una sinistra forte, radicata e radicale, determinata e con chiarezza alternativa all’intero paradigma neo-liberista. Siamo convinti che la costruzione di una sinistra radicata, popolare e capace di raccogliere consenso, oggi si possa costruire nella radicale alternatività, a tutti i livelli e per ragioni diverse al PD e alle destre. Alternatività non solo a livello elettorale, a partire dalle prossime competizioni amministrative, ma anche nelle pratiche politiche, nella riconnessione di sociale e politico per modificare i rapporti di forza e sulla questione morale.

Per questo la nostra responsabilità è oggi enorme. Nel contribuire alla formazione di quella nuova coalizione sociale e politica a dimensione europea – a cominciare dall’asse Mediterraneo – capace di alimentare vere e proprie lotte di liberazione, europee e nazionali, contro l’austerità e la Troika, com’è nel nostro progetto originario. Sul terreno sociale, politico e culturale, per contrastare la deriva xenofoba, razzista e oscurantista che si registra sul terreno del consenso e del senso comune. La dimensione europea è e deve essere per noi fondativa della costruzione del soggetto unitario.

La costruzione anche in Italia di una AAA (Alleanza contro le politiche di austerità) è un punto fondamentale per la realizzazione della mobilitazione del prossimo autunno, così come pensiamo sia fondamentale. Che Altra Europa promuova iniziative unitarie sui nodi cruciali del rapporto Europa-Italia: dal TTIP che determinerebbe un ulteriore processo di deregolamentazione a scapito della sovranità popolare, alla questione dei/delle migranti, per noi cruciale perché si parla della possibilità o meno che questa UE resti umana, alla questione dei diritti di libertà e dei diritti civili di donne e uomini. È evidente che la nostra alternatività al socialismo europeo come responsabile delle politiche di austerità e al PD che le incarna in Italia, si fonda su questioni politiche dirimenti.

3. Renzi oggi è più debole. Ma proprio per questo più pericoloso (la vicenda della scuola insegna): da una parte continua a picconare quanto rimane dei residui culturali e istituzionali di quella che un tempo era la sinistra, dall’altra alimenta con la propria azione e i propri fallimenti in campo economico i peggiori sentimenti di chi risponde a una condizione sociale bloccata nella crisi accodandosi alla peggior destra fascistoide alla Salvini. E noi siamo spaventosamente inadeguati. Noi, TUTTI.

Se un dato è emerso chiaro dalle recenti elezioni amministrative è che oggi, a sinistra, non c’è salvezza per nessuno al di fuori di un processo unitario che superi, rapidamente – bisognerebbe dire istantaneamente – l’attuale frammentazione e il messaggio d’impotenza che trasmette. Le uniche realtà in cui si sono ottenuti risultati positivi – tali cioè da dimostrare che esiste una forza in campo, in grado di dire che “si può” senza rischiare l’assoluta irrilevanza, come la Toscana e la Liguria – sono quelle in cui si sono presentate liste chiaramente unitarie e anche, in qualche modo, capaci di comunicare qualche segnale, sia pur timido, di innovazione.

D’altra parte la geografia politica emersa da quel voto, e resa cogente dall’Italicum, in particolare dal sistema del ballottaggio, strutturata su un tripolarismo con PD, 5Stelle e destra ad egemonia salviniana tutti in competizione per il premio al ballottaggio, ci costringe a mettere in campo, in fretta, una proposta che faccia da quarto incomodo, pena l’evaporazione di tutta la nostra area nella logica del voto utile (questa volta non più tanto al PD quanto ai 5 stelle) o nell’astensione. Esigenza resa tanto più impellente dall’accelerazione in senso xenofobo e imbarbarito delle posizioni sui migranti, di cui la volgare e disgustosa uscita di Grillo è un segnale inquietante (la corsa all’elettorato di destra è partita, e sarà feroce, nel nome della difesa degli interessi degli italiani).

Abbiamo la responsabilità di costruire un’alternativa politica ed elettorale efficace e credibile al PD renziano che ha indubbiamente perso la propria “spinta propulsiva”, ma che continua a occupare prepotentemente lo spazio politico italiano e a proseguire l’azione di manomissione della democrazia e di disgregazione della società che l’ha caratterizzato fin dall’inizio. Sempre più chiaramente il renzismo è l'ultima tappa nella perdita di senso del Paese: per questo non solo va fermato, ma contrastato con un’alternativa chiara, di governo e di sistema.

Altra Europa con Tsipras

approvato dal Comitato Nazionale il 21/6/2015

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