di Luciano Gallino, da Repubblica 
L'intervista concessa giorni fa dalla Cancelliera Merkel alla Frankfurter Allgemeine, apparsa anche su Repubblica,  si presenta con due facce. La prima è quella di un manifesto  elettorale, in vista della tornata di settembre. Angela Merkel è nota  per saper interpretare come pochi altri politici le idee e gli umori del  cittadino medio del suo paese.
Che si possono così compendiare:  noi lavoriamo sodo, sappiamo fare il nostro mestiere e amministriamo con  cura il denaro pubblico e privato; quasi tutti gli altri, nella Ue,  lavorano poco, sono degli incapaci e vivono al di sopra dei loro mezzi.  La seconda faccia dell'intervista è una calorosa difesa delle politiche  di austerità e delle riforme che la Cancelliera ha imposto ai Paesi Ue  affinché risanino i bilanci pubblici e riducano i debiti. Ogni  personaggio politico sceglie le strategie comunicative che crede ed è  probabile che quelle di Angela Merkel le assicurino il terzo mandato  consecutivo. Su di esse non c'è quindi nulla da dire. Ma la difesa  strenua dell'austerità e il messaggio implicito nell'intervista "i Paesi  Ue sono pieni di debiti e noi no, per cui ci tocca insegnargli come si  fa ad uscirne" meritano qualche osservazione. 
La prima è che la  Germania, se si guarda alla sua storia, non ha nessun titolo per  impartire lezioni in tema di debiti. Un paio di anni fa un docente  tedesco di storia economica, Albrecht Ritschl, ebbe a definire la  Germania, in un'intervista a "Spiegel Online", il debitore più  inadempiente del XX secolo. La Germania di Weimar aveva contratto tra il  1924 e il 1929 grossi debiti con gli Stati Uniti per pagare le  riparazioni dellaI Guerra mondiale. La crisi economica del 1931 consentì  al paese debitore di azzerarli, con un danno enorme per gli Usa. La  Germania di Hitler smise semplicemente di pagare le riparazioni, sebbene  esse fossero state drasticamente ridotte a confronto dell'entità  punitiva indicata dal trattato di Versailles del 1919. Per parte sua il  nuovo stato federale ha pagato somme minime per i danni provocati dalla  Germania nella II Guerra mondiale, grazie anche al benvolere degli  americani che gradivano si rafforzasse per fare da argine all'Urss.
Ma  soprattutto non ha pagato quasi nulla per restituire ai Paesi europei  occupati tra il 1940 e il 1944 le ingenti risorse economiche che la  Germania nazista aveva prelevato a forza da essi. Lo stesso professor  Ritschl ha stimato, in un articolo presentato nel 2012 alla 40a  Conferenza di Scienze Economiche, che in moneta attuale codesto debito  verso l'estero ammonterebbe a 2,2-2,3 trilioni di euro, equivalente  all'incirca a un anno intero di Pil della Germania attuale. Avesse  dovuto restituire anche soltanto un trilione ai Paesi spogliati dai  nazisti, la nuova Germania avrebbe dovuto sborsare decine di miliardi  l'anno per parecchi decenni.
A parte l'oblio del pessimo record  della Germania come debitore, la orgogliosa difesa delle virtù  dell'austerità che Angela Merkel fa nella sua intervista male si accorda  con le cifre. Secondo dati Eurostat nei Paesi Ue si contano oggi oltre  25 milioni di disoccupati e 120 milioni di persone a rischio povertà per  varie cause: reddito basso anche quando lavorano, gravi deprivazioni  materiali, appartenenza a famiglie i cui membri riescono a lavorare  soltanto poche ore la settimana. La scarsità di impieghi, i tagli alla  spesa sociale e all'occupazione nel settore pubblico hanno ridotto male  anche le classi medie dei Paesi Ue.
