4.10.11

Il tifo della platea americana

Vittorio Zucconi (La Repubblica)

Amanda è innocente. Dunque l´America è innocente. Le campane a festa dei televisori americani si sono sciolte alle 9 e 50 della sera, nel finale di un dramma che ha assolto due innocenti e sembra aver lavato l´onore della nazione che l´aveva seguita come un´eroina.

«Drammatico! Drammatico!» esclamava agitato Wolf Blitzer della Cnn nel Te Deum collettivo di un´America che si era identificata con quella ragazza diventata legalmente e ingiustamente assassina, in terra straniera, come se le parole dovessero sottolineare quello che da quattro anni era stato costruito in un crescendo rossiniano. L´America che pretende il diritto di processare, giudicare a volte giustiziare anche cittadini stranieri come è accaduto in passato, aveva trovato in Amanda Knox il segno di un´offesa nazionalistica, ancor prima che giudiziario, vista la evidente precarietà degli indizi contro di lei e contro Raffaele Sollecito. E persino il Dipartimento di Stato ieri sera ha ritenuto di dover esprimere la propria soddisfazione per "l´attenta considerazione della vicenda nell´ambito del sistema giudiziario italiano".
L´America processa, ma non tollera di essere processata. Quella che nella narrazione dell´accusa era stata descritta come una diavolessa affamata di sesso e di orge, era cresciuta, in proporzione inversa nella opinione pubblica Usa, come una casta diva caduta in una ragnatela di uomini inetti e malvagi.
La veglia di una nazione eccitata da una giornata di «slow news», di scarse e banali notizie - un incendio in Texas, le udienze del processo per la morte di Michael Jackson e l´immancabile «prima neve» caduta sulla Pennsylvania - era cominciata con l´orazione autodifensiva della «Fanciulla del West», tradotta in simultanea su tutte le reti di notizie 24/7, a tutte le ore tutti i giorni.
Nella fame insaziabile delle reti televisive «all news», di notiziari continui come Cnn, Fox News, Msnbc, casi come questo processo al processo, dove la vera imputata era la Giustizia italiana e i suoi misteriosi riti, sono nutrimento perfetto per quella che i giornalisti delle tv chiamano «the beast», la belva che va continuamente alimentata. Casi come questo della studentessa impigliata nel fermaglio di un reggiseno e nel mondo crepuscolare di una città straniera sono stati perfetto melodramma, con prologo, coro, balletti, luci di riflettori accesi nella notte contro la facciata del Tribunale di Perugia, gabbioni, poliziotti e carabinieri in uniforme come in un film dell´orrore. Un film verità, con quinte, scenari, comparse, protagonisti, sangue, sesso e la perfetta «ingenue», la vittima travolta dal destino e salvata in extremis. «Dobbiamo capire che siamo di fronte a un sistema giudiziario completamente diverso dal nostro» spiegava James Tubin, l´esperto legale della Cnn ed ex magistrato lui stesso, illustrando i misteri del processo d´Appello italiano. L´elemento dell´esotico, la forza della penombra di un´antica, bellissima e innocente città umbra, sono stati scenari essenziali nella sceneggiatura di un dramma profondo e autentico nella sostanza di una vita stroncata, quella della vittime e di due vite appese a una sentenza, quella di Sollecito e della Knox.
Ed era curioso che nel tribunale dell´opinione pubblica americana, quello che ha processato e condannato la macchina delle indagini «approssimative», «contaminate nelle prove», «condotte con guanti sporchi» e «al di sotto degli standard minimi internazionali» secondo l´esperto dello Fbi e professore alla Boise State University, Greg Hampikian interpellato da ogni studo tv, non si accennasse mai alla sola vittima certa, Meredith Kercher. L´invocazione della vittima è uno dei mantra della giustizia americana, ma non per Meredith.
L´incubo di Amanda era diventato la delizia dei produttori di televisione, decisi a titillare e quindi tenersi stretto il pubblico con un conto alla rovescia durato le undici ore della Camera di Consiglio e rinfocolato dal sempre efficace trucco delle «breaking news». Quindici minuti, quattro minuti, annunciavano gli inviati e le inviate, narrando i dettagli delle ore in cella di Amanda «che recitava preghiere e intonava salmi e inni religiosi», elemento cruciale per il folto pubblico di devoti cristiani.
«Si terge le lacrime dal viso» mormorava l´anchor woman di Fox News, con il groppo lei stessa in gola, mentre la segretaria del gruppo di sostegno e di ascolto a Seattle, «Friends of Amanda» raccontava che nella città sul Pacifico gli amici e i sostenitori innocentisti «si erano raccolti alle quattro e mezza del mattino», a nove fusi orari da Perugia, «per fare colazione insieme, farsi coraggio e ascoltare le parole di Amanda». Alla fine, un processo a una cultura diversa, uno scontro di culture, prima che un caso giudiziario. Se un sonoro resterà per sempre nella memoria dei telespettatori americani che hanno seguito il lancio dell´assoluzione alla una del pomeriggio di Seattle sarà il coro di «buuuu» e di «vergogna» udito all´uscita dall´aula, mescolato alle grida di «vittoria, vittoria», secondo lo schema del tifo calcistico e delle curve. Amanda, appena avrà il proprio passaporto convalidato, volerà verso le isole, le foreste e gli istmi del Nord Ovest. «Ma perchè gli italiani non vogliono credere che questa ragazza sia innocente?» si domandava Wolf Blitzer. Dimenticando che sono stati giudici e giurati italiani a scrivere il lieto fino del melodramma.

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