6.4.07

Le campagne anti-gay dell'Avvenire

Provocano danni molto gravi
come il razzismo americano dell'800


Piero Sansonetti

Un ragazzo di sedici anni si è suicidato perché i compagni di scuola lo prendevano in giro e gli dicevano che era gay. E' successo a Torino. La scuola frequentata da questo ragazzo è l'istituto tecnico "Sommelier", che è considerata una delle più prestigiose scuole di Torino. Non è frequentata dai bulli di borgata, ma dai figli della borghesia. Il ragazzo che si è suicidato invece non era borghese, i suoi genitori erano separati, lui viveva con la madre, che è filippina, immigrata, e fa la cameriera. Non conosciamo il suo nome, poniamo che si chiamasse Marco. Era bravo a scuola, e forse anche questo lo rendeva diverso agli occhi dei suoi compagni.
Adesso fermiamoci un attimo a riflettere, il più serenamente possibile, su questa morte. Senza voler dare la colpa a nessuno, anche perché tutti sappiamo benissimo che il suicidio di un adolescente non è un fatto rarissimo, che è molto difficile definirne le origini e le ragioni, che quasi sempre è legato a episodi di depressione, magari poco evidenti, o forse solo ad una valutazione pessimista e negativa sul valore della vita, cioè - diciamo così - a fattori "filosofici" molto alti e indecifrabili.
Però ci sono due elementi che hanno avuto un peso, evidentemente, in questa vicenda, dai quali è possibile trarre alcuni suggerimenti. Uno di questi elementi è il "fattore-scuola", l'altro elemento è il "fattore omosessualità".
Fattore scuola: la mamma di Marco più di un anno fa era andata a parlare coi responsabili della scuola e aveva segnalato la situazione difficile nella quale si trovava il suo ragazzo, per via del comportamento aggressivo, persecutorio dei suoi compagni. Se la scuola non riesce a impedire una situazione così, non è capace di intervenire, di spiegare, di educare, di prevenire, non è una buona scuola. E forse non lo è anche perché ormai da molti decenni è stata lasciata all'abbandono, ha perso le sue finalità, la spinta propulsiva di qualche decennio fa, e forse è tornata la scuola di quella "professoressa" della quale parlava Don Milani, che serve a selezionare, a discriminare, non a unire le generazioni e a distribuire equamente il sapere e le conoscenze.
Fattore omosessualità: Marco era gay? E' una domanda che non sta in piedi, Marco aveva 16 anni, viveva quella fase del sesso assai aperta, di transizione, di curiosità, che è l'adolescenza. E' il momento nel quale si definisce la propria sessualità, si stabilizzano i gusti. Il problema non è se marco fosse o no gay, è piuttosto come Marco vivesse questa eventualità. Che evidentemente considerava una sciagura, forse una condanna, una tragedia. Perché? Per due ragioni. La prima è che in Italia è difficile vivere bene la propria vita se si è gay, perché c'è un insieme di leggi, norme, abitudini e pregiudizi che non ti rendono facili le cose. La seconda ragione è che è in atto una campagna, guidata dal Vaticano, di demonizzazione e di persecuzione verso i gay e le lesbiche, che ha condizionato fortemente l'opinione pubblica, l'ha spinta indietro di decenni. Giusto l'altro ieri su un giornale serio come Avvenire , uno studioso prestigiosissimo come Carlo Cardia, (criticando i DiCo) scriveva (per dimostrare l'assurdità delle unioni civili) testualmente queste frasi: « Ai giovani la legge direbbe di essere indifferente alla forma che assumono le relazioni umane fondamentali...ai giovani la legge direbbe che eterosessualità e omosessualità sono la stessa cosa... che la famiglia non interessa più la collettività, che lo Stato le pone sullo stesso piano, che ciascuno può comportarsi come crede... ». Ai giovani del Sommelier di Torino, purtroppo, nessuno ha detto queste cose (che Cardia giudica orride e incivili), perciò quei ragazzi non hanno capito che siamo tutti uguali, che abbiamo gli stessi diritti, la stessa dignità. Non lo capivano neanche i razzisti bianchi americani, nell'ottocento (e dopo). Qualcuno di loro, in polemica con Lincoln e gli abolizionisti, avrebbe potuto scrivere: « Ai giovani la legge direbbe di essere indifferente alla forma che assumono le relazioni tra padrone e schiavo...ai giovani la legge direbbe che bianchi e negri sono la stessa cosa, che i diritti dei bianchi non interessano più la collettività, che lo stato pone sullo stesso piano la razze, che ciascuno, anche i negri, possono comportarsi come credono... ». L'omofobia che oggi pervade parti del clero e della borghesia assomiglia come una goccia d'acqua al razzismo dei padri del Ku Klux Klan.
(liberazione.it)

5.4.07

Wikipedia, epigoni ed errori

Dove va il colosso web con i suoi 6,8 milioni di voci (di cui 1,7 milioni nella versione inglese), 250 lingue diverse di pubblicazione, tra i primi dieci siti più visitati del mondo
Carola Frediani

Dalle Hawaii a Oxford. L'ultimo successo di Wikipedia - l'ormai popolare enciclopedia online - è stato l'inclusione del termine «wiki» nel dizionario di Oxford. Nel viaggio dalle isole americane al vocabolario britannico, la parola ha mutato significato: se in origine significava «veloce» oggi indica un sito web aperto al contributo degli utenti, ovvero facilmente modificabile dai navigatori, che possono aggiornare, correggere o cancellare i suoi contenuti. A trasformare l'esotico vocabolo nella nuova parola d'ordine del web, a farne cioè una hit planetaria è stata ovviamente Wikipedia, la prima enciclopedia scritta e continuamente riscritta dai suoi lettori. Ma più che l'inclusione nel dizionario, a consacrare la modalità wikipediana di creare informazione sono state le parole di Grame Diamond, redattore dell'Oxford English Dictionary: «Si può dire che l'atteggiamento di apertura del nostro dizionario verso il contributo del pubblico e il desiderio di incorporare le segnalazioni dei lettori nel testo suggeriscano un ethos non dissimile da quello del wiki». Ecco chi ha dettato la linea negli ultimi sei anni.
L'ethos di Wikipedia è stato un fiume che ha travolto il mondo online, fertilizzando la cultura della partecipazione, e obbligando strutture accademiche tradizionali - come l'Enciclopedia Britannica - a scomodi confronti. Del resto basta guardare i numeri di questa colosso web: 6,8 milioni di voci (di cui 1,7 milioni nella versione inglese), 250 lingue diverse di pubblicazione, tra i primi dieci siti più visitati. E il tutto a disposizione gratuitamente, senza nemmeno la pubblicità: come si sia riusciti ad arrivare a tanto forse nemmeno il suo creatore Jimmy Wales, l'ex-trader convertitosi alla collaborazione online, sa davvero spiegarlo. Bisogna però dargli atto di aver mantenuto il progetto coerente: «Due anni dopo aver fondato Wikipedia, l'ho donata alla fondazione Wikimedia (l'organizzazione no-profit che gestisce l'enciclopedia, ndr) - ha dichiarato Wales al New Scientist - Penso sia stata la cosa più stupida e insieme più intelligente che abbia mai fatto. Stupida perché ritengo che valga circa 3 miliardi di dollari, e io tutti quei soldi non ce li ho! Ma anche intelligente perché non avrebbe riscosso lo stesso successo se non fosse stata costruita in questo modo».
E tuttavia, malgrado questo percorso in discesa, oggi non è un momento buono per la creatura di Wales, esposta sempre più spesso a critiche, attacchi ed errori che potrebbero obbligarla ad alcuni ripensamenti. E' vero che alcune di queste bordate sono dei tentativi parassitari di ottenere visibilità, come nel caso di Conservapedia, un progetto wiki per costruire un'enciclopedia politicamente conservatrice, alternativo alla troppo liberal Wikipedia. Ma alcune sono invece il risultato di nodi non risolti: ne sa qualcosa Larry Sanger, co-fondatore di questa enciclopedia online insieme a Wales, ma successivamente allontanatosi perché in disaccordo con l'eccessiva apertura di Wikipedia, con il suo giacobinismo partecipativo. Sanger ha deciso di buttare l'acqua sporca e di tenere il bambino: ovvero di creare un «compendio dei cittadini», riducendo però il rischio di errori e vandalismi nelle voci. Ecco quindi, il 25 marzo, debuttare Citizendium, che chiede agli utenti di rinunciare all'anonimato (contrariamente a quanto possibile su Wikipedia) e che si appoggia a un gruppo di accademici perché supervisionino gli articoli. L'obbligo di identificarsi dovrebbe accrescere - questo è il ragionamento - l'accuratezza del sito, oltre che incentivare la partecipazione di utenti colti e di specialisti.
Citizendium cerca indubbiamente di migliorare il prodotto della collaborazione online, anche se va a ritoccare il dogma egualitario su cui, in ultima analisi, si è fondato l'exploit di Wikipedia.
D'altra parte Wales&company sono ormai consapevoli della necessità di trovare delle soluzioni agli errori e ai vandalismi - per altro sempre ben evidenziati dalla stampa mainstream, sadicamente compiaciuta di poter cogliere in fallo i wikipediani. Il punto di crisi sembra essere stato l'episodio di Ryan Jordan, un giovane amministratore di Wikipedia che si spacciava per professore di teologia e che è stato smascherato dalla rivista New Yorker. Wales ha dovuto allontanarlo mentre una bufera di interrogativi si scatenava sulla comunità wikipediana, e sulle credenziali di chi occupa al suo interno ruoli di responsabilità. Anche se bisogna riconoscere che tanta severità è un po' sospetta. In fondo anche il New York Times ha avuto un redattore disonesto, che addirittura s'inventava gli articoli: vi ricordate di Jayson Blair? Il quale naturalmente, proprio come il redattore di Wikipedia, è stato licenziato. Ma nessuno si è sognato di mettere in dubbio la professionalità del quotidiano americano.
Il punto è però ancora un altro, e a metterlo in luce è Seth Finkelstein, programmatore, attivista web e inflessibile critico di Wikipedia: «La retorica sulla peer-production (produzione-collaborazione tra pari) spesso evoca un qualche tipo di processo alchemico - scrive sul Guardian - in cui l'azione collettiva misticamente trasforma la spazzatura in oro. (...) La realtà è molto più terra terra. Spesso, quel che viene ingenuamente scambiato per generazione spontanea è infatti il prodotto di un piccolo numero di persone che sono state indotte a fornire un'enorme mole di lavoro non pagato».
Il giudizio di Finkelstein, fin troppo duro, ha il merito di riportare la discussione sul valore (in tutti i sensi) della peer production e sulla sua collocazione in un sistema dominato dal mercato. Tanto più che il fenomeno wiki ha ormai sfondato nell'economia reale, vezzeggiato da aziende ed economisti che decantano le virtù della partecipazione delle masse internet in tutte le loro diverse declinazioni, dal crowdsourcing alla wikinomics. Mentre c'è tutto un mondo corporate che ha adottato gli strumenti wiki per migliorare la produttività: da Intelpedia di Intel a WikiCentral di Ibm, da Nokia a Sony, progetti e documenti aziendali sono sempre più spesso sviluppati in modalità collaborative. Di sicuro c'è che l'avanzata del wiki prosegue rapida come il suo nome.
freddy@totem.to
(ilmanifesto.it)

Rapporti Nielsen e Technorati: web 2.0 e blog all'italiana

Il web 2.0, web sociale, o ancora My.internet, come lo chiamano i ricercatori di Nielsen//NetRatings, va a gonfie vele anche da noi. I dati sono incoraggianti, perché a gennaio di quest'anno più della metà dei navigatori italiani (il 56 per cento) sono entrati in siti 2.0. Sono soprattutto uomini e soprattutto giovani (dai 18 ai 34 anni). E' il primo profilo tracciato dal nuovo Osservatorio web 2.0 creato dalla società di ricerca, che d'ora in avanti darà dati e trend anche del web di seconda generazione all'italiana.

Che qualcosa si muova, con estrema velocità, nel web nostrano è sempre più lampante. Proprio oggi Technorati ha rilasciato il suo consueto rapporto trimestrale sullo stato della blogosfera mondiale, che riguarda, in questa uscita, l'ultimo trimestre del 2006. E, sorpresa, tra le nazionalità l'Italia risale la china, si accosta agli spagnoli, supera i francesi (che in passato sono stati più prolifici di noi) e si colloca al quarto posto tra le lingue parlate nei blog mondiali. La cui classifica recita così: lingua più parlata è il giapponese (37%); secondo posto per l'inglese (in discesa rispetto ai precedenti report, con il 36%); terzo posto per il cinese (8%); quarto, pari merito, per spagnolo e italiano (3%); quinto per francese, russo e portoghese (2%); sesto per tedesco e farsi, che entra per la prima volta nella top ten delle lingue più diffuse nei blog. Il fenomeno dilagante è dunque quello della diffusione della socialità e dei contenuti generati dagli utenti nel Medio Oriente.

In generale, mentre nel mondo si creano 1,4 blog al secondo ogni giorno, ovvero 120mila nuove entrate in rete ogni 24 ore, l'Italia tutto sommato reagisce con estremo interesse alla possibilità di inserire user generated contents. Nielsen//NetRatings distingue diverse tipologie di siti nella famiglia 2.0: dalle "community" formate da 8 milioni di utenti (la categoria più gettonata), al gruppo dei "giganti" formato dalla triade dei più noti, YouTube, MySpace e Wikipedia (con un totale di 7 milioni di navigatori), alla categoria dei "blog" e a scendere, ancora, i siti di video, quelli di sharing e hosting fotografico, quelli di social searching, quelli di virtual life.

