28.2.08

Trame americane sullo sfondo della guerra in Vietnam

Confronto a distanza tra due libri separati da trent'anni. Il misconosciuto e appena tradotto romanzo di Newton Thornburg «La strana vita di Cutter e Bone», e l'ultimo di Denis Johnson «Tree of Smoke», recente vincitore del National Book Award. Un intreccio di classica bellezza che allude all'attuale coinvolgimento militare in Iraq
Tommaso Pincio
La letteratura di genere solo in apparenza è generosa con gli scrittori. In realtà, quel che dà se lo riprende, spesso con gli interessi. Poniamo il caso abbiate scritto un buon thriller - un thriller «spaventosamente riuscito», per citare le parole di una recensione più che favorevole apparsa recentemente su uno fra i più importanti quotidiani nazionali. Poniamo, poi, abbiate scritto anche qualcosa di più, «un'opera di alto livello» in assoluto, sempre per stare a quel che hanno detto i giornali. Poniamo inoltre che questo vostro romanzo venda assai bene e abbia pure la fortuna di essere portato sul grande schermo da un bravo regista che ne ricava una pellicola che, seppur non eccelsa, vedono in molti. Tutto lascerebbe presagire che il romanzo e voi in quanto autore sopravviviate decentemente all'oblio cui gran parte della letteratura di un certo tipo è fatalmente destinata. E invece no. Una sfida al genere giallo Newton Thornburg, che ai suoi tempi ha conosciuto il genere di successo appena descritto, trascorre oggi gli ultimi anni della propria esistenza in un ospizio di Seattle confidando esclusivamente su una pensione di invalidità. Un infarto lo ha costretto su una sedia a rotelle, la moglie se ne è andata da molto tempo, un figlio se l'è portato via l'alcolismo: il quadro è questo. Quanto alla sua fama di autore, si fa presto a testarla: alzi la mano chi ha letto un libro di Newton Thornburg o conosce anche solo il suo nome. Nel 1976 diede alle stampe La strana vita di Cutter e Bone (Fanucci, trad. Daniela Middioni, pp. 340, euro 16) da cui il regista Ivan Passer trasse un film interpretato da Jeff Bridges. Nonostante ciò, dopo qualche tempo il romanzo sparì dalla circolazione. È stato ripescato di recente grazie anche all'ammirazione di un altro scrittore, George Pelecanos, che lo colloca, insieme a L'ultimo bacio di James Crumley e Surf City di Kem Nunn, nel novero di quei romanzi che negli '70 si posero come «una sfida alla tradizione giallistica». In effetti è molto più di questo. Come ogni grande libro, La strana vita di Cutter e Bone è il ritratto dell'epoca che lo ha generato; nella fattispecie è uno dei migliori romanzi mai scritti sui postumi della grande ubriacatura da stupefacenti, amore libero, ribellione e pacifismo che mise in fibrillazione gli Stati Uniti sul finire degli anni '70. La scena prende infatti le mosse nel decennio successivo, più o meno in zona Watergate, quando, finita la festa, il paese versò in una crisi profonda, tanto economica che di valori. Luogo di partenza dell'azione: la fetta d'America che più di ogni altra ha incarnato quel sogno, la California. E siccome a pagare lo scotto sono quasi sempre gli sfigati, ecco una coppia di sgangherati protagonisti il cui squallido destino di pochissime prospettive e nessuna idealità pare scritto fin nel nome che portano: Cutter e Bone. Il primo è tornato dal Vietnam con un gamba e un braccio in meno e una consistente dose di amarezza e follia in più. Il secondo è invece un uomo di gradevole aspetto, diciamo pure avvenente. È però un mollaccione. Ha piantato baracca e burattini - vale a dire: moglie, figlie e un lavoro nel Minnesota - per venire a fare il gigolo dei poveri nella patria degli hippy e degli sciroccati in genere. Lo si vede dunque vagolare per le spiagge di Santa Barbara in cerca di donne a cui scroccare pranzo, cena e magari qualche soldo. Non ha grandi velleità. «Qualcosa accadrà. Qualcosa cambierà»: è la sua fatalistica filosofia di vita. Qualcosa infatti accade. Una notte il caso decide che Bone debba rincasare a piedi per essere testimone di uno fatto strano. Un uomo scende da un'auto e scarica in un cassonetto qualcosa che, nell'oscurità, pare essere un involto contenente mazze da golf. Fatto ciò, l'uomo risale in macchina e schizza via. La strana coppia in azioneSul momento, Bone non dà troppa importanza a ciò che ha visto. I problemi nascono quando viene a sapere che in quel luogo e a quell'ora qualcuno si è sbarazzato del cadavere di una cheerleader alla stessa maniera: quelle che in un primo tempo erano parse mazze da golf ora sono diventate un paio di gambe. Naturalmente, il pensiero di presentarsi alla polizia manco sfiora Bone. Del resto, quale aiuto potrebbe mai dare? Dopotutto non ha scorto che una sagoma nera. Sfogliando un giornale, ha però l'inspiegabile impressione di riscontrare una qualche somiglianza tra il misterioso assassino e un magnate di passaggio a San Barbara. Stessa altezza, stessa corporatura. Le vaghissima similitudine si limita a questo. Ma qui entra in gioco Cutter, che per ragioni sue si convince e cerca di convincere l'amico che l'uomo in questione è proprio questo milionario del Missouri. Per Cutter, il riccone è l'incarnazione del malefico sistema che lo ha spedito in Vietnam per sacrificare pezzi del proprio corpo in una guerra inutile. «Non è mai il loro culo a finire in prima linea, ma il nostro, il mio» pensa il veterano cominciando ad architettare un piano per ricattare il magnate. Bone obietta che l'estorsione è un reato. «Pure l'omicidio lo è» replica laconico Cutter ormai deciso a fare giustizia a modo suo. Quel che segue è una convulsa serie di disavventure nel corso delle quali la strana coppia dimentica spesso e volentieri i suoi propositi per dedicarsi al sesso e all'alcol. Il tutto raccontato con un cinismo gravido di passione che finisce per rendere verosimile le situazioni più grottesche. Sul set di una crisi moraleSospeso tra due anime dell'America, quella del disperato edonismo californiano e quella degli Stati dell'entroterra più patriottici ma nascostamente inclini alla violenza, il romanzo di Thornburg rimane - a tre decenni dalla sua pubblicazione - uno dei migliori ritratti della profonda crisi morale in cui è precipitato il paese nel corso degli anni '70. Un libro misconosciuto che varrebbe la pena di leggere solo per la sorprendete frase finale. Ma c'è anche un altro motivo per cui ha senso riscoprirlo: un confronto a distanza con l'ultimo romanzo di Denis Johnson cui è stato recentemente assegnato il National Book Award, Tree of Smoke (Farrar, Straus and Giroux, pp. 614, $ 27). Johnson è un autore agli antipodi rispetto a Thornburg. Benché abbia talvolta sconfinato nel genere, è sempre stato considerato scrittore di alto rango, poco adatto al grande pubblico in quanto appartenente al quel filone che vede in Burroughs il suo maestro e nell'America dei derelitti e degli emarginati il suo argomento centrale. Per molto tempo si è parlato di lui come un'eterna promessa della letteratura, perché nonostante la sua produzione fosse sempre di ottima qualità, l'opera davvero significativa - il suo Great American Novel - faticava a venire alla luce. Ora che non è più giovanissimo, Denis Johnson ce l'ha finalmente fatta. Per mole, stile e ambizione, Tree of Smoke si muove ovviamente su piani lontani da quelli tutto sommato immediato della Strana vita di Cutter e Bone. Affronta però lo stesso argomento: la brutta America del Vietnam.Si parte dal giorno dell'assassinio di John F. Kennedy per arrivare al 1983. Un ventennio di storia per un romanzo la cui trama è difficile se non impossibile da riassumere. Personaggio principale è un certo William Sands detto «Skip», il quale non si risolve ad avere un'opinione definitiva su se stesso. A volte si immagina simile all'americano tranquillo dell'omonimo romanzo di Graham Greene, altre si vede invece come un americano schifoso. Come è facile intuire, vorrebbe però essere migliore di come si vede o si immagina. Gli piacerebbe essere un bravo americano, ma essendo un agente della Cia, di stanza prima nelle Filippine e poi in Vietnam, si ritrova fatalmente a recitare la parte del peggiore americano che si possa incontrare. E non gli è certo di aiuto il fatto di lavorare al fianco di suo zio, un «Colonnello» che ricorda da vicino tanto il Kurtz di Conrad quanto quello rivisitato da Francis Ford Coppola e Marlon Brando in Apocalypse Now. Come ogni Kurtz che si rispetti, il Colonnello di Denis Johnson è un rinnegato per il quale è un punto di merito tradire la fiducia dei propri superiori. Disprezza i burocrati di Washington e pertanto prende ordini solo da se stesso. I limiti che pone alle sue operazioni sono soltanto quelli della sua immaginazione. Seminare droghe psichedeliche nei tunnel nord-vietnamiti oppure spargere la voce che un qualche gruppo dissidente ha in mano un'arma nucleare e medita di farci saltare la casa di Ho Chi Minh. Tra lealtà e tradimentoL'idea di fondo è che «la guerra è per il novanta per cento mito», per cui tanto vale sfondare i limiti del reale, confondere il noto con l'inconoscibile, rivolgere tutto in sogno, in una ragnatela nebbiosa, quella dei rami dell'albero di fumo che dà il titolo del romanzo. Attorno a questo asse centrale Johnson racconta molte altre storie, le vite di persone che per varie strade vengono toccate, coinvolte e segnate dalle conseguenze di questa sporca guerra. Ritroviamo Bill Houston - protagonista di Angeli, splendido romanzo d'esordio dell'autore - e suo fratello James il quale scoprirà che lo stesso comportamento che in Vietnam gli è valso una medaglia, in America lo farà finire in carcere. Sul fronte opposto assistiamo alla complessa relazione, in perenne bilico tra lealtà e tradimento, fra Nguyen Hao, che fa il doppio gioco per gli americani e un suo vecchio amico vietcong.Seguiamo infine il percorso di colei che è un po' la chiave morale del romanzo, Kathy Jones, una donna che arriva nel sud-est asiatico come moglie di un missionario e se ne va perdendo la fede religiosa e non soltanto quella. La domanda che sorge spontanea è se c'era bisogno di un ulteriore libro su una guerra che è stata raccontata in tutte le salse e non di rado in modo magistrale. La risposta è sì, perché Denis Johnson usa il Vietnam per parlare dell'attuale coinvolgimento militare in Iraq. Ma soprattutto perché Tree of Smoke è semplicemente un romanzo di classica bellezza, uno fra i migliori che l'asfittica letteratura americana di questo decennio ci abbia regalato.
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