di UMBERTO GALIMBERTI
MA ATTRAVERSO quali processi i nostri ragazzi costruiscono la loro identità e l'autostima di sé? Attraverso processi molto arcaici e primitivi, a giudicare dal fatto che tra i video più cliccati su Google c'è quello girato in una scuola superiore italiana da un gruppo di ragazzi che, senza pietà, menano e umiliano un compagno Down. Si sa che i Down sono molto miti e affettuosi, quasi la natura avesse compensato il loro difetto genetico con l'affetto che inducono con la loro gestualità impacciata ma commovente.
Commovente per tutti, ma non per quella moltitudine di ragazzi che traggono soddisfazione identificandosi con quei coetanei che pensano che la natura ci ha dato mani e piedi solo per menare il prossimo. Naturalmente quando il prossimo è ritenuto più debole di noi. L'umanità ha fatto un percorso lunghissimo per passare dalla violenza del gesto alla discussione con la parola.
Oggi stiamo spaventosamente regredendo. E costruendo fin dalla più tenera età ragazzi che cercano la loro identità nella forza. Non nella forza del carattere, e neppure nella forza del pensiero, ma, nella completa afasia del cuore e della mente, nella forza dei muscoli, naturalmente dopo aver opportunamente valutato che la propria forza superi quella dell'altro.
E nel loro cuore latita non dico l'amore, sentimento troppo sofisticato per i loro cuori, ma la commozione che non devi fare nessuno sforzo per trovare. Viene da sé, tocca il tuo cuore per il semplice fatto che di fronte a te hai un tuo simile, e per giunta più svantaggiato di te.
"Senza cuore" non è un'espressione patetica. Significa che in te non si è formato quel sentimento di appartenenza alla comunità umana già presente nel mondo animale, dove tendenzialmente il simile non attacca il simile. Il senso di appartenenza non è una conquista culturale, è un dato naturale che accomuna tutte le specie e, al loro interno, le salvaguarda.
Dobbiamo allora pensare che la nostra cultura sia così degradata da infrangere, sin dalla giovane età, non solo il precetto universale di amare il prossimo, presente in tutte le religioni, ma anche il ribrezzo naturale di accanirsi sul più debole? Sì, dobbiamo pensarlo se è vero che quel video è tra più visti sul Web.
E allora la scuola, prima delle discipline che è incaricata a insegnare, prima dell'educazione civica impartita per avviare all'osservanza della legge, dovrebbe incominciare a indagare se i fondamentali della natura umana sono ancora presenti e attivi nei ragazzi che ogni giorno vanno a scuola e poi a casa accendono il loro computer per identificarsi con quell'aggressività malsana che fraintende la crudeltà con la forza e l'affermazione della propria identità con l'accanimento fisico sul più debole e il più indifeso.
Scuola, scuola, scuola. So che i compiti che oggi vengono affidati agli insegnanti sono molti. Ma incominciamo da questo, perché senza il più elementare dei sentimenti umani, nessun processo culturale può partire.
la Repubblica (12 novembre 2006)
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