Due recenti romanzi, «Oh, boy!» di Marie Aude Murail e il «Diario di una schiappa» di Jeff Kinney, presentano agli adolescenti un mondo che per fortuna non coincide cone le fosche visioni degli atei devoti
Francesca Lazzarato
Nell' Italia della Binetti, di Ratzinger e di Ferrara, avvolta nelle nubi di una nuova e dissennata Controriforma e di una vecchia e tenacissima ipocrisia, un'iniziativa del genere sarebbe probabilmente impensabile, ma in Francia esiste da otto anni, senza suscitare censure o particolari imbarazzi: è il sito HomoEdu (homoedu.free.france), gestito da un collettivo di insegnanti intenzionati a fornire a colleghi e genitori, qualunque sia il loro orientamento sessuale, strumenti pedagogici per una educazione antiomofoba e rispettosa della altersexualité, ossia della sessualità non strettamente etero.Ricco di notizie, bibliografie e proposte, animato da continui dibattiti, HomoEdu si occupa anche di libri per bambini recensiti in modo puntuale da Lionel Labosse, e compila fra l'altro una lista di testi consigliati, gli «Isidor», che permettono di affrontare l'argomento attraverso racconti, romanzi, album illustrati o poemetti incantevoli come Medhi met du rouge à lévres di David Dumortier (Cheyne 2006), in cui uno dei migliori fra i giovani poeti francesi racconta con commovente semplicità la storia di un bambino che sin da piccolissimo percepisce se stesso come una bambina.Si tratta di libri spesso eccellenti e che quasi mai sono arrivati fino al pubblico italiano, specie a quello adolescente. È per questo che l'uscita di un romanzo come Oh boy! di Marie Aude Murail (Giunti, pp.187, euro 11,90) non può non incuriosire e perfino consolare, come una rondine che magari non farà primavera, ma che intanto si è magicamente materializzata sugli scaffali delle librerie.Neanche a dirlo, Oh boy! è proprio uno degli Isidor, entusiasticamente proposto da HomoEdu come un piccolo classico - in Francia è uscito nel 2000 - adorato dai lettori giovanissimi, e con ragione; si tratta infatti di un romanzo squisitamente scritto (la Murail è una delle migliori autrici francesi per ragazzi, attentissima allo stile e alla forma) e soprattutto capace di trattare una serie di argomenti tutt'altro che lievi con una sana noncuranza per il politically correct e un delizioso umorismo da commedia brillante, in tutto degno dell'epigrafe di Romain Gary che precede il primo capitolo: «L'ironia è una dichiarazione di dignità, un'affermazione della superiorità dell'uomo su ciò che gli capita». Parafrasando il Mark Twain di Huckleberry Finn, si potrebbe aggiungere che «chiunque sia tentato di considerare questo libro come un romanzo a tesi verrà punito a termini di legge», perché la storia di Venise, Morgane e Siméon Morlevent (abbandonati dal padre e orfani di una madre che si è suicidata bevendo l'Anitra WC) rifiuta l'idea stessa di proporsi come testo militante. Si limita invece a raccontare la vita com'è, affrontando la storia di due bambine e un ragazzo che si ritrovano soli al mondo, chiusi in un orfanotrofio da cui usciranno solo se qualcuno deciderà di prendersene cura: per esempio una sorellastra omofoba che vuole adottare solo la piccola Venise (incantevole biondina e fanatica collezionista di Barbie), o l'effervescente Bart, il fratellastro gay promiscuo e scriteriato, inizialmente inorridito all'idea di occuparsi dei piccoli e ignoti parenti.La storia si complica con la malattia di Siméon, e riusciti personaggi di contorno si affacciano a movimentarla: una giudice tutelare sognatrice e cioccolatomane, una vicina maltrattata (e poi felicemente vedova di un marito rappresentante di biancheria intima, morto lasciando dietro di sé «più reggiseni che rimpianti»), un medico affascinante e riservato che alla fine cederà al fascino di Bart. E così, nonostante l'acida sorellastra noti a ogni pié sospinto che «un omosessuale non può crescere dei bambini», i Morlevent diventeranno una famiglia nata da una scelta e da un incontro che li ha cambiati, fondata su affetto, solidarietà, litigi, tolleranza. Una famiglia uguale a tutte le altre e giustamente diversa da tutte le altre, una delle tante famiglie possibili in un mondo che non coincide con le cupe visioni di atei devoti e papi tedeschi.Se confrontato con la corrente produzione per adolescenti, il romanzo della Murail (piacevole anche per gli adulti) indica una strