27.5.10

Il partito dei riottosi

Gian Antonio Stella

A tutti gli italiani chiamati a stringere la cinghia, Pier Carmelo Russo fa ciao ciao: come dimostra il sito livesicilia.it, è andato in pensione da dirigente della Regione Sicilia con 6.462 euro netti al mese. A 47 anni. Grazie a una leggina isolana: doveva badare al papà infermo. Cosa che non gli ha impedito giorni dopo d’assumere il gravoso incarico di assessore all’Energia.

Mille chilometri più a Nord, i sindaci trentini, fallito il tentativo di avere la pensione, si apprestano ad avere un aumento in busta paga del 7% e i loro colleghi altoatesini non hanno alle viste alcun taglio: quello di Appiano prende 9.400 euro, cioè più di Letizia Moratti a Milano, quello di Lana 7.000, più di Rosa Russo Iervolino a Napoli. Quanto alla giunta comunale di Gorizia, ha appena tentato di autoridursi le indennità ed è stata bloccata dalla Regione: non potete farlo. Cosa c’entra con la manovra da 24 miliardi? C’entra. Come ha spiegato lo stesso Giulio Tremonti raccontando della necessità di non dare denaro, di questi tempi, a enti come il Comitato per il centenario del fumetto italiano e ad altri 231 dai profili talora improbabili, «i grandi numeri si fanno anche con i piccoli numeri». E non c’è dubbio che parallelamente ai tagli dolorosi presentati ieri, tagli che hanno guadagnato l’apprezzamento al governo delle autorità europee ma anche l’immediata rivolta delle sinistre, di una parte del sindacato, dei magistrati e altri ancora, ci son pezzi di questo Paese riottosi all’ipotesi di condividere i sacrifici.

A partire dal mondo della politica e da quello che ruota intorno. Prova ne sia che la svolta più radicale, il dimezzamento dei rimborsi da un euro a 50 centesimi per ogni elettore, pare essere stato ridimensionato: forse si sforbicerà il 20%, forse il 10. Così come pare essere stato accantonato un altro segnale importante, e cioè il ripristino dei controlli della ragioneria dello Stato sui conti di Palazzo Chigi e della Protezione civile. E le misure sulle stock-options dei banchieri. Il punto è che provvedimenti coraggiosi, ustionanti e in buona parte condivisibili (vedi la lotta dichiarata all’evasione) come quelli varati, che chiedono agli italiani, dopo anni di rassicurazioni ottimistiche, di farsi carico d’una situazione pesante, richiedono la massima trasparenza. La storia ci dice che il nostro è un Paese che nei momenti più difficili sa dare il meglio. Ma deve crederci. E per crederci ha bisogno di essere rassicurato su un punto: che pagheranno davvero tutti. Nel modo più giusto.

E questa limpidezza non deve essere neppure sfiorata dal sospetto che, dietro le migliori intenzioni, si nascondano tentazioni inconfessate. E che tutta la parte «etica», inserita per dimostrare ai cittadini più colpiti che questa volta non ci sono figli e figliastri, venga goccia a goccia svuotata. Perché forse esagera il Consiglio nazionale degli architetti nel diffidare delle smentite sulla sanatoria fino a denunciare «sconcerto per il nuovo condono che incentiva l’abusivismo edilizio». Ma sarebbe insopportabile se all’ultimo secondo, in piena estate, un attimo prima di un voto di fiducia finale in Parlamento, per iniziativa di qualche misteriosa «manina», spuntasse fuori di nuovo il solito condono.

26.5.10

L'abc della manovra da 24 miliardi di tagli

di Nicoletta Cottone

Semaforo verde del Consiglio dei ministri al decreto legge sulla manovra finanziaria 2011-2013, al termine di una riunione durata 85 minuti, che si é chiusa qualche minuto prima delle 21. Arriva una sanatoria per gli immobili fantasma, scende il tetto della tracciabilità del contante, viene varata una stretta sulle invalidità e nuove regole per il redditometro. Si dimezza la spesa per la formazione nella Pubblica amministrazione, si riducono i rimborsi ai partiti, arriva un piccolo taglio agli stipendi dei politici (10% sulla parte eccedente gli 80mila euro).

Zero Irap, poi, per le imprese che operano nel mezzogiorno. Prevista anche una stretta sull'uso delle risorse da parte della protezione civile e un giro di vite sulle auto blu. Fra le misure dell'ultima ora si ipotizza anche l'inserimento dell'erogazione del trattamento di fine rapporto per gli statali. Possibili modifiche potrebbero intervenire anche sul criterio di calcolo della buonuscita.

Nella manovra di Tremonti a base di «tagli e sacrifici» si va dall'accertamento degli immobili fantasma alla tracciabilità dei pagamenti. Ecco un primo dettaglio delle misure. Inoltre, cliccando l'icona dei video in alto troverete due commenti alle mosse del governo: "Manovra, un passaggio cruciale per tutti" (di Stefano Folli) e "Arriva la manovra dei sacrifici" (di Dino Pesole).

Accertamento immobili fantasma. Sulla base dei rilievi aerofotogrammetrici effettuati dall'Agenzia del territorio, e degli accertamenti già notificati, obbligo per gli interessati di dichiarazione di aggiornamento catastale, con riduzione delle sanzioni a un terzo. In mancanza, attribuzione di rendita presunta, retroattività della rendita . Obbligo di indicare negli atti soggetti a trascrizione identificazione catastale e relative planimetrie integrazione tra funzioni catastali residuate all'agenzia del territorio e Comuni.

Accertamento, partecipazione dei Comuni. Potenziamento della partecipazione dei Comuni all'accertamento e al recupero dei tributi evasi, con attribuzione del 33% delle maggiori entrate così reperite.

Affitti e manutenzioni negli apparati amministrativi. Prevista una riduzione della spesa per affitti e manutenzioni.

Apparati amministrativi, organi collegiali e di indirizzo.

Per incarichi di partecipazione ad organi collegiali possibile percepire solo il rimborso spesa e il gettone di presenza non può superare 30 euro. Per la partecipazione a organi collegali di enti pubblici o privati che ricevono contributi pubblici si possono percepire solo il rimborso spesa e il gettone di presenza non può superare 30 euro. Riduzione del 10% delle indennità e compensi ai componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati e ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo.

Assegno di invalidità, riduzione della spesa. Elevazione percentuale di invalidità dal 74% all'80% per la concessione dell'assegno di invalidità. Si intensifica il piano controlli invalidità civile: il programma di verifiche Inps prevede 100mila controlli per l'anno 2010 e di 200mila l'anno per ciascuno degli anni 2011 e 2012 nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile. Viene chiesto un concorso delle Regioni alle spese per invalidità civile: a valere sui trasferimenti alle regioni, il 45% degli stessi sono redistribuite tenendo conto della distribuzione pro-capite della spesa effettuata in ciascuna regione per invalidità civile. Arriva una revisione della procedura sull'accertamento della condizione di handicap, con accertamento delle Aziende sanitarie mediante appositi accertamenti collegiali.

Auto blu, tagli. Arrivano limitazioni all'uso delle autovetture di servizio: con esclusione dei Vigile del Fuoco e del comparto sicurezza, riduzione delle spese all'80 % della spesa sostenuta nell'anno 2009 per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi.

Casellario dell'assistenza. Monitoraggio costante e incrociato dei dati rilevanti ai fini dell'erogazione dei trattamenti di pensione con la creazione, presso Inps, del casellario dell'assistenza e il rafforzamento dell'obbligo di comunicazione dei redditi da pensione ai fini dell'accertamento della situazione reddituale.

Censimento immobili enti previdenziali e razionalizzazione. Previsto un censimento degli immobili degli enti previdenziali, con specifica indicazione di quelli a uso istituzionale e di quelli in godimento a privati. -Razionalizzazione nella gestione degli immobili adibiti ad uffici in uso governativo: gli enti previdenziali provvedono all'acquisto di immobili adibiti ad ufficio in locazione passiva alle amministrazioni pubbliche.

Concessioni autostradali. Determinazione del termine per l'avvio delle gare di rinnovo convenzioni autostrade: in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni Cipe gli schemi si intendono non approvati e sono sottoposti alle procedure ordinarie.

Controlli di spesa delle amministrazioni centrali attraverso l'eliminazione delle forme di autonomia finanziaria. Prevista la riduzione dei centri di spesa dotati di autonomia finanziaria estranei ai ministeri e alle ordinarie regole di funzionamento controllo finanziario

Costi della politica, tagli per ministri e sottosegretari. Prevista una riduzione del 10% per la parte eccedente gli 80mila euro del trattamento economico di ministri e sottosegretari non parlamentari.

Costi della politica, riduzione della spesa degli Organi costituzionali destinata alla cassa integrazione. Le risorse ottenute dalle riduzioni di spesa dalla Presidenza della Repubblica, dal Senato della Repubblica, dalla Camera dei deputati e dalla Corte Costituzionale saranno destinate alla cassa integrazione.

Costi della politica, riduzione rimborsi ai partiti. Riduzione dei rimborsi a favore dei partiti politici. Viene dimezzato il contributo di un euro quale moltiplicatore per il numero dei cittadini della Repubblica iscritti nelle liste elettorali per le elezioni della Camera dei deputati. Soppresse le quote annuali dei rimborsi in caso di scioglimento anticipato del Parlamento.

Costi della politica, incarichi svolti da titolari di cariche elettive. I titolari di cariche elettive, per gli incarichi conferiti dalle Pubblica amministrazione possono percepire solo il rimborso spesa e il gettone di presenza non può superare 30 euro.

Costi della politica, incarichi nei governi degli enti locali. Prevista una riduzione del 10% dei compensi dei componenti degli organi di autogoverno della magistratura ordinaria, amministrativa, contabile, tributaria, militare, dei componenti del Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana e dei componenti del Cnel, Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.

Crisi aziendali. Per favorire la composizione delle crisi d'impresa: prededuzione per i finanziamenti erogati in attuazione degli accordi (concordatari o di ristrutturazione dei debiti), e per i finanziamenti-ponte concessi ed erogati dagli intermediari nella fase precedente il deposito delle domande di ammissione alla procedura di concordato preventivo. Accordi di ristrutturazione: sospensione delle azioni esecutive e cautelari in corso anche durante le trattative decisa dal tribunale nel corso di un'udienza alla quale sono chiamati a partecipare tutti i creditori (per preservare il diritto di difesa dei creditori estranei). Esonero dalla responsabilità per bancarotta per istituti introdotti dalla riforma fallimentare e nei quali opera il controllo giudiziario: concordato preventivo, accordi di ristrutturazione dei debiti e piani stragiudiziali attestati.

Definanziamento leggi di spesa non utilizzate negli ultimi tre anni. Definanziamento degli stanziamenti improduttivi, non utilizzati nel corso degli ultimi tre anni. Le risorse saranno destinate al fondo ammortamento dei titoli Stato.

Fiscalità di vantaggio per il Sud. Per le regioni del Sud, anticipazione della possibilità di istituire un tributo proprio sostitutivo dell'Irap con riferimento alle imprese avviate dopo il provvedimento, con possibilità di riduzione o azzeramento dell'Irap.

Formazione, taglio alle spese. Riduzione del 50% delle spese per la formazione.

Immobili ad uso governativo. Razionalizzazione nella gestione degli immobili adibiti a uffici in uso governativo: gli enti previdenziali provvedono all'acquisto di immobili adibiti a ufficio in locazione passiva alle amministrazioni pubbliche.

Mutui della Cassa depositi e prestiti, riprogrammazione. Reperimento risorse per infrastrutture da mutui interamente non attivati, così da consentire la prosecuzione del finanziamento del Mose, e quindi senza intaccare il cosiddetto Fondo infrastrutture.

Organi di amministrazione e di controllo degli enti pubblici. Riduzione dei componenti do organi di amministrazione e di controllo degli enti pubblici (n. 5) nonché del collegio dei revisori (n. 3).

Partecipazione alle missioni all'estero. I proventi dell'attività di liquidazione degli enti disciolti sono destinati al finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace.

Patto di stabilità interno e altre disposizioni sugli enti territoriali. Contributo di regioni ed enti locali in proporzione all'incidenza sul bilancio complessivo del settore pubblico. Sanzioni mancato rispetto Patto di Stabilità interno 2010 e successivi: riduzione trasferimenti; perdita dell'eleggibilità degli amministratori pubblici. Possibilità per gli enti locali di utilizzare residui passivi in conto capitale al 31 dicembre 2008 (con abrogazione del meccanismo della premialità per l'anno 2010). Attribuzione ai Comuni di un contributo di 200 milioni di euro da ripartire in base a decreto Ministro interno. Roma Capitale: in funzione di anticipazione del federalismo e della delega su Roma Capitale, creazione di un fondo di 200 milioni per concorso agli oneri del piano di rientro, erogabili solo a condizione di verifica positiva circa il reperimento da parte del Comune delle restanti risorse, nonché di quelle occorrenti per mantenere l'equilibrio della gestione ordinaria; per questa finalità, possibilità per il Comune di ricorrere a una serie di misure fiscale e di riduzione delle spese appositamente autorizzate. Regione Campania: annullamento atti della precedente giunta con cui si deliberava di violare il patto e trasmissione alla Corte dei Conti; revoca incarichi di dirigenti; piano di rientro con commissario ad acta. Esercizio in forma associata delle funzioni da parte dei piccoli comuni. Divieto per piccoli Comuni di costituire società. Norma interpretativa su Iva /Tia per evitare il rimborso a carico dei Comuni e delle società municipalizzate.

Pedaggio rete autostradale Anas. Possibilità di introdurre il pedaggio di tratti di strade di connessione con i tratti autostradali.

Pensioni. Finestra mobile dal 2011 per pensione vecchiaia: 6 mesi dalla maturazione dei requisiti. Conferma 2 finestre per pensionamento anticipato dal 2011 con almeno 40 anni di contributi Pro - rata anzianità contributive maturate dal 2011. Accelerazione età pensionabile donne del pubblico impiego.

Protezione civile, razionalizzazione. Le ordinanze della presidenza del Consiglio dei ministri sono limitate ai casi da fronteggiare con mezzi e poteri straordinari e tali da determinare situazioni di grave rischio per l'integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente (con esclusione dei grandi eventi). La durata degli stati di emergenza è correlata ai tempi di realizzazione dei primi indispensabili interventi. Le ordinanze saranno adottate di concerto con il ministero dell'Economia per garantire una adeguata copertura finanziaria. Viene limitata la possibilità di deroga alla normativa sugli appalti alle sole ipotesi di assoluta eccezionalità dell'emergenza, da valutarsi in relazione al grave rischio di compromissione dell'integrità della vita umana. Si prevede in ogni caso la trasmissione all'Autorità vigilanza lavori pubblici. Divieto di girofondi, salvo che non siano espressamente autorizzati da norma di legge, allo scopo di garantire la trasparenza dei flussi finanziari e della rendicontazione. Limitazione potere di deroga in materia di pubblico impiego con riguardo a disposizioni contrattuali o provvedimenti amministrativi di autorizzazione ai trattamenti economici accessori del personale, nonché a istituti retributivi oggetto di interventi di contenimento della spesa per il personale del Pubblico impiego. Le ordinanze saranno sottoposte al controllo preventivo della Corte dei conti. Per limitare e meglio disciplinare il ricorso alla secretazione, possibilità per i dirigenti generali di adottare provvedimenti motivati con cui dichiarano le opere, servizi e forniture da considerarsi «segreti», oppure «eseguibili con speciali misure di sicurezza». Sul fronte della liquidazione delle competenze degli avvocati dello Stato, nei casi in cui le Amministrazioni non siano rimaste soccombenti, oggi l'Erario liquida ugualmente all'avvocatura generale la metà delle competenze di avvocato e di procuratore, calcolate applicando le tariffe professionali che si sarebbero liquidate nei confronti del soccombente. Viene disposta a riduzione di tali compensi in misura stabilita annualmente dal Presidente del Consiglio, comunque in misura non inferiore al 10 per cento. Possibilità di utilizzo per il finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace delle somme relative ai rimborsi corrisposti dall'Organizzazione delle Nazioni Unite, quale corrispettivo di prestazioni rese dalle Forze armate italiane nell'ambito delle operazioni internazionali di pace. Viene prorogato il divieto di aggiornamento di indennità e compensi.

Pubblico impiego, contenimento delle spese. Per gli anni 2010, 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, compreso il trattamento accessorio, non può superare il trattamento in godimento nell'anno 2009. Fino al 2013 i trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche, superiori a 90mila euro lordi annui sono ridotti del 5% per la parte eccedente il predetto importo fino a 130mila euro, nonché del 10% per la parte eccedente 130mila euro. I rinnovi contrattuali del personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni per il biennio 2008-2009 e i miglioramenti economici del rimanente personale in regime di diritto pubblico per il medesimo biennio non possono determinare aumenti retributivi superiori al 3,2 per cento. Estensione per ulteriori due anni della limitazione al turn over personale. L'organico degli insegnanti di sostegno per l'anno 2010-2011 deve rimanere invariato rispetto all'a.s. 2009/2010. Possibilità per il personale in soprannumero di essere impiegato presso uffici che presentono vacanze organiche. Limitazione alla possibilità per le amministrazioni dello Stato di avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa. Utilizzo delle risorse stanziate negli anni precedenti per il riordino delle carriere del personale del comparto sicurezza – difesa al fine di concorrere alla realizzazione degli obiettivi di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni e dei saldi di finanza pubblica. Per agevolare la riduzione degli assetti organizzativi i trattenimenti in servizio possono essere disposti esclusivamente nei limiti consentiti dalla proroga delle limitazioni al turn over. Le risorse destinabili a nuove assunzioni in base alle predette cessazioni sono ridotte in misura pari all'importo del trattamento retributivo derivante dai trattenimenti in servizio. Soppressione della posizione di stato di ausiliaria conseguentemente il personale militare in servizio permanente delle Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri, e del Corpo della Guardia di finanza, all'atto della cessazione dal servizio per qualsiasi causa è collocato direttamente nella categoria della riserva. Abrogazione conservazione trattamento economico in caso di mancata riconferma del dirigente: le pubbliche amministrazioni che, alla scadenza di un incarico di livello dirigenziale, non intendono confermare l'incarico conferito al dirigente, conferiscono al dirigente un altro incarico, anche di valore economico inferiore. Riduzione delle risorse per la contrattazione integrativa del personale delle agenzie fiscali e del Mef. Soppressione indennità di comando al personale militare che opera a terra. Interpretazione autentica in materia di indennità di comando al fine di ricondurla nei limiti delle risorse stanziate. Indennità di impiego operativo per reparti di campagna.: rideterminazione del contingente di personale al quale viene corrisposta nella misura del 70% di quello determinato per l'anno 2009.

Redditometro. Delega all'Agenzia delle entrate per riscrivere il redditometro. L'accertamento scatta quando il reddito dichiarato é inferiore del 20% rispetto a quello del redditonetro (attualmente scatta se inferiore del 25%).

Riduzione spese missioni negli apparati amministrativi. Riduzione del 50% delle spese sostenute per missioni, a esclusione delle missioni internazionali di pace nonché di quelle strettamente connesse ad accordi internazionali o indispensabili per assicurare la partecipazione a riunioni presso enti e organismi internazionali o comunitari.

Riduzione spese Pubblica amministrazione. Riduzione per le Pubbliche amministrazioni delle spese, che non possono essere superiore al 20% di quella sostenuta nell'anno 2009 per studi e consulenze nonché per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità.

Società partecipate. I compensi per incarichi conferiti da società ai quali lo Stato partecipa o contribuisce a pubblici dipendenti confluiscono nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza o del personale non dirigenziale.

Società pubbliche. Riduzione delle spese per studi e consulenze, per relazioni pubbliche, convegni, mostre e pubblicità, nonché per sponsorizzazioni.

Società pubbliche in perdita. Divieto per le amministrazioni pubbliche di effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito, o rilasciare garanzie a favore delle società partecipate non quotate che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali.

Società pubbliche non quotate. Riduzione del 10 % dei compensi dei componenti degli organi delle società pubbliche non quotate.

Società statali, dividendi. Dal 2011 proventi da dividendi per 500 milioni a riduzione degli oneri sul debito pubblico; per la parte eccedente, alla riduzione del debito.

Soppressione e incorporazione di enti e organismi pubblici. Prevista la soppressione e il riordino di enti pubblici e organismi. In particolare sono soppressi Ipsema e Ispesl con trasferimento delle funzioni e dotazioni organiche all'Inail. Soppressione dell'Ipost con trasferimento funzioni e dotazioni organiche all'Inps. Prevista anche la soppressione dell'Isae con trasferimento di funzioni e relative risorse al Mef e all'Istat per ricercatori e tecnologi. Sì anche alla soppressione dell'Ente italiano montagna, con trasferimento funzioni al Dipartimento per gli affari regionali della medesima presidenza. Soppressione dell' Ice con trasferimento funzioni a rispettivamente, al ministero degli Affari esteri (rete all'estero) e al ministero per lo Sviluppo (sede centrale). Soppressione e accorpamento di altri enti accorpati ai rispettivi ministeri vigilanti o ad altri grandi enti di ricerca. Per gli enti che non hanno risposto alle richieste di informazione inviate nei mesi scorsi per conoscere come tali soggetti (enti, istituti, fondazioni e altri organismi) abbiano utilizzato i finanziamenti a carico del bilancio dello Stato è prevista la soppressione del finanziamento pubblico; la creazione di un unico fondo, di importo inferiore, solo per sopperire a situazioni di comprovata necessità. Sì anche alla soppressioni delle Commissioni mediche di verifica a eccezione di quelle presenti nei capoluoghi di regione e nelle Province a speciale autonomia, che subentrano nelle competenze delle Commissioni soppresse.

Soppressione comitato Sir. Prevista la soppressione comitato Sir e il riversamento al bilancio dei proventi.

Spesa sanitaria. Prevista l'implementazione del progetto tessera sanitaria, mentre é prevista la prosecuzione dei piani di rientro per le regioni. Sospensione delle azioni esecutive nei confronti delle regioni commissariate fino al 31 dicembre 2010. Potenziamento del meccanismo di acquisti centralizzati. Proroga dell'esenzione del ticket. Sul fronte del ontrollo della spesa farmaceutica previsto il recupero degli extra sconti praticati dai grossisti ai farmacisti. Riduzione della distribuzione ospedaliera di farmaci (per rientrare nella rete territoriale, immediatamente monitorata nelle implicazioni finanziarie). Gara Aifa per l'individuazione delle specialità erogabili come farmaci equivalenti, in numero non superiore a 4 per specialità. Riduzione del prezzo dei farmaci equivalenti. Raffronto Aifa tra la spesa farmaceutica delle diverse regioni.

Spese di sponsorizzazione. Divieto per gli apparati amministrativi di effettuare spese per sponsorizzazione.

Stanziamenti di bilancio, riduzione e flessibilità. Tenuto conto dei tagli operati su tutti i comparti della spesa dello Stato e in vista della predisposizione del prossimo ddl di bilancio, si ripropone lo strumento della massima flessibilità di bilancio, che ha dato esiti positivi in occasione delle misure di contenimento della spesa pubblica introdotte con il decreto legge 112/2008, al fine di mettere in condizione le pubbliche amministrazioni di far fronte alla riduzione lineare del 10% delle dotazioni finanziarie. Esclusi dal taglio il fondo ordinario delle università e le risorse destinate all'informatica, alla ricerca e al finanziamento del 5 per mille.

Stock option. Aumenta la tassazione su stock option e bonus. In pratica scatterà una aliquota addizionale del 10 per cento. Il giro di vite interessa le remunerazioni che eccedono il triplo della parte fissa della retribuzione.

Tracciabilità dei pagamenti. Scende a 5mila euro, dagli attuali 12.500 euro, con possibilità di variazione in relazione alla media europea. il tetto alla tracciabilità del contante. Possibilità di ricorrere a pagamenti effettuati dalle Pubbliche amministrazioni tramite l'utilizzo di carte elettroniche istituzionali (tracciabilità, trasparenza, possibilità di utilizzo per altre finalità connesse).

22.5.10

Lettera di dimissioni di Maria Luisa Busi al direttore Minzolini

Maria Luisa Busi ha lasciato il TG1 con la motivazione che "Oggi l'informazione del TG1 è un'informazione parziale e di parte"

Questa la lettera integrale, pubblicata dall'Ansa, indirizzata al direttore Augusto Minzolini e al Cdr, e per conoscenza al direttore generale della Rai Mauro Masi, al presidente dell'azienda Paolo Garimberti e al responsabile delle Risorse umane Luciano Flussi.


“Caro direttore - scrive la Busi - ti chiedo di essere sollevata dalla mansione di conduttrice dell'edizione delle 20 del TG1, essendosi determinata una situazione che non mi consente di svolgere questo compito senza pregiudizio per le mie convinzioni professionali. Questa è per me - prosegue - una scelta difficile, ma obbligata. Considero la linea editoriale che hai voluto imprimere al giornale una sorta di dirottamento, a causa del quale il TG1 rischia di schiantarsi contro una definitiva perdita di credibilità nei confronti dei telespettatori.

Una volta era il giornale di tutti

Come ha detto - osserva la giornalista - il presidente della Commissione di Vigilanza Rai Sergio Zavoli: 'la più grande testata italiana, rinunciando alla sua tradizionale struttura ha visto trasformare insieme con la sua identità, parte dell'ascolto tradizionale’.
Amo questo giornale, dove lavoro da 21 anni. Perchè è un grande giornale. È stato il giornale di Vespa, Frajese, Longhi, Morrione, Fava, Giuntella. Il giornale delle culture diverse, delle idee diverse. Le conteneva tutte, era questa la sua ricchezza. Era il loro giornale, il nostro giornale. Anche dei colleghi che hai rimosso dai loro incarichi e di molti altri qui dentro che sono stati emarginati. Questo è il giornale che ha sempre parlato a tutto il Paese. Il giornale degli italiani.

L'informazione del Tg1 parziale e di parte

Il giornale che ha dato voce a tutte le voci. Non è mai stato il giornale di una voce sola. Oggi l'informazione del TG1 è un'informazione parziale e di parte.
Dov'è il paese reale? Dove sono le donne della vita reale? Quelle che devono aspettare mesi per una mammografia, se non possono pagarla? Quelle coi salari peggiori d'Europa, quelle che fanno fatica ogni giorno ad andare avanti perchè negli asili nido non c'è posto per tutti i nostri figli? Devono farsi levare il sangue e morire per avere l'onore di un nostro titolo. E dove sono le donne e gli uomini che hanno perso il lavoro? Un milione di persone, dietro alle quali ci sono le loro famiglie.

Dove sono i giovani, i precari, i cassintegrati?

Dove sono i giovani, per la prima volta con un futuro peggiore dei padri? E i quarantenni ancora precari, a 800 euro al mese, che non possono comprare neanche un divano, figuriamoci mettere al mondo un figlio? E dove sono i cassintegrati dell'Alitalia? Che fine hanno fatto? E le centinaia di aziende che chiudono e gli imprenditori del nord est che si tolgono la vita perchè falliti? Dov'è questa Italia che abbiamo il dovere di raccontare? Quell'Italia esiste. Ma il tg1 l'ha eliminata.

Anche io compro la carta igienica per la scuola di mia figlia

Anche io compro la carta igienica per mia figlia che frequenta la prima elementare in una scuola pubblica. Ma la sera, nel TG1 delle 20, diamo spazio solo ai ministri Gelmini e Brunetta che presentano il nuovo grande progetto per la digitalizzazione della scuola, compreso di lavagna interattiva multimediale.
L'Italia che vive una drammatica crisi sociale è finita nel binario morto della nostra indifferenza. Schiacciata tra un'informazione di parte - un editoriale sulla giustizia, uno contro i pentiti di mafia, un altro sull'inchiesta di Trani nel quale hai affermato di non essere indagato, smentito dai fatti il giorno dopo - e l'infotainment quotidiano: da quante volte occorre lavarsi le mani ogni giorno, alla caccia al coccodrillo nel lago, alle mutande antiscippo.

Arricchiamo le sceneggiature dei programmi di satira

Una scelta editoriale con la quale stiamo arricchendo le sceneggiature dei programmi di satira e impoverendo la nostra reputazione di primo giornale del servizio pubblico della più importante azienda culturale del Paese. Oltre che i cittadini, ne fanno le spese tanti bravi colleghi che potrebbero dedicarsi con maggiore soddisfazione a ben altre inchieste di più alto profilo e interesse generale.
Un giornalista ha un unico strumento per difendere le proprie convinzioni professionali: levare al pezzo la propria firma. Un conduttore, una conduttrice, può soltanto levare la propria faccia, a questo punto. Nell'affidamento dei telespettatori è infatti al conduttore che viene ricollegata la notizia. È lui che ricopre primariamente il ruolo di garante del rapporto di fiducia che sussiste con i telespettatori.

I fatti dell'Aquila quando mi gridavano "vergogna"

I fatti dell'Aquila ne sono stata la prova.
Quando centinaia di persone hanno inveito contro la troupe che guidavo al grido di vergogna e scodinzolini, ho capito che quel rapporto di fiducia che ci ha sempre legato al nostro pubblico era davvero compromesso. È quello che accade quando si privilegia la comunicazione all'informazione, la propaganda alla verifica.

Dissentire non è tradire: punto 1

Ho fatto dell'onestà e della lealtà lo stile della mia vita e della mia professione. Dissentire non è tradire. Non rammento chi lo ha detto recentemente.
Pertanto:
1) respingo l'accusa di avere avuto un comportamento scorretto. Le critiche che ho espresso pubblicamente - ricordo che si tratta di un mio diritto oltre che di un dovere essendo una consigliera della FNSI - le avevo già mosse anche nelle riunioni di sommario e a te, personalmente. Con spirito di leale collaborazione, pensando che in un lavoro come il nostro la circolazione delle idee e la pluralità delle opinioni costituisca un arricchimento.

Non sputo nel piatto in cui mangio: punto 2

Per questo ho continuato a condurre in questi mesi. Ma è palese che non c'è più alcuno spazio per la dialettica democratica al TG1. Sono i tempi del pensiero unico. Chi non ci sta è fuori, prima o dopo.
2) Respingo l'accusa che mi è stata mossa di sputare nel piatto in cui mangio. Ricordo che la pietanza è quella di un semplice inviato, che chiede semplicemente che quel piatto contenga gli ingredienti giusti. Tutti e onesti.
E tengo a precisare di avere sempre rifiutato compensi fuori dalla Rai, lautamente offerti dalle grandi aziende per i volti chiamati a presentare le loro conventions, ritenendo che un giornalista del servizio pubblico non debba trarre profitto dal proprio ruolo.

L'intervista a Repubblica: punto 3

3) Respingo come offensive le affermazioni contenute nella tua lettera dopo l'intervista rilasciata a Repubblica, lettera nella quale hai sollecitato all'azienda un provvedimento disciplinare nei miei confronti: mi hai accusato di ‘danneggiare il giornale per cui lavoro’, con le mie dichiarazioni sui dati d'ascolto.
I dati resi pubblici hanno confermato quelle dichiarazioni.
Trovo inoltre paradossale la tua considerazione seguente: 'il tg1 darà conto delle posizioni delle minoranze ma non stravolgerà i fatti in ossequio a campagne ideologiche’. Posso dirti che l'unica campagna a cui mi dedico è quella dove trascorro i week end con la famiglia. Spero tu possa dire altrettanto.

Gli attacchi de Il Giornale, Libero e Panorama

Viceversa ho notato come non si sia levata una tua parola contro la violenta campagna diffamatoria che i quotidiani Il Giornale, Libero e il settimanale Panorama - anche utilizzando impropriamente corrispondenza aziendale a me diretta - hanno scatenato nei miei confronti in seguito alle mie critiche alla tua linea editoriale. Un attacco a orologeria: screditare subito chi dissente per indebolire la valenza delle sue affermazioni.
Sono stata definita 'tosa ciacolante - ragazza chiacchierona - cronista senza cronaca, editorialista senza editoriali' e via di questo passo.
Non è ciò che mi disse il Presidente Ciampi consegnandomi il Premio Saint Vincent di giornalismo, al Quirinale. A queste vigliaccate risponderà il mio legale. Ma sappi che non è certo per questo che lascio la conduzione delle 20.

Serve più rispetto per le notizie, il pubblico e la verità

Thomas Bernhard in Antichi Maestri scrive decine di volte una parola che amo molto: rispetto. Non di ammirazione viviamo, dice, ma è di rispetto che abbiamo bisogno.
Caro direttore, credo che occorra maggiore rispetto. Per le notizie, per il pubblico, per la verità. Quello che nutro per la storia del TG1, per la mia azienda, mi porta a questa decisione. Il rispetto per i telespettatori, nostri unici referenti. Dovremmo ricordarlo sempre. Anche tu ne avresti il dovere.

15.5.10

Clava sul web col codice Maroni

Federico Mello

Potrebbe succedere davvero, e molto presto: si apre la casella di posta elettronica e si trova una mail in arrivo. A scriverci, uno dei mille fornitori di servizi web: Google, Facebook, YouTube, Telecom, Fastweb, Tiscali, Libero, e chi più ne ha più ne metta. Nella mail ci viene comunicato che un contenuto da noi pubblicato su Internet, una foto postata su un blog, un’opinione su un forum, una pagina Facebook, ha urtato la sensibilità di qualcuno, è ritenuto inopportuna o “malevola”. In allegato un invito a provvedere alla rimozione, in caso contrario il contenuto potrebbe essere rimosso d’imperio o segnalato alle autorità competenti.

Questo lo scenario verso il quale, secondo quanto risulta al Fatto Quotidiano, stanno spingendo il ministro Maroni e il sottosegretario Romani. Nel dicembre 2009, dopo l’aggressione a Silvio Berlusconi in piazza Duomo a Milano, proliferarono su Facebook gruppi inneggianti all’aggressore Massimo Tartaglia. Si scatenò allora un’offensiva politica e mediatica senza precedenti con Internet e i social network nel mirino: mentre nel salotto televisivo di Barbara D’Urso si urlava che Facebook andava chiuso, la seconda carica dello Stato, Renato Schifani, arrivò a definire i social network “più pericolosi degli anni Settanta”. Roberto Maroni annunciò che il governo stava predisponendo una legge “per oscurare i siti Internet che incitano alla violenza”.

Contro la proposta Maroni si alzarono barricate: “Le leggi ci sono già - dissero opposizioni e associazioni per le libertà civili - e un sito può essere chiuso dalla magistratura, non dal governo”. Maroni fece un passo indietro, l’idea di una legge (se non addirittura di un decreto) per chiudere d’autorità siti web, venne accantonata e il ministro annunciò un non meglio definito “codice di autoregolamentazione” che sarebbe stato approntato da lì a breve. Ebbene, solo qualche giorno fa, l’11 maggio, il ministro Maroni ha incontrato le associazioni dei provider di servizi web per presentare una bozza del “Codice di autodisciplina a tutela della dignità della persona sulla rete Internet” accompagnato da un protocollo d’intesa. La premessa al Codice è la seguente: “La rete Internet può costituire una piattaforma di divulgazione e propagazione di messaggi, informazioni e contenuti destinati ad un uso malevolo, come quelli che incitano all’odio, alla violenza, alla discriminazione, ad atti di terrorismo, o che offendono la dignità della persona, o costituiscano una minaccia per l’ordine pubblico”. Per contrastare questi comportamenti, il codice punta ad un “bollino di qualità” per i siti “sicuri”, ma soprattutto a coinvolgere i fornitori di servizi. Tra i loro compiti: “Fornire agli utenti tutte le informazioni utili per poter avanzare eventuali reclami” e questo anche inserendo “un apposito link ai modelli di segnalazione e reclamo”. In parole povere vuol dire che il soggetto che offre servizi web agli utenti (come una piattaforma blog), dovrebbe inserire sotto ogni pagina un pulsante al quale rivolgersi per avanzare un reclamo.

La questione è molto più scivolosa di quanto potrebbe apparire: i fornitori di servizi, già adesso, sono obbligati per legge a segnalare all’autorità giudiziaria e alla polizia postale reati che riscontrano su Internet. Quindi, il reclamo al quale si fa riferimento nel codice, non riguarda reati, ma contenuti “destinati ad un uso malevolo”. Non fatti, verrebbe da dire, ma opinioni. Il video, per esempio, del calcione rifilato da Totti a Balotelli durante la finale di Coppa Italia, pubblicato anche su YouTube e su mille blog, potrebbe essere uno dei “contenuti destinati ad un uso malevolo” in quanto potrebbe incitare “all’odio e alla violenza”. Ma sarebbe giusto invitare chi lo ha pubblicato a rimuoverlo? Nel tavolo aperto sul codice si confrontano varie posizioni. Da una parte il governo vorrebbe affidare proprio ai fornitori di servizi il compito di valutare quali contenuti rimuovere.

Su questo i provider non ci stanno: la direttiva sul commercio elettronico approvata dalla Ue, chiarisce che non possono in nessun modo intervenire sui contenuti ma limitarsi a fornire un servizio (è una garanzia per la libertà e la privacy degli utenti). Per questo i provider stanno pensando di proporre un punto di mediazione, un meccanismo di alert: ricevuta una segnalazione (per esempio il video Totti-Balotelli), loro si limiterebbero a girarla all’utente (il blogger che ha pubblicato il video). Una misura comunque gravosa (in costi e burocrazia) ma forse inevitabile: d’altra parte, sul tavolo aperto da Maroni pesa anche la tagliola di una legge che andrebbe a regolare la materia.

Che tutto questo meccanismo poi possa davvero evitare episodi di violenza su Internet, appare del tutto improbabile: la Rete è globale e non funzionano regole imposte in un solo Stato. Inoltre nessun Paese del mondo, se non le dittature, ha attivato strumenti che colpiscono le opinioni. Proprio ieri, infine, è stato annunciato che Silvio Berlusconi sta per sbarcare su Facebook (“entro un mese” promettono i suoi). Un tentativo – legittimo – di colonizzazione della rete che però, guarda caso, procede di pari passo con la promulgazione del codice volto a spaventare gli utenti. A pensar male, sembrerebbe che lo scopo finale di tutta l’operazione, sia quello di ridurre la grande rete Internet ad un piatto strumento di propaganda.

Svenarsi per un diritto

ADRIANO SOFRI (La Repubblica)

Senza salario, si dissangua per protesta e muore


È successo a Napoli, dove il sangue fa miracoli. Ma non è una storia napoletana, non solo, almeno. Non è nemmeno una storia pazzesca. Vi sembrerà una pazzia se vi fermerete a titoli e sommari: «Si svena per il salario... Muore infermiera...». Poi però guardate quella registrazione su YouTube, e restate interdetti.

Lei è così normale, le cose che dice e il tono con cui le dice sono così persuasive - e intanto quello che fa, attorniata da compagne e compagni di lavoro, è così insopportabile - che la domanda vera diventa questa: come siamo arrivati al punto in cui un atto pazzesco viene pensato e spiegato così ragionevolmente? La domanda era questa già prima che la morte della signora la togliesse dalle cronache locali e la rovesciasse sulle prime pagine.
Ho letto, nei primi lanci di agenzia di ieri, che all´inizio della sua protesta Mariarca Terracciano aveva detto, mentre filmavano il suo salasso: «Lo stipendio è un diritto». Poi ho guardato il video. Aveva detto: «Secondo me, lo stipendio è un diritto della persona». Non è la stessa cosa. Certo, quel «secondo me» può essere stato del tutto gratuito, un intercalare come altri: però, riascoltato, vuol dire che un´ovvietà come «lo stipendio è un diritto» non è, o non è più, un´ovvietà, non è più un´enunciazione oggettiva, è diventata un´opinione. Secondo la signora Mariarca, 45 anni, infermiera alla ginecologia del San Paolo a Fuorigrotta, madre di due figli piccoli, lo stipendio è un diritto. Dunque secondo altri no.
Anche togliersi ogni giorno 150 millilitri di sangue per rivendicare un diritto dovrebbe essere una pazzia, ovviamente, "oggettivamente". E lì invece c´era una lavoratrice che stava di fatto obiettando: Secondo me, buttare il sangue è un modo ragionevole di mostrare che c´è chi gioca con la pelle, con la vita di chi lavora. «Il sangue è vita», ha detto. Certo che si sente il colore di Napoli, l´Asl da diecimila dipendenti, la più numerosa d´Italia, le espressioni dialettali - «Buttare ‘o sangue, jettare ‘o sangue», che sono pressappoco sinonimi di lavorare - e proverbiali, «il lavoro fa buttare il sangue». E tuttavia il discorso di Mariarca T. non era dialettale. «Forse può sembrare quasi un atto di pazzia, però secondo me, è un atto che dimostri che stanno giocando sulla pelle e sulla salute di tutti quanti». (Vorrei sottolineare quel congiuntivo, «che dimostri»...). Non è dialettale, e - ripeto: prima e indipendentemente dalla commozione per la morte di questa signora, e la disputa incresciosa sulle sue cause cliniche - si lega a una sequela impressionante di eccessi di legittima difesa da parte di persone che le risorse tradizionali e nobili del mondo del lavoro non sanno più assicurare. «Sciopero», aveva chiamato con naturalezza i proprii salassi e il proprio digiuno l´infermiera. Non aveva certo messo in conto di morire - solo di dare il sangue. E intanto, da un capo all´altro dell´Italia, ci sono operai restati senza lavoro e salario e piccoli imprenditori non più in grado di far fronte alla responsabilità per i dipendenti e le famiglie, che si ammazzano, per disperazione, o per stanchezza, o magari, come tanto tempo fa, quando ci si vergognava della propria inadeguatezza e delle porcherie altrui, per vergogna. Operai e tecnici che si accampano sulle ciminiere e sui tetti hanno fatto parlare di "nuove forme di lotta", e magari c´è davvero qualcosa su cui fare affidamento, e non solo la corsa al rialzo per farsi vedere, per smettere di essere invisibili: anche Mariarca aveva girato il suo video per una televisione locale, e ora tutti lo guardano in rete, come si guarda un preannuncio, benché involontario, di morte. Ma queste lotte "estreme" sono più probabilmente una retrocessione che una promessa, e non a caso ricordano gesta di prigionieri sepolti vivi che si arrampicano sui tetti e sventolano lenzuoli e gridano al cielo. Operai provetti che vanno a stare nella galera dell´Asinara, l´isolamento in un´isola di punizione. Ieri su questo giornale due pagine raccontavano il Call Center di Incisa Valdarno - Toscana, dov´è bello vivere - in cui perfino un frustino serviva a galvanizzare la produttività dei lavoratori. «Lavoravo in nero - raccontava una ex-dipendente a Laura Montanari - per 600 euro e in certi casi anche 13 ore al giorno, mezz´ora di pausa e se chiedevi di andare in bagno a volte c´era da discutere. Eppure non mi è mai venuto in mente di andare al sindacato, di pensare che avevo dei diritti. Mi svegliavo la notte in preda all´ansia». Non le era venuto in mente che aveva dei diritti. Una frase terribile nella sua semplicità, che fa da complemento e da conferma all´altra di Mariarca: «Secondo me, lo stipendio è un diritto della persona». A lei era venuto in mente.

L'arma disarmante

Massimo Gramellini

La settimana scorsa, la maestra napoletana Maria Marcello si era tuffata in una zuffa di bambini per separarli ed era stata colpita da un calcio che le aveva fracassato la milza. Al risveglio dall’operazione, le sue prime parole erano state irrituali: voleva rivedere il piccolo che l’aveva mandata all’ospedale e perdonarlo. Ieri il bambino le ha spedito una lettera di scuse, un mazzo di fiori e il vangelo della sua prima comunione. Libro Cuore? Può darsi.

Per me quella maestra è una rivoluzionaria e ha raccolto il frutto di un gesto non buonista, ma anticonformista. Esiste oggi qualcosa di più banale che vendicarsi delle offese subìte? Pare sia rimasta l’unica regola morale accettata da tutti: ogni torto va riequilibrato con un’offesa di segno uguale e contrario. Centinaia di film gialli e di curve ultrà non fanno che ripetercelo di continuo: l’onore, la giustizia e il rispetto si ottengono soltanto con la ritorsione. Un bambino ti spacca la milza? Che sia cacciato dal consesso urbano, umiliato lui e la sua famiglia. Così il bimbo crescerà avvelenato contro il mondo, in preda a un astio vittimista che i familiari non mancheranno di alimentare. Poi arriva una maestra da 1100 euro al mese che dice: «Ti perdono». E lo scenario di colpo si ribalta. Perché come fai a sentirti ancora vittima della società, quando la «tua» vittima ti chiede di stringerle la mano?
Il perdono è l’arma disarmante. Non puoi farci nulla: ti vince, ti conquista, ti redime. Ed è una medicina che alleggerisce il cuore di chi lo riceve, ma ancor più quello di chi lo offre.

14.5.10

Non è vero ma ci credo

Christie Aschwanden, Miller-McCune, Stati Uniti

Di fronte a una novità che non ci piace, cerchiamo delle giustificazioni
Accettiamo con facilità i risultati che ci piacciono e facciamo le pulci agli altri
Un intervento aggressivo dà sicurezza sia al medico sia al paziente


Prendere un antinfiammatorio prima di una gara non serve ma molti atleti non ci rinunciano. Far cambiare idea alle persone è difficile, soprattutto in medicina. L’importante è come si danno le informazioni

La chiamano “vitamina I”. È l’ibuprofene, un principio attivo molto diffuso tra i maratoneti. Lo scienziato David Nieman ne ha studiato l’utilizzo durante la Western states endurance run, una maratona di 160 chilometri sui monti della Sierra Nevada. E ha scoperto che quasi tutti gli atleti prendevano farmaci a base di ibuprofene. Dopo aver individuato i volontari per il suo studio, Nieman, direttore dello Human performance lab alla Appalachian state university, ha confrontato i livelli di dolore e infiammazione tra i corridori che avevano assunto ibuprofene e gli altri. I risultati erano inequivocabili: l’ibuprofene non riduceva né il dolore né l’infiammazione muscolare. Anzi, le analisi del sangue evidenziavano un livello infiammatorio più alto tra gli atleti che avevano assunto farmaci a base di ibuprofene. L’anno dopo Nieman è tornato alla Western states endurance run e ha mostrato i risultati del suo studio ai maratoneti. Era sicuro che avrebbero cambiato le loro abitudini, ma si sbagliava. “Sono convinti che l’ibuprofene faccia bene”, spiega. “Continuano a usarlo anche se i dati dimostrano che non serve”. La storia di Nieman non è un’eccezione. Molte abitudini in medicina non sono state messe alla prova per dimostrare se funzionano davvero. Anche quando uno studio scientifico indica la cura migliore per una determinata patologia, non sempre l’informazione viene messa in pratica. Secondo il First national report card on quality health care in America, pubblicato nel 2006 dalla Rand corporation, gli statunitensi ricevono solo la metà delle cure indicate dalle linee guida nazionali.
Realismo ingenuo
Un finanziamento di 1,1 miliardi di dollari, che fa parte delle misure del governo per stimolare l’economia, affida alla ricerca sull’efficacia comparata il compito di trovare le cure migliori per le malattie comuni. Ma spesso gli sforzi sono inutili. Quando le nuove indicazioni raccomandano cure che si allontanano dalle abitudini popolari o screditano convinzioni molto diffuse, sono accolte con diffidenza o addirittura con indignazione. Se vogliamo che la medicina basata sull’evidenza funzioni, bisogna presentare i dati in modo comprensibile. Secondo Nieman, i maratoneti avrebbero smesso di prendere l’ibuprofene dopo aver letto i risultati della sua ricerca. Ma è caduto vittima di quello che lo psicologo sociale Robert J. MacCoun, dell’università di Berkeley, deinisce l’assunto della “verità che vince”, cioè l’idea che, se qualcuno espone i fatti in modo corretto, la verità viene riconosciuta da tutti. Assumere l’ibuprofene durante una gara di resistenza è molto rischioso: può causare un’emorragia gastrointestinale e la rabdomiolisi, una patologia che a sua volta può provocare un’insufficienza renale acuta. Nieman credeva che gli atleti avrebbero voluto conoscere i rischi a cui si stavano esponendo. Ma si è scontrato contro un fenomeno che in filosofia viene definito “realismo ingenuo”. “Se crediamo a qualcosa, di qualsiasi cosa si tratti, vuol dire che è vero”, spiega MacCoun. I fondisti credono in buona fede che l’ibuprofene riduca le infiammazioni alle articolazioni e ai muscoli. Questa spiegazione è un “modello mentale”, una struttura concettuale del funzionamento di qualcosa che aiuta le persone a interpretare il mondo. Una volta che il modello è all’opera, la mente adatta a forza le nuove informazioni raccolte. “Tutti pensano che basta informare le persone sui fatti”, osserva Brendan Nyhan, ricercatore sulle politiche sanitarie e studioso di scienze politiche all’Università del Michigan. “Ma le persone elaborano le informazioni alla luce delle loro convinzioni”. Qualche anno fa ho intervistato una maratoneta ricoverata per un caso grave di rabdomiolisi. Anche se stava male, in parte per colpa delle dodici pillole di ibuprofene ingerite nelle 24 ore di gara, continua a prendere farmaci a base di ibuprofene nelle competizioni, ma in dosi più basse. “L’ibuprofene funziona benissimo sia come antidolorifico sia come antinfiammatorio per le articolazioni”, ha affermato. Vari studi dimostrano che l’assunzione di ibuprofene e di altri farmaci antinfiammatori non steroidei (Fans) prima dell’allenamento ostacola la ricostituzione dei tessuti e rallenta il recupero dagli infortuni alle ossa, ai legamenti, ai muscoli e ai tendini. Ma l’idea che i Fans aiutino le prestazioni riducendo il dolore è così radicata che un quarto degli atleti alle Olimpiadi del 2000 a Sydney ha dichiarato di averli usati. Per molti maratoneti è impossibile che un medicinale, appartenente alla classe di farmaci “antinfiammatori”, faccia aumentare le infiammazioni. Grazie a una serie di marker nel sangue, lo studio di Nieman dimostra proprio questo. Quando i fatti contraddicono una convinzione radicata, non vengono quasi mai accettati senza resistenze. “Se un ricercatore fa una scoperta che conferma le nostre idee, pensiamo che è giusta”, spiega Mac- Coun. “Se ci troviamo di fronte a una novità che non ci piace, cerchiamo delle giustificazioni”. MacCoun ha mostrato a un gruppo di volontari alcuni studi fittizi sul controllo delle armi da fuoco, la pena di morte e l’uso della marijuana a scopi terapeutici. Quando i risultati dello studio confermavano il loro punto di vista di partenza, i volontari li consideravano imparziali. Invece, quando andavano contro le loro convinzioni, li liquidavano come inaffidabili. “Se a una persona favorevole al controllo delle armi da fuoco mostriamo uno studio in cui si afferma che, limitando le armi, gli omicidi non diminuiscono, accuserà il ricercatore di lavorare per un think tank di destra”, spiega Mac- Coun. In un esperimento classico del 1977, i ricercatori chiesero ad alcuni esperti di dare un giudizio su un documento tecnico. A parte il capitolo sui risultati, tutte le versioni erano identiche. Gli esperti assegnarono al manoscritto un punteggio più alto quando il contenuto confermava il loro punto di vista su un argomento di loro competenza, mentre scovarono degli errori di battitura quando i risultati erano in contrasto con le loro idee. Gli studi lo confermano: accettiamo con facilità i risultati che ci piacciono e facciamo le pulci a quelli che non ci piacciono.
Orsi e tartarughe
La Us preventive services task force è un consiglio indipendente di esperti che studia le linee guida basate sull’evidenza per la pratica medica, senza considerare i costi. Dopo anni di studi, nell’autunno del 2009 la task force ha pubblicato le nuove raccomandazioni sulla mammografia. Prima si consigliava alle donne con più di 40 anni di fare una mammografia all’anno. Le nuove linee guida invitano le donne tra i 40 e i 49 anni a discutere con i loro medici i rischi e i vantaggi dell’esame. Per molti osservatori questa raccomandazione, insieme all’indicazione alle donne con più di 50 anni di fare la mammografia ogni due anni invece che ogni anno, è una svolta radicale. L’oncologa Marisa C. Weiss, fondatrice di breastcancer.org, ha definito le linee guida un “enorme passo indietro”. Se venissero adottate, ha aggiunto l’American college of radiology, “moltissime donne americane potrebbero morire di tumore al seno”. “Riceviamo delle lettere che ci accusano di avere le mani sporche di sangue”, racconta Barbara Brenner, sopravvissuta a un tumore al seno e direttrice generale dell’associazione Breast cancer action di San Francisco. Secondo Brenner, le nuove linee guida stabiliscono un equilibrio ragionevole tra rischi e vantaggi della mammografia. Per anni i medici hanno sottolineato l’importanza di una diagnosi precoce del cancro al seno, in base al principio che la malattia – se non viene individuata in tempo – ha un decorso inesorabile che porta alla morte. Questa spiegazione (chiamiamola modello mentale della “progressione inesorabile”) è intuitiva e in parte consolatoria: qualsiasi cancro è curabile se viene preso in tempo. La scienza ha dimostrato che il tumore al seno è una malattia molto meno uniforme di quanto suggerisca il modello della progressione inesorabile, sostiene H. Gilbert Welch, del Dartmouth institute for hea lth policy and clinical practice di Lebanon e autore di Should I be tested for cancer? (dovrei fare il test per il cancro?). Una definizione più accurata potrebbe essere quella di modello del “futuro incerto”: i tumori possono avere una varietà di decorsi imprevedibile. La maggior parte dei tumori corrisponde a uno dei tre modelli generali. Secondo l’esperto di oncologia Barry Kramer, direttore dei National institutes of health oice of disease prevention, i modelli sono quello delle “tartarughe”, degli “orsi” e degli “uccelli”. Le tartarughe sono troppo lente per rappresentare un pericolo e non hanno bisogno di interventi. Gli orsi sono più veloci ma, se presi in tempo, possono essere fermati. Gli uccelli sono così rapidi e imprevedibili che, appena si vedono, sono già volati dalla finestra. Gli esami come la mammografia possono fare la differenza solo nel caso degli orsi. Lisa Schwartz, docente di medicina alla Dartmouth, ha intervistato alcune donne per capire il loro punto di vista sul tumore al seno e sulla mammografia. Le donne intervistate seguono quasi tutte il modello della progressione inesorabile: l’unico rischio legato alle mammografie e ad altri esami diagnostici per il tumore al seno è l’eventualità di fare una serie di test a vuoto. Non ci sono controindicazioni in un esame, perché tutti i tumori prima o poi uccidono e non è mai troppo presto per individuarli. L’idea è rafforzata dalle campagne pubblicitarie del servizio sanitario pubblico, dove si promette che “una diagnosi precoce salva la vita”. Ma se affrontiamo il dibattito sulla visita oncologica attraverso la lente del “futuro incerto”, il quadro cambia completamente. I medici non sono ancora in grado di stabilire quale sarà il modello di sviluppo di un tumore, quindi trattano ogni tumore come se fosse un “orso” per non perdere l’opportunità di salvare una vita. Ma gli orsi, sostiene Welch, rappresentano solo una minima parte dei tumori. E con le mammografie si individuano soprattutto le tartarughe. Se una donna ha un tumore-tartaruga, la mammografia e gli altri test non servono a niente, perché portano alla diagnosi e alla cura di un malattia non mortale. Uno studio norvegese pubblicato nel 2009 mostra che alcuni tumori al seno (fino al 22 per cento di quelli asintomatici scoperti attraverso la mammografia) possono regredire da soli senza nessuna cura. Secondo una ricerca del British Medical Journal pubblicata a luglio, per ogni vita salvata da una mammografia, a dieci donne viene diagnosticato e curato un tumore non mortale. Tra l’altro, le ricerche dimostrano che i tumori al seno più aggressivi possono diffondersi prima di essere abbastanza grandi da poter essere individuati dalle tecnologie oggi a disposizione. Quindi per molte donne malate di un tumore mortale, la mammografia è inutile. L’evidenza a favore della mammografia è più convincente per le donne tra i 50 e i 74 anni e le indicazioni della task force si rivolgono proprio a questo segmento della popolazione. Il dibattito sulle linee guida per la mammografia non riguarda l’evidenza, ma le convinzioni delle persone. Lo scopo delle visite oncologiche è scoprire più tumori o salvare più vite possibile? Quante persone si possono danneggiare per salvare una vita? Quale tipo di danno va considerato accettabile? Non sono domande facili, e la risposta cambia a seconda del sistema di valori di riferimento. In alcuni casi raggiungere un accordo è impossibile. Ormai il dibattito sulla mammografia è diventato quasi una questione di fede, e più le convinzioni sono radicate, meno sono sensibili alle nuove prove scientifiche. In uno studio che sarà pubblicato su Political Behavior, Nyhan e il collega Jason Reiler, dell’università della Georgia, hanno sottoposto a un gruppo di volontari delle inte notizie, comprese alcune dichiarazioni false di politici e delle rettifiche. Quando le rettifiche andavano contro le loro opinioni, i volontari non hanno cambiato idea. Anzi, in alcuni casi le rettifiche hanno rafforzato le convinzioni sbagliate. L’estate scorsa, all’Aspen health forum, ho chiesto qualche informazione su un documento pubblicato dal British Medical Journal ai rappresentanti dell’associazione per la prevenzione del tumore al seno Susan G. Komen for the cure. Nel documento si calcolava che su tre casi di tumori al seno diagnosticati attraverso la mammografia, almeno uno era una sovradiagnosi. Molte donne sane, quindi, venivano curate inutilmente come se fossero malate di cancro. L’organizzazione è preoccupata? “Non credo che ci siano le prove di una sovradiagnosi”, ha detto l’allora direttrice generale Hala Moddelmog. È intervenuta anche la vicepresidente per le scienze sanitarie Elizabeth Thompson: “Se questi studi diventeranno di dominio pubblico, le compagnie assicurative potrebbero smettere di finanziare le mammografie”. Quando le ho chiesto se l’associazione stava informando le donne sui rischi legati a questo tipo di esame, ha aggiunto: “Crediamo che una diagnosi tempestiva possa salvare la vita e cerchiamo di diffondere il messaggio”.
Illudersi di stare meglio
“I don’t want knowledge, I want certainty” (non voglio conoscenza, voglio certezza). L’inizio di Law di David Bowie descrive bene come funziona la psiche umana, almeno quando si parla di medicina. Prendiamo il caso del mal di schiena. Prima o poi circa il 90 per cento degli americani soffre di dolori nella zona lombare. “Quando un paziente ha un forte mal di schiena vuole sapere la causa del dolore”, spiega Michael Von Korff, esperto del Group health research institute di Seattle. Ma quasi sempre i tentativi di individuare l’origine del mal di schiena sono inutili. Solo il 15 per cento dei casi di mal di schiena è riconducibile a una causa specifica. Molti sistemi tecnologici di rilevamento sono in grado di visualizzare apparenti anomalie, come l’ernia del disco, ma queste scoperte servono più a instillare un falso senso di certezza che a individuare la vera causa del dolore, sostiene Richard A. Deyo, professore di medicina familiare basata sull’evidenza all’Oregon health and science university. Molte patologie apparentemente allarmanti che emergono dagli esami radiografici non hanno nessun legame con il dolore, spiega Deyo. Uno studio del 2005 ha riscontrato un problema al disco nel 73 per cento dei volontari che hanno fatto una risonanza magnetica senza avvertire dolori alla schiena. Le prove visive sono molto convincenti, ma secondo le ricerche raramente questo tipo di test aumenta le probabilità per il paziente di eliminare il dolore. I risultati di un test clinico, pubblicati nel 2003 sul Journal of the American Medical Association, ha dimostrato che i soggetti affetti da mal di schiena che si sottopongono alla risonanza magnetica vengono operati più spesso, ma non con esiti migliori rispetto agli altri pazienti. Tra il 1990 e il 2001 il numero di interventi di fusione spinale è aumentato del 220 per cento, senza tuttavia ridurre il tasso di disabilità. La maggior parte dei casi di mal di schiena si risolve senza bisogno di ricorrere a cure aggressive. Il 90 per cento delle persone che soffre di mal di schiena guarisce nel giro di due mesi, e il 70 per cento recupera in tre settimane o meno. Perfino l’ernia del disco spesso scompare da sola senza un intervento chirurgico. I trattamenti per il dolore, il ghiaccio o il calore, e l’esercizio isico rimangono il rimedio standard per la maggior parte dei casi di mal di schiena. Ma questo messaggio basato sull’evidenza non è facile da trasmettere. “A volte è meglio non intervenire, ma è una risposta che non piace agli americani. Sembra quasi una mancanza di risolutezza o un modo di capitolare davanti al nemico”, spiega Mac- Coun. Le persone vanno dal medico perché cercano una cura rapida. D’altronde molti medici sono favorevoli a un intervento aggressivo. Secondo uno studio compiuto su più di 3.500 visite mediche (pubblicato nel numero dell’8 febbraio di Archives of Internal Medicine), un paziente su quattro richiede degli esami radiografici per il mal di schiena nonostante le linee guida lo sconsiglino. Di solito i medici offrono ai loro pazienti soluzioni concrete, e molti sono davvero convinti dell’utilità delle cure indicate. Poco tempo fa la moglie di Deyo ha avuto un problema a una spalla che le provocava dolori fortissimi. Dopo aver preso in considerazione le varie possibilità, ha deciso di provare l’agopuntura. Poi, improvvisamente, il dolore si è attenuato. “Mia moglie ci scherza su e dice sempre che, se avesse cominciato la terapia due settimane prima, avrebbe dato il merito della guarigione all’agopuntura”, racconta Deyo.
A prescindere dalla sua efficacia, un intervento aggressivo dà sicurezza sia al medico sia al paziente. I pazienti che si sottopongono all’esame della colonna vertebrale sono più soddisfatti delle cure ricevute rispetto agli altri, anche se i risultati non sono migliori (anzi, in alcuni casi sono perfino peggiori). “I pazienti che fanno questi esami stanno peggio, ma pensano di aver ricevuto le cure migliori”, spiega Deyo. Come si fa a convincere i medici e i pazienti ad abbandonare le abitudini confortanti e consolidate quando i fatti dimostrano che non migliorano la salute? Secondo Nyhan, bisogna prendere atto che difficilmente i fatti da soli riescono a far cambiare idea alle persone. “La gente si mette sulla difensiva se qualcuno le fa notare che sbaglia”, osserva. Nyhan ha mostrato a un gruppo di volontari, convinti che Saddam Hussein nascondesse armi di distruzione di massa, le prove che si sbagliavano. Spesso, invece di spronarli a cambiare idea, queste informazioni rafforzavano le loro posizioni.
Riuscire a far cambiare idea è molto difficile, soprattutto quando le persone hanno interesse a conservare le loro convinzioni. A volte l’interesse è di tipo economico (i medici che curano il mal di schiena guadagnano di più con le operazioni che con le cure conservative), ma può anche essere altruistico: le associazioni per la prevenzione del tumore al seno, per esempio, vogliono aiutare le donne a difendersi dalla malattia. Quando i fatti compongono un quadro confuso e insoddisfacente, le persone tendono a rifugiarsi in una ricostruzione più confortante, anche se sbagliata. In un episodio del programma The Colbert report, andato in onda nel 2005, l’umorista Stephen Colbert ha definito il fenomeno “veritezza”. “La veritezza è ciò che vorremmo che fosse. È la verità che sentiamo nel profondo di noi stessi”. La reazione contro le nuove linee guida sulla mammografia nasce in parte dalla “veritezza” del messaggio che la mammografia è in grado di prevenire il tumore al seno. Non importa se non è vero: è quello che la gente vuole credere. Per avere la meglio sulla veritezza, i fatti devono essere inseriti in una narrazione convincente, che confermi il punto di vista dominante. Per i sostenitori delle nuove linee guida sulla mammografia, per esempio, vuol dire affrontare di petto l’idea diffusa che il cancro al seno sia una malattia progressiva e inesorabile. Secondo Schwartz, la task force doveva sottolineare che le nuove linee guida hanno lo stesso obiettivo delle vecchie: salvare vite.
Per far prevalere la verità tutti i soggetti coinvolti devono avere una visione condivisa del problema, in modo da riconoscere quando una soluzione è corretta, sottolinea MacCoun. Per chi invece cerca di individuare quali sono gli interventi medici più efficaci, bisogna stabilire cosa s’intende per “efficace”. L’efficacia delle cure per il mal di schiena va misurata in base al livello di dolore sei mesi dopo l’intervento, al costo, ai profitti del medico o alla soddisfazione del paziente? Non è una domanda scientifica ma un giudizio di valore, e la risposta varia a seconda dei criteri adottati. Poi c’è la questione di cosa rappresenta l’evidenza. I sostenitori della ricerca sull’efficacia comparata cercano le risposte nei test su larga scala, ma questi studi si basano su statistiche di gruppi molto vasti di persone. “Le ricerche dimostrano che gli aneddoti hanno la meglio sui dati”, sostiene Nyhan. I maratoneti che hanno assistito alla relazione di Nieman non si sono fatti influenzare dai risultati del suo studio, perché i dati erano in contrasto con le loro esperienze personali, che sembravano più autentiche. Secondo Brenner, le donne a cui è stato diagnosticato un tumore al seno grazie alla mammografia non si lasceranno mai convincere dalle nuove linee guida: “Tutte pensano che se non fosse stato per la mammografia, sarebbero morte. Ma sappiamo che nella maggioranza dei casi non è così”. La scienza lavora su dati e statistiche, mentre la medicina è fatta di storie, osserva Elizabeth Rider, assistente al reparto pediatrico della Harvard business school. Gli aneddoti sono la spina dorsale della medicina, sono il modo in cui le persone elaborano e giustificano i fatti. “Le vittime della sovradiagnosi non dicono mai: ‘Guarda cosa mi ha fatto il sistema’. Ma dicono: ‘Grazie a Dio il medico mi ha salvato’”, spiega Thomas B. Newman, medico ed esperto di medicina narrativa all’Università della California di San Francisco. “Nessuno dice mai di aver subìto una mastectomia ingiustificata, e nessuno lo farebbe, perché non è una bella storia”.
Howard F. Stein, terapeuta e antropologo medico al centro di scienza della salute dell’Università di Oklahoma, ha raccontato la vicenda di un contadino che si presentò per un’appendicectomia e si vide rinviare l’intervento a causa di una tachicardia. “Il cardiologo provò a spiegare la tachicardia sopraventricolare alla famiglia, ma era come parlare a un muro”, dice Stein. La famiglia non capiva perché rimandassero l’operazione. Alla fine un altro dottore cercò di spiegare la situazione: “Il cuore gli balla come il motore di un camion scassato, e finché balla non possiamo operarlo”. La tecnica funzionò. “Il medico ha tradotto i dati biomedici in un linguaggio adatto al mondo del paziente. Il dottore sapeva benissimo che il cuore del paziente non era il motore di un camion”, osserva Stein. “Ma quest’espediente ha permesso al medico e alla famiglia di arrivare a un punto d’incontro senza ricorrere a un manuale di cardiologia”.
Costruire una storia non basta. Per diffondersi, un messaggio basato sull’evidenza deve confrontarsi con il bisogno del genere umano di conforto e sicurezza. “L’incertezza in campo medico è difficile da accettare. Per questo bisogna ricontestualizzarla per poter dire: ‘La buona notizia è questa’”, osserva Rider. Il modello della progressione inesorabile del tumore al seno è così radicato anche perché offre conforto e certezze. In base a quel modello, ogni cancro può essere curato se una donna interviene in tempo. È un messaggio che dà forza e sicurezza. Le donne accetteranno le nuove linee guida solo se saranno presentate in modo da rispondere ai loro bisogni. Le spiegazioni che danno speranza e forza avranno sempre più presa di quelle che comunicano incertezza o brutte notizie. Quando una nuova prova scientifica presenta una verità confusa, per diffondersi dev’essere messa sotto una luce positiva. Si può chiedere a un medico di sospendere una cura inefficace, ma non si può mai chiedere ai pazienti di abbandonare la speranza.
Di Christie Aschwanden (è una giornalista freelance. Ha collaborato con Science, New Scientist e The New York Times)
Da Internazionale 846 | 14 / 20 maggio 2010

13.5.10

Lobby e vecchi merletti

di Gianni Mattioli, Massimo Scalia

Ma Veronesi sottoporrebbe una chirurgia oncologica a una valutazione di Rubbia? E la Hack, che più passa il tempo più la troviamo sulle barricate che noi, imborghesiti, abbiamo abbandonato, non si interroga sul carattere intrinsecamente paleocapitalistico dell'industria nucleare? Eccoli lì invece, arzilli e indomabili, a perorare la causa del progresso, di quel fuoco rubato da Prometeo e che politici incompetenti e ambientalisti incoerenti vorrebbero sostituire con la candela, che poi anche lei produce CO2. L'appello rivolto al segretario del Pd, perché il partito ripensi a quel No al nucleare, compendia tutte le figure dell'eterna commedia all'italiana. Innanzi tutto gli esperti in quanto illustri, come ci insegnò il professor Bernardini. Magari bravi nel loro settore di competenza,ma per i quali fissione, fusione - mi raccomando «calda», quella fredda è notoriamente roba esoterica - configurano un orizzonte generico, ma saldamente presidiato dall'ideologia, di sfide da cogliere e di ricerca da fare. Sempre e in ogni caso. Poi c'è il corteo dei giornalisti, degli intellettuali, per definizione «umanisti», esponenti di punta del brivido d'orrore per le quattro operazioni: «Ma quella è matematica!» Ed eccoli tutti lì a chiedere un confronto su dati, scienza e non approssimazione, ragionamenti di merito e non ideologia. Poverini, non si sono accorti di aver aperto quella campagna di «informazione», per di più gratuitamente, che il nostro premier aveva promesso a margine della visita di Putin il mese scorso, impegnandosi a «convincere» gli italiani sulla bontà della scelta nucleare. È noto che per Berlusconi convincere è sinonimo di informare, spiace che lo diventi di fatto anche per persone che non avevano ancora varcato questa soglia. E diventa fondato il sospetto che parecchi di loro abbiano ingenuamente aderito ad un'iniziativa di chiara marca lobbistica - Enel, Ansaldo, Edison, vogliamo azzardare? - tesa a creare fratture nel maggior partito d'opposizione. Perché ci si rende conto che, anche se le nuove norme lo prevedono, non sarà facile imporre il nucleare manu militari. E ai governatori del centro destra già dediti al nimby bisogna pure far vedere che invece c'è gente ragionevole anche dall'altra parte. A proposito di informare, è da quando Scajola - ops, chi era costui? - squillò proprio due anni or sono la diana del nucleare che la grande stampa, indistintamente, ha dato ampio spazio al «rilancio», senza neppur andare a vedere i dati che parlano, al contrario, di una strategia industriale in declino. E, all'insegna del realismo di Vespasiano, si è anche prodotta in vere e proprie «marchette». I grandi canali televisivi si sa, poi, come ammonisce il premier, sono covi di comunisti, non alla Hack beninteso, pronti a difendere il sovversivismo antinucleare. L'appello, insomma, ricorda un po' i poveri untorelli, e vien da dire: che volete di più, il pensiero unico di governo, Enel, Edf e Areva? Ma volesse Prometeo che ci fosse un po' di informazione non di regime nelle grandi sedi che si rivolgono all'opinione pubblica! L'appello è una riprova scoraggiante dell'essere sempre più l'Italia una provincia della cultura europea. Mentre grandi paesi nostri competitori guardano al futuro e si sono lanciati sull'obiettivo dei tre «venti per cento» della Ue, diventato punto di riferimento comune del dibattito mondiale sulle azioni per far fronte ai cambiamenti climatici, qui da noi si guarda al passato. C'è di buono stavolta che, all'appello, Bersani ha risposto picche con robuste motivazioni di merito quali «la sicurezza» e, come ha dichiarato, «davvero non per ideologia».

7.5.10

Tre ricette per l'euro

di JOSEPH E. STIGLITZ (La Repubblica)

La crisi finanziaria greca ha messo a repentaglio la sopravvivenza stessa dell´euro.

Al momento della creazione furono in molti a porsi delle domande sulla sua fattibilità a lungo termine. Finché tutto è andato bene, queste preoccupazioni sono state dimenticate e la domanda su come si sarebbero dovuti realizzare gli aggiustamenti nel caso una parte dell´eurozona fosse stata colpita da uno shock negativo forte è rimasta senza risposta. La fissazione del tasso di cambio e la delega della politica monetaria alla Bce annullò due degli strumenti principali di cui i governi nazionali possono avvalersi per stimolare le proprie economie in caso di recessione. Che cosa avrebbe potuto sostituirli?
Il premio Nobel Robert Mundell ha individuato le condizioni sotto le quali può funzionare una moneta unica: l´Europa non le assolveva allora e non le assolve adesso. La rimozione delle barriere legali che limitavano la circolazione dei lavoratori ha creato sì un unico mercato del lavoro, ma le differenze linguistiche e culturali rendono impossibile al suo interno una mobilità della forza lavoro analoga a quella americana.
L´Europa, inoltre, non ha modo di aiutare quei paesi che si trovano ad affrontare problemi gravi. Si consideri la Spagna, che ha un tasso di disoccupazione del 20% (40% tra i giovani). Prima della crisi, la Spagna registrava un surplus fiscale, dopo la crisi si ritrova con un disavanzo salito a più dell´11% del Pil. Stando alle norme europee, la Spagna ora deve tagliare la spesa, ma ciò non farà che esacerbare la disoccupazione, e poiché la sua economia rallenta i miglioramenti nella sua posizione fiscale saranno probabilmente minimi.
Qualcuno ha sperato che la tragedia della Grecia facesse capire alla dirigenza politica dell´area euro che la sua moneta non può farcela senza una maggiore cooperazione (inclusa un´assistenza a livello fiscale). La Germania (e la sua Corte Costituzionale) invece, inseguendo in parte il sentimento popolare, si è mostrata recalcitrante a offrire alla Grecia l´aiuto di cui questo paese ha bisogno.
Troppi, sia in Grecia sia fuori dal paese, sono rimasti sorpresi di questa posizione: per salvare le grandi banche sono stati spesi miliardi di euro, mentre salvare un paese di undici milioni di abitanti è apparso come un tabù! Per calmare i mercati si sono susseguite diverse mezze offerte e vaghe promesse fallite tutte. Infine la Ue ha messo insieme un programma di assistenza coinvolgendo l´Fmi. Per i paesi più piccoli della Ue la lezione è chiara: se non riducono i loro deficit di bilancio, il rischio di un attacco speculativo è molto alto, mentre è molto bassa la probabilità che ricevano un´assistenza adeguata da parte dei propri vicini, almeno non senza un ridimensionamento budgetario prociclico doloroso e controproducente. Adottando questo tipo di misure, è probabile che i paesi europei indeboliscano le proprie economie, con conseguenze infauste per la ripresa globale.
Potrebbe essere utile gettare uno sguardo ai problemi dell´euro da una prospettiva globale. Gli Stati Uniti hanno deplorato il surplus della bilancia delle partite correnti cinese (di quella commerciale), eppure, in termini di percentuale del Pil, quello tedesco è ancora più consistente.
Se si assume che per l´eurozona nel suo insieme sia stato previsto un equilibrio, il surplus della Germania implica che il resto dell´Europa deve mantenere un disavanzo. Il fatto che questi paesi importino più di quanto non esportino contribuisce indebolisce ulteriormente le loro già deboli economie.
Gli Stati Uniti hanno anche deplorato il rifiuto della Cina di permettere alla propria valuta di apprezzarsi rispetto al dollaro. Il sistema dell´euro invece prevede che il tasso di cambio tedesco non possa apprezzarsi rispetto a quello degli altri membri dell´area euro. Se il tasso di cambio tedesco potesse apprezzarsi, la Germania incontrerebbe più difficoltà a esportare e per il suo modello economico, basato su un export consistente, la strada non sarebbe così liscia. Al tempo stesso, il resto dell´Europa esporterebbe di più e registrerebbe quindi una crescita del Pil e un abbassamento della disoccupazione.
La Germania - come la Cina - considera il proprio ingente risparmio e la propria abilità a esportare delle virtù e non dei vizi, mentre John Maynard Keynes ha spiegato che i surplus portano a una domanda aggregata globale debole. Le conseguenze sociali ed economiche degli attuali arrangiamenti non dovrebbero essere accettabili. Quei paesi i cui deficit sono lievitati a causa della recessione globale non dovrebbero essere spinti a entrare in una spirale della morte, come accade all´Argentina circa dieci anni fa.
Una delle soluzioni avanzate per questi paesi è quella di elaborare un meccanismo equivalente a una svalutazione, in altre parole, una riduzione indifferenziata dei salari. Ciò, a mio avviso, non è realistico. Le conseguenze a livello distributivo sarebbero inaccettabili, le tensioni sociali che ne deriverebbero sarebbero enormi e quindi la considero una fantasia.
C´è una seconda soluzione: l´uscita della Germania dall´eurozona o la suddivisione dell´area euro in due sottoregioni. L´euro sarà stato in questo caso un esperimento interessante, ma, come il quasi dimenticato meccanismo per il tasso di cambio (Erm o Mce) che lo precedette e che si sfaldò sotto l´attacco degli speculatori contro la sterlina nel 1992, non conta sul supporto istituzionale che necessario per un suo funzionamento.
C´è anche una terza soluzione, che l´Europa potrebbe forse arrivare a considerare la migliore: implementare le riforme istituzionali, inclusa la necessaria impalcatura fiscale, che avrebbero dovuto essere realizzate contestualmente al lancio dell´euro. Non è troppo tardi perché l´Europa attui queste riforme e si dimostri all´altezza degli ideali basati sulla solidarietà su cui poggiò la creazione dell´euro. Se l´Europa però non è in grado di farlo, forse è meglio che ammetta il fallimento e vada oltre, piuttosto che far pagare, nel nome di un modello economico carente, un alto prezzo in disoccupazione e sofferenza umana.

L'onorevole non ha tempo per la crisi

lastampa.it

Sono le 16 di un giovedì drammatico: mentre Atene è in lutto per i tre morti della banca, nel resto d’Europa le Borse scendono a picco, le cancellerie sono in apprensione, i parlamenti rigurgitano di deputati e di interrogazioni. In America Wall Street apre in ribasso, investitori e risparmiatori sono con il fiato sospeso, Moody’s sembra voler declassare l’Italia. Che fanno intanto i 630 deputati italiani? Mah, di sicuro non sono in Aula quando il ministro dell’Economia Giulio Tremonti prende la parola per illustrare il punto di vista del governo. Deserti i banchi della maggioranza: due soli leghisti e tre del Pdl; su quelli dell’opposizione una quarantina del Pd, dieci dell’Udc, due dell’Idv.

Che cos’era successo? Nulla, se non che alle 12,30 erano finite le votazioni e come ogni giovedì i deputati avevano finito la settimana di lavoro cominciata martedì. La seduta pomeridiana, per quanto dedicata alla più drammatica crisi vissuta dall’Unione Europea da quando è nato l’euro, per i deputati italiani della maggioranza di governo non valeva il ritardo del ritorno a casa.

Tremonti non ha voluto commentare. A noi verrebbe da fare dell’ironia, ma non è il caso: non è una farsa, è una tragedia.

6.5.10

Cohn-Bendit: «On fait de l'argent sur le dos de la Grèce!»

Les réformes exigées en Grèce «sont presque impossibles à réaliser» et les conditions sociales demandées au pays «intolérables», s'est insurgé mercredi le chef de file des Verts au Parlement européen Daniel Cohn-Bendit.

«Vous êtes complètement fous», a-t-il lancé à l'adresse de la Commission européenne et des représentants des Etats de l'UE lors d'un débat sur le sujet au Parlement européen.

«Ce que doit faire le gouvernement Papandreou est pratiquement impossible», a-t-il affirmé, à propos des sacrifices salariaux et sociaux demandés, alors que des manifestations organisées en Grèce pour dénoncer le plan de rigueur ont dégénéré dans la journée en violences, faisant trois morts dans une banque incendiée à Athènes.

Les manifestants entendaient protester contre des mesures d'austérité sans précédent promises par le gouvernement grec en échange d'une aide financière de 110 milliards d'euros sur trois ans du FMI et de la zone euro.
Référence à Thatcher

«On ne donne pas le temps à Papandreou de trouver un consensus», a-t-il déploré. «Il faut créer une cohésion. Ca ne se décrète pas. Vous allez voir en Espagne et au Portugal s'il y a des problèmes», a-t-il pronostiqué.

Daniel Cohn-Bendit a ensuite fustigé les conditions des prêts consentis par les autres pays européens, qui se feront à un taux moyen de 5% alors que la plupart des Etats concernés pourront emprunter les fonds concernés à des taux moindres sur les marchés. «On fait de l'argent sur le dos de la Grèce. C'est intolérable», s'est-il emporté.

«J'ai l'impression que maintenant, dans les gouvernements, on dit "I want to make money on the back of the Greece"», a-t-il accusé en référence à la revendication du Premier ministre britannique Margaret Thatcher en 1984, réclamant «I want my money back» pour protester contre la contribution du Royaume-Uni à la Politique agricole commune.

5.5.10

Casa e Chiesa

Massimo Gramellini

Lo confesso: nel leggere le parole del cardinal Bagnasco sull’Unità d’Italia che «è un tesoro per tutti e non va bistrattata» mi sono commosso. Ho pensato al mio unico idolo politico, Cavour, morto gridando in faccia al suo confessore: «Frate, libera Chiesa in libero Stato!». Alle invettive di quel mangiapreti inguaribile di Garibaldi. Alle scomuniche di Pio IX contro Vittorio Emanuele «re di briganti». Al destino zoppo di un Paese nato dall’azione di un pugno di liberali e di massoni, nel disinteresse delle masse analfabete e con l’aperta ostilità della Chiesa, che fin dal Seicento impedì la nascita di uno Stato nazionale, evocando di volta in volta un protettore straniero per impedirla. C’è voluto del tempo, ma ora i nostri padri risorgimentali possono stropicciarsi gli occhi nell’aldilà, scorrendo le interviste patriottiche del cattolicissimo Andreotti e la ferma scelta di campo del capo dei vescovi. Quante lotte, sofferenze e inimicizie per arrivare a pensarla tutti alla stessa maniera. Non fosse che per questo, dobbiamo ringraziare la Lega, che con le sue sparate (l’ultima è il sito web con il rotolo di carta igienica bianco rosso e verde) mi ricorda un compagno delle elementari, il quale disegnava sul sussidiario un paio di corna sopra l’immagine di Garibaldi «che ci ha riempito il Nord di terroni», rivelando così per contrasto a tutti noi il fascino dell’Italia unita.

Già pregusto il Buongiorno che scriverò fra un secolo e mezzo, quando il pronipote di Calderoli inneggerà ai prefetti e al tricolore.

«Questa incertezza è il frutto della delusione per i partiti»

Intervista di Fabio Cavalera allo storico Eric Hobsbawm sulle prossime elezioni in Gran Bretagna (Corriere della Sera)

L’errore del New Labour è stato quello di pensare che l’economia del Regno Unito potesse crescere sulle fortune oscillanti dei mercati finanziari trascurando la solidità delle risorse tradizionali dell’industria. Uno squilibrio che alla fine si è trasformato in bancarotta. Ecco la ragione per cui, dopo 13 anni di potere, i laburisti lasceranno Downing Street. La Gran Bretagna è a una svolta. I conservatori tornano ad essere il primo partito, però rischiano di non avere la maggioranza assoluta in Parlamento. In tal caso, come si risolverà l’incertezza politica? L’occhio critico di un grande storico, Eric Hobsbawm, aiuta a comprendere ciò che accade con le imminenti elezioni.

Professore, negli ultimi 50 anni i britannici hanno prevalentemente scelto fra due partiti, laburisti e conservatori. Ora una terza forza, i liberaldemocratici, spezza il duopolio. Una piccola rivoluzione?

«In verità, nel Ventesimo secolo, il Regno Unito ha sperimentato governi di unità nazionale con la partecipazione di tutti i partiti nelle due guerre mondiali, poi ha conosciuto l’esperienza di governi di coalizione, infine ha avuto governi di minoranza la cui vita dipendeva da altri partiti. Negli anni Venti, quest’ultima fu la situazione in cui si trovarono i governi laburisti che contavano sull’appoggio dei liberali. E ancora: negli anni Settanta né i laburisti né i conservatori avevano un’adeguata maggioranza e, di volta in volta, negoziavano i voti con una molteplicità di forze. Negli anni Ottanta, infine, la spaccatura nel partito laburista e la breve ascesa dei socialdemocratici creò le possibilità di una situazione non con due ma con tre partiti. In breve, il Regno Unito non è stato, esclusivamente, un sistema dominato da due partiti come lo è quello statunitense. Semmai va notato che i governi laburisti hanno dimostrato la vulnerabilità alle terze forze».

Tutti i sondaggi della vigilia suggeriscono che ci sarà un «hung parliament», un Parlamento bloccato, ciò può significare un lungo periodo di instabilità per la politica e i mercati. Sono pericoli reali?

«È difficile prevedere come si comporteranno i mercati nel dopo elezioni ma, nell’incertezza sulla formazione di un nuovo governo, difficilmente la reazione potrà essere positiva. L’hung parliament prolungherà il periodo in cui nessun partito sarà disposto a discutere con sincerità sulle misure spiacevoli e necessarie per affrontare la crisi finanziaria, un eventuale governo di minoranza sarà solo nel prendere queste decisioni».

Se nessun partito avrà la maggioranza assoluta chi formerà il governo?

«Ci sono discussioni di carattere costituzionale su questo punto ma è quasi certo che la regina chiederà al leader del partito che otterrà il maggior numero di seggi in Parlamento di provare a formare il nuovo governo. Il che può essere difficile».

È realistico ipotizzare una coalizione? I conservatori con i liberaldemocratici?

«Dubito che una formale coalizione possa essere la soluzione. Il problema è che, quasi certamente, i membri del partito liberaldemocratico, sebbene non necessariamente Clegg, non sarebbero affatto felici di un collegamento con i conservatori e non coi laburisti. Allo stesso tempo una coalizione dei liberaldemocratici con un governo Labour discreditato non sarebbe digerita bene dalla massa dei votanti LibDem. C’è il rischio, in entrambi i casi, di una spaccatura dei liberaldemocratici. Più probabile, semmai, è un governo di minoranza che si appella agli altri partiti per ottenerne l’appoggio ma, inevitabilmente, è condizionato da essi. Ciò avviene da alcuni anni nel Parlamento scozzese. E funziona bene, grazie all’abilità politica di Alex Salmond, il leader del governo formato dai nazionalisti scozzesi».

Questa incertezza non è il segnale del declino del sistema politico britannico?

«No, è il segnale della delusione e della disaffezione per i due maggiori partiti. La caratteristica di queste elezioni è che, quasi certamente, una maggioranza di votanti è scontenta dei laburisti, ma al tempo stesso non c’è entusiasmo per ciò che dovrebbe essere l’ovvia alternativa, vale a dire per un governo conservatore».

Qual è il bilancio di 13 anni di governo laburista? E quali sono stati gli errori di Tony Blair e di Gordon Brown?

«I tredici anni di governo laburista non sono stati insoddisfacenti, eccetto che per la decisione di Tony Blair di avventurarsi in tanti conflitti armati. Specialmente imperdonabili sono le guerre in Afghanistan e Iraq. Ma, nel mezzo della retorica elettorale sui presunti risultati catastrofici di questi 13 anni, è bene ricordare che non è proprio così. L’errore maggiore del New Labour, condiviso da Gordon Brown, è stato quello di accettare la logica del libero mercato globalizzato, il neoliberismo economico. Ha portato l’economia britannica ad essere sproporzionatamente dipendente da Londra come centro della finanza globale, ha determinato la crescita inaccettabile delle diseguaglianze economiche e l’abbandono delle risorse industriali nazionali. Ciò ha reso la presente crisi economica insolitamente seria nel Regno Unito e ha allargato il deficit finanziario».

Crede che il modello del New Labour sia tramontato per sempre?

«Probabilmente sì, perché l’ideologia che vi è dietro, il neoliberismo economico, è andata in bancarotta».

Nella campagna elettorale è nata la stella di Nick Clegg. Il leader liberaldemocratico potrebbe essere il kingmaker nel dopo elezioni. La Cleggmania è un fenomeno destinato a durare?

«La Cleggmania è la misura della reazione contro entrambi i partiti maggiori. Il futuro politico dei liberaldemocratici è in relazione al risultato delle elezioni e, poiché non avranno la maggioranza assoluta, dipende dalla loro capacità di negoziare con gli altri due partiti nel periodo relativamente breve dell’hung parliament, in cui saranno kingmaker».

Perché Nick Clegg è divenuto così popolare? Merito solo della televisione?

«No, al momento, lui è la voce efficace di un voto di protesta, principalmente del popolo del centro sinistra. Certo. Nick Clegg non era particolarmente conosciuto come leader dei LibDem prima della sua performance televisiva di grande effetto. È stato abile».

David Cameron è il leader di una destra moderna e riformista?

«La signora Thatcher rimpiazzò l’Old British Conservative Party con una organizzazione che propugnava una sorta di guerra di classe in nome del fondamentalismo neo liberista di mercato. Questa tipologia di conservatorismo, dal 1997, non è più vincente. Ed è stata rimpiazzata. La politica di Cameron si è spostata al centro, cercando di rappresentare un conservatorismo con maggiori attenzioni alla società e favorevole a uno Stato efficiente, più leggero ma amico».

Dunque, Cameron è credibile?

«Non c’è dubbio che Cameron sia sinceramente in favore di questo cambiamento. Credo però che egli rappresenti una modesta minoranza fra i politici e gli attivisti conservatori. Circostanza che, nel caso di vittoria dei Tory, restringerebbe la libertà d’azione del premier Cameron mettendolo in difficoltà».

La «Cool Britannia» laburista non esiste più?

«Cool Britannia fu solo uno slogan pubblicitario, vuoto come lo è la maggior parte degli slogan. Però nei 13 anni passati il Regno Unito è diventato il Paese occidentale più innovativo e fiorente nel campo della cultura e dell’arte e certamente il più cosmopolita. Spero che lo rimanga».

4.5.10

Caro Ministro, non si dimetta

Alessandro Robecchi

Egregio ministro Scajola,
forse la stupirò: io non chiedo le sue dimissioni, e nemmeno chiedo che lei vada in Parlamento a discolparsi. Anzi, le chiedo il contrario, non ci vada. Lo spettacolo di Lei che balbetta la Sua versione davanti a pochi oppositori mogi che leggono il giornale, almeno quello, me lo risparmi. E mi risparmi (sono sicuro che lo farà) un gesto clamoroso come le dimissioni: le diede già una volta, e il Suo potere è rinato più forte di prima. Quel che vorrei comunicarLe anzi è il messaggio di tener duro, di resistere. Ministro Scajola, resti al suo posto. Con la sua casa di 180 metri quadri vista Colosseo che sostiene di aver pagato un terzo del prezzo di mercato, la sua presenza in questo governo del fare non è soltanto giusta, ma necessaria, direi addirittura didattica, esemplare. Per parafrasare certi western e certi film di spionaggio, caro ministro, Lei ci serve vivo, al suo posto, ben visibile.
L'ottanta per cento degli italiani ha una casa in proprietà. Sa cosa vuol dire andare dal notaio, versare assegni, firmare un rogito. La proprietà di quelle case è stata strappata con i denti a forza di sacrifici, e mutui, e tassi esosi, e banche bastarde, e aiuti delle famiglie che hanno messo da parte due soldi quando Voi non c'eravate ancora. Gli italiani saranno anche smemorati e ipnotizzati dalla propaganda del Suo Capo, ma sanno che quella casa lì, sua o della sua figliola, non so bene, non la paga 610.000 euro nemmeno la Madonna di Medjugorje, che il mercato sarà scemo - io ne sono certo - ma non così scemo. Resti al suo posto, ministro. Lei è l'emblema vivente di quanto sa osare l'inosabile questa cricca che ci governa, fitta di favori, di scorciatoie, di furbizie private, di trucchi contabili, di soldi facili.
Lei è prezioso ministro. E ancor più prezioso è quando piagnucola sull'attacco alla Sua famiglia. La famiglia, il grande valore della destra italiana. La famiglia, bene morale supremo a cui intestare appartamenti, patrimonio di affetti per cui chiedere compiacenze, raccomandazioni, piazzamenti di favore, assunzioni, prebende, candidature, contratti.
Dietro le Vostre famiglie, signor ministro, ci sono le nostre famiglie, che trovano i posti migliori - che magari meriterebbero per merito - sempre occupati, perché le Vostre illustri casate sono arrivate prima, col lampeggiante e la corsia preferenziale. Mai che si trovi qualcuno di Voialtri, ministro, il cui figliuolo fa il manovale nel nord-est, o il precario stagionale, o la sciampista alla Magliana. La vostra rete di potere - dico vostra perché in questi giorni Lei ne è l'emblema - è questo mix medievale di privilegi e sprezzo del popolo, parola con cui vergognosamente Vi baloccate.
La figlia di Scajola, i figli di Berlusconi, il figlio di Bossi, il genero di Letta, il pargolo di Pinco, la moglie di Pallino, quell'altro che vuol fare l'attore, i cognati con appalto al seguito, le nuore prestanome: il vostro amore per la famiglia è questo, signor ministro. Tanto che assistiamo in questi giorni sui giornali della destra a un fitto rimproverarsi contratti (pubblici) per mogli e suocere, tutto all'ombra del più grande conflitto d'interessi che il mondo ricordi. Il pubblico ignaro scambia questo clima da basso impero per un effetto collaterale della Vostra politica, ma si sbaglia: esso è la vostra politica, pura e semplice. Resti al suo posto, ministro Scajola. Lei ci serve per parlare con i nostri amici francesi, inglesi, tedeschi, americani (ne abbiamo, sa?) per spiegare cosa siamo diventati quaggiù. Ci è prezioso per raccontare anche ai vostri entusiasti elettori chi hanno votato veramente. Continui, la prego, a dire di aver comprato 180 metri quadri con vista sul Colosseo a 610.000 euro. Qui non si reclama la giustizia, non si chiamano i carabinieri, non si chiede aiuto alla magistratura, non si fa appello al buon senso, al buon gusto o all'onestà. Tenga duro ministro, non molli. Siamo un po' confusi tutti, i concetti astratti non ci piacciono più, ci piacciono invece gli esempi concreti. Ogni volta che penseremo a come è immobile, bloccato, arretrato e triste questo Paese penseremo al Suo salotto, al Suo condominio signorile, ai Suoi infissi di pregio acquistati al prezzo di un trilocale marcio in periferia. E' bello che lo spessore morale di una classe dirigente abbia una faccia, e questa volta - perdoni - è la Sua.
Cordialmente.