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30.10.13

CISL, GLI AFFARI D'ORO DI BONANNI CON LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

di Salvatore Cannavò (Il fatto quotidiano)

La Cisl, con la crisi impe­rante, è costretta alle pu­lizie di casa. Soprattutto sul lato della struttura fi­nanziaria, dismettendo le attività estranee a quella tipicamente sindacale e che qualche guaio hanno finora creato al suo segretario, Raf­faele Bonanni. Il quale, non volendo più es­sere associato ad attività che poco hanno a che vedere con la tutela dei lavoratori e che, in alcuni casi, denotano un vistoso conflitto di interessi, ha deciso di sbaraccare tutto.
Nel corso dell'estate è iniziata la ritirata strategica: dismissioni di quote azionarie in attività di viaggio e turismo, via la coope­razione internazionale ma, soprattutto, marcia indietro nella gestione della società più importante del mondo Cisl. Eustema nasce a fine anni '80 su iniziativa di tre gio­vani ingegneri di area Cisl che andarono dall'allora segretario, Franco Marini, per chiedere sostegno nell'avvio di una strut­tura, allora innovativa, di ingegneria infor­matica, allestimento di software, realizza­zione di siti web e gestioni integrate per aziende pubbliche e private. Si cominciò con una joint-venture con la società leader del settore, la Olivetti, e la stessa finanziaria della Cisl, la Finlavoro.
L'AZIENDA E' CRESCIUTA molto arrivando, lo scorso anno, a fatturare oltre 43 milioni di euro con un utile netto di 1,5 milioni. A sop­portare questa crescita, un parco clienti di tutto rispetto: strutture come A2A, Adr, Bnl, Agenzia del Demanio, Comune di Ro­ma, Consiglio di Stato, Enac e Enav, Fer­rovie dello Stato, Guardia di finanza, Ibm, Inail e Inps, vari ministeri, Poste Italiane, Telecom Italia e molte altre. L'anomalia è facilmente intuibile: una lunga lista di strut­ture pubbliche, in cui il ruolo della Cisl è tutt'altro che secondario, sostengono l'attività, e gli utili, di un'azienda di proprietà della stessa Cisl. Conflitto di interessi del tutto particolare, quindi, tanto che nel 2011, Cgil, Cisa e Usb dell'Inps firmarono un do­cumento comune per de­nunciare un possibile "conflitto di interessi o almeno una questione etica". I competitori del­la Cisl denunciavano che "la spesa per infor­matica dell'Istituto pre­videnziale è cresciuto dai 185 milioni del 2006 ai 500 milioni del 2011".
La partecipazione della Cisl in Eustema, fino a quel momento, era sud­divisa tra la finanziaria del sindacato, Finlavo­ro e la federazione dei pensionati. Ma nel 2010 iniziano una serie di operazioni finanziarie. Viene costituita una struttura ad hoc, Inno­vazione lavoro Srl cui viene conferito il 33,6% di Eustema. Innovazione lavoro, a sua volta, faceva capo a un'altra struttura, Laboratorio del lavoro, associazione "non ricono­sciuta" che ha sede a Roma, in via An­cona 20, stesso indirizzo della control­lata e facente capo al segretario Cisl, Raffaele Bonanni e al fiduciario del sindacato di via Po per tutte le ope­razioni finanziarie, Donatello Bertoz­zi.
Nell'agosto di quest'anno, però, Labo­ratorio del lavoro, in ossequio alla li­nea di dismissione, vende le proprie quote in Innovazione lavoro a due so­cietà, E-World Consultante e Marises srl, che fanno riferimento ai due fon­datori di Eustema, Enrico Luciani e Stefano Buscemi, oltre che a fiduciare emanazione di banche popolari. Que­st'ultima, però, a maggio vendono le proprie quote ai parenti dello stesso Luciani. L'incasso della cessione è si­gnificativo: 1,5 milioni di euro che La­boratorio del lavoro, assicurano in Cisl, -"ha provveduto già a girare nelle casse del sindacato". Si tratta di un introito straordinario importante per il bilancio del sindacato che, nel 2012, ha chiuso con una perdita di 1,13 milioni di euro.
RESTA LA STRANEZZA di un'operazione che vede come controparti società che han­no tutte la stessa sede: anche E-World, in­fatti, ha domicilio in via Ancona 20. La Cisl assicura che si tratta di una compravendita in cui si sono impegnati i dirigenti di Eu­stema "i quali hanno a cuore il futuro della società" ma allo stesso tempo ammette che l'azienda inizia a soffrire sul fronte delle commesse pubbliche. Strano, quindi, che i due dirigenti si assumano un peso così ri­levante. Va comunque detto che la Cisl resta in Eustema con Finlavoro, detenendo diret­tamente il 35% delle quote, garantendo, per il momento, la presenza e l'accesso a even­tuali dividendi. Grazie ai quali, Finlavoro può registrare a bilancio immobilizzazioni finanziarie per 1,6 milioni di curo di cui ol­tre un milione detenuto in fondi di inve­stimento.
Se l'annuncio di ritirata strategica è quindi parziale sul fronte finanziario - e visto l'in­treccio tra le società, non del tutto certo - la Cisl non dismette certamente la proprietà immobiliare fondata su 5000 locali, tutti utilizzati per la propria attività sindacale, e fiore all'occhiello dell'or­ganizzazione. Ma resta in piedi la partecipazione a un'altra struttu­ra inconsueta, la Marte broker, società di brokeraggio assicura­tivo posseduta al 50% con il Gruppo Gpa che, come recita la brochure aziendale, "ha maturato una notevole espe­rienza nel settore degli Enti pubblici". Tra i clienti, infatti, ci sono "oltre 700 tra Enti e Aziende pubbliche" rap­presentati in larga misura da Enti locali, Aziende sa­nitarie e ospedaliere, So­cietà di Servizi pubblici. Alcuni esempi: il Comune di Bologna, le regioni Emilia Romagna, Mar­che e Sicilia, il Ministero della Salute, le province di Livorno e Bologna, le autorità portuali di Saler­no e Savona, le società di trasporto pubblico di Mi­lano o di Firenze, l'uni­versità degli Studi di Pa­via o la Scuola superiore S. Anna di Pisa. Ancora strutture pubbliche in cui la Cisl è forte e opera con vigore. Anche finan­ziario.

21.10.08

Se il governo minaccia, ma poi a porte chiuse tratta

Il ministro Prestigiacomo: "Non riusciamo a rispettare Kyoto"
Neanche il nucleare potrà contribuire al conseguimento dell'obiettivo


di Andrea Bonanni

Come accade purtroppo spesso, quando la politica italiana varca i confini nazionali per arrivare in Europa sembra perdere ogni nesso tra quello che annuncia e quello che fa. È successo anche ieri a Lussemburgo, dove al consiglio dei ministri dell'Ambiente il governo italiano ha dovuto affrontare il primo scontro concreto con la Commissione e con la presidenza francese sul pacchetto clima, che dovrebbe essere approvato al vertice di dicembre.

Il giorno precedente l'incontro, il ministro Matteoli aveva solennemente annunciato che Roma avrebbe chiesto di rinegoziare gli accordi di Kyoto. Naturalmente non se ne è fatto cenno, visto anche che quello di Kyoto è un trattato internazionale firmato oltre dieci anni fa e che scadrà tra tre anni. Sempre alla vigilia dell'incontro, fonti del governo avevano reso noto che l'Italia avrebbe chiesto un rinvio della decisione sul nuovo pacchetto Ue al 2009. Ma neppure di questa richiesta si è trovata traccia nei verbali del Consiglio.

Più modestamente, il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, entrando in riunione ha spiegato ai giornalisti che avrebbe domandato a nome del governo di inserire una "clausola di revisione", che è un preciso meccanismo legale, in modo da riaprire il negoziato sul pacchetto clima-energia alla luce di una più attenta valutazione del rapporto costi/benefici. Ma poi, al momento di entrare nella sala delle riunioni, deve essersene dimenticata perché nessuno dei ministri presenti si è accorto di una simile richiesta.

La leggera schizofrenia che circonda la politica italiana all'estero ha avuto anche un consistente strascico alla fine del Consiglio. Il ministro Prestigiacomo, infatti, ha avvertito che se le richieste italiane non saranno accolte non sarà possibile arrivare ad un accordo al vertice di dicembre: "se non ci sarà unanimità, il pacchetto clima non sarà chiuso". Si presume che queste cose, oltre a dirle ai giornalisti, le abbia spiegate anche ai colleghi ministri. Ma questi erano evidentemente distratti. Il presidente di turno, il francese Jean Louis Borloo, ha infatti dichiarato che "vi è una volontà forte degli stati membri per intensificare i lavori e arrivare un accordo sul pacchetto clima ed energia prima di fine anno", ed ha negato che su questi temi esista un "caso Italia".

Ironicamente, il ministro svedese Andreas Carlgren, interrogato sulla dura opposizione italiana, ha spiegato che "da quel che capisco, alcuni ministri sono stati chiaramente più critici nelle dichiarazioni che hanno rilasciato ai loro media nazionali che nel corso della discussione tenutasi al Consiglio".

Al di là della sgradevole impressione che questa dicotomia tra il dire e il fare dovrebbe lasciare nell'opinione pubblica, il fatto che il governo italiano abbia rinunciato ai toni ultimativi è in realtà una buona notizia. Significa infatti che le parti hanno cominciato a negoziare sul serio non sulle questioni di principio ma su concreti dettagli tecnici, dove probabilmente c'è margine per strappare qualche ulteriore concessione.

Un altro positivo ritorno al principio di realtà si è avuto ieri, quando il ministro Prestigiacomo ha riconosciuto esplicitamente che, mentre l'Unione europea riuscirà a rispettare gli accordi di Kyoto, l'Italia non sarà probabilmente in grado di onorare gli impegni assunti. "Dobbiamo cominciare a pensare sul serio che, se continuiamo così, non raggiungeremo l'obiettivo di Kyoto", ha detto il ministro. Ed ha ammesso che "neanche il nucleare potrà contribuire al conseguimento dell'obiettivo, perché non arriverà prima del 2012". L'unica cosa che non ha spiegato è quanto costerà questa inadempienza agli industriali, che ora si preoccupano del futuro pacchetto europeo, e ai contribuenti italiani.

repubblica.it