(visionblog)

4.4.07

SECOND LIFE

SECOND LIFE/1 - Vita da newbie

Come promesso, ecco il primo di una serie di racconti con cui il mio avatar cercherà di descrivere le tappe principali della sua vita virtuale. Il secondo appuntamento è per mercoledì prossimo.

Divertente nascere in Second Life! Perché? Perché non è la natura a decidere che sesso avrai: sta a te scegliere se essere maschio o femmina, e comunque sia potrai decidere di cambiare sesso in qualsiasi momento della tua seconda esistenza. Io però non ho avuto dubbi: il mio fiocco doveva essere rosa, qualcosa (qualcuno?) mi diceva che in questo modo avrei avuto la vita un po' più facile.

Così, dopo aver registrato il mio nome all'anagrafe dei Linden e aver deciso di appartenere al genere della "ragazza della porta accanto", ero pronta per nascere. E così è stato.
Lentamente, ho cominciato a prendere forma e tutto quello che mi circondava è diventato via via più nitido e definito: un prato, degli alberi, cielo azzurro, un cartello di legno sul quale sono riuscita a leggere (so già leggere!) "Welcome to Orientation Island", un sentiero e poi... Altri avatar! Tutti appena nati, ma già adulti, come me, e molti perfettamente identici tra loro.

Ed è così che mi sono accorta di essere anche io una specie di clone, perché appena sono riuscita a vedermi ho realizzato che attorno a me c'erano almeno 5 mie sosia, e la cosa non mi ha fatto granché piacere, lo ammetto.
Tuttavia, una volta superato il piccolo trauma dell'arrivo, ho provato a muovere i primi passi, riuscendoci subito senza grande difficoltà. E camminando ho potuto avvicinarmi agli altri, guardarli in viso e notare che sul volto di ognuno era dipinta la stessa espressione, a metà tra l'indifferenza e la perplessità. Preoccupante, ho pensato.

Ma subito la mente è corsa a tutt'altro, perché qualcuno ha pronunciato il mio nome, attirando la mia attenzione. E allora mi sono resa conto che anche io avevo il dono della parola e potevo comunicare con chiunque, facilmente.La prima cosa che ho detto è stato "hi!", ciao, e da quel momento in poi non ho più smesso di parlare, e sono sicura che qualcuno dei miei SL friends, se potesse intervenire, direbbe che il governatore Linden (il padrone di questo mondo) dovrebbe inventare un limitatore di chiacchiere appositamente per me :- ).
"E ora che si fa?" ho chiesto a chi mi era accanto, e Bebe (appartenente al genere delle "ragazze da nightclub") ha proposto di fare un giro nei dintorni, per dare un'occhiata.
Così, assieme a un gruppetto di coetanei mi sono avventurata lungo il sentiero di Orientation Island, scoprendo una serie di cartelli che recitavano "click me": ho così appreso che posso toccare e spostare gli oggetti (posso farlo anche da lontano! La cosa richiede un po' di pratica, ma io imparo velocemente), modificare il mio aspetto fisico e gli abiti che indosso… Ho il potere di cambiare tutto, ogni minimo dettaglio, lasciandomi semplicemente guidare dalla fantasia (splendida scoperta della non omologazione!). Quindi, emozionata, ho domandato "Scusate, qualcuno sa indicarmi dove posso trovare qualche abito di ricambio? Magari un vestitino…", e la risposta è arrivata da un avatar completamente diverso da noi, sia nell'aspetto fisico che nell'abbigliamento.

"Ciao, io sono un mentore, sono qui per aiutare voi newbies. In SL troverai tutti gli abiti che desideri e molto di più, cerca i freebies. Ma devi essere paziente, hai tante cose da imparare prima di lasciare questa regione lol. Se hai bisogno chiamami pure. Feel free to explore!".
Mentre parlava l'ho passato ai raggi x, pensando "Wow!" (sì, perché intanto ho anche imparato a zoomare sugli oggetti e sulle persone, per guardare da vicino, se ne vale la pena), ma poi ho raccolto le idee e mi sono chiesta "Lol? Newbies? Freebies? Imparare? Uff! Lasciare questa regione per andare dove? Esplorare cosa?…".

E la scoperta più interessante è arrivata proprio a questo punto, stampata a chiare lettere sull'ultimo cartello alla fine del sentiero: flying.
…Volare? Posso volare?! :-D


Seconda puntata: Via dal nido
Terza puntata: A.A.A. Lavoro cercasi
Quarta puntata: Mettere radici
Quinta puntata: Home, sweet home
Sesta puntata: Tempo di business
Settima puntata: A spasso nel metamondo
Ottava puntata: Spazio ai sentimenti, quelli buoni
Nona puntata: La voce dei "vecchi" saggi. Sandy
Ultima puntata: La voce dei "vecchi" saggi. Winkler


(visionblog)