Neanche i lavoratori tedeschi  se la passano bene. I "minijobbers", coloro che debbono accontentarsi  dei contratti da 450 euro al mese sgravati da tasse e contributi  sociali, sono in forte aumento e si aggirano oramai su 8 milioni, circa  un quinto delle forze di lavoro. Tra le cause di tutto ciò va annoverata  la crisi, certo. Ma la crisi è iniziata sei anni fa. La recessione che  ha provocato avrebbe dovuto essere combattuta in modo rapido e deciso  con un aumento mirato della spesa pubblica,ei governi europei avevano il  sacrosanto dovere di farlo dopo che avevano salvato le banche private a  colpi di trilioni di denaro pubblico. Tuttavia sotto la sferza del  governo tedesco essi adottarono la più dissennata delle politiche  concepibili dinanzi a una recessione: la contrazione della spesa.  Perfino gli economisti del Fmi, per decenni fautori dei più duri  aggiustamenti strutturali, sono arrivatia scrivere che l'austerità nella  Ue ha prodotto risultati negativi. È rimasta la signora Merkel a  vantarne i benefici.
La stessa Cancelliera e il governo tedesco  dovrebbero inoltre ricordarsi più spesso che la prosperità della  Germania deve molto alla sottovalutazione del "suo" euro, senza la quale  i 200 miliardi di eccedenza delle esportazioni sulle importazioni - 80  dei quali sono generati entro la Ue - si ridurrebbero a poca cosa. A  fine 2011 un team di economisti della Ubs aveva stimato che l'euro  tedesco fosse sottovalutato del 40 per cento.
Altre fonti recenti  indicano che esso vale2 dollarie non 1,40 come dice il cambio ufficiale  - uno scarto appunto del 40 per cento. E pochi mesi fa Wofgang Münchau  del "Financial Times", senza fare cifre, parlava di "enormi squilibri"  tra il valore dei diversi euro dell'eurozona. Tali squilibri, tra cui  primeggia quello tedesco, sono dovuti al fatto che essendo l'euro una  moneta unica, il suo valore nominale non può variare in modo da  compensare le differenti capacità di produrre ed esportare delle  economie europee. Se così fosse, le esportazioni tedesche sarebbero  diventate da tempo assai più care. Ora non ci permetteremo qui di  definire i tedeschi "portoghesi d'Europa", come ha fatto qualche  commentatore, ma un miglior apprezzamento dei vantaggi differenziali che  l'euro reca alla Germania da parte del suo governo sarebbe gradito.
Ad  onta dei suoi difetti di nascita, di un trattato istitutivo che  assomiglia più allo statuto di una camera di commercio che a un  documento politico, dei suoi squilibri interni, l'Unione europea rimane  la più grande invenzione politica, civile ed economica degli ultimi due  secoli. Per continuare a rafforzare tale invenzione gli stati membri  hanno bisogno della Germania, così come questa ha bisogno di loro.  Gioverebbe a tale processo poter discutere con governanti tedeschi che  tengano più presente la storia economica e sociale del loro Paese, siano  meno altezzosi nei confronti dei Paesi che giudicano colpevoli per il  solo fatto di essere indebitati (non a caso Schuld in tedesco significa  sia colpa che debito), e studino magari un po' di economia per capire  che l'austerità in tempi di recessione è una ricetta suicida. Per chi è  costretto ad applicarla, ma, alla lunga, anche per chi la predica.  Inutile aggiungere che allo stesso sviluppo gioverebbe avere negli altri  Paesi, compresa l'Italia, dei governanti che a Berlino o a Bruxelles  non vadano soltanto per dire che il loro Parlamento approverà senza  condizioni qualsiasi trattatoo dettato che le due capitali (una, in  realtà) si sognino di confezionare.
I link ai giornali degli articoli spesso cambiano e diventa difficile se non impossibile recuperare i testi ai quali si riferivano. Questo è l'archivio on-line del blog Giornale-NOTIZIEOGGI
27.8.13
15.8.13
Egitto, governo: “578 morti in scontri”. Polizia autorizzata a sparare
Represse nel sangue le manifestazioni contro l'esercito. Coprifuoco in tutto il Paese. I Fratelli musulmani denunciano più di 4500 vittime, ma indicono una nuova mobilitazione contro le forze armate. In fiamme il governatorato di Giza. Obama: "Gli Usa non parteggiano per nessuno"
[ndr: ma sovvenzionano l'esercito egiziano con 2 miliardi di dollari l'anno]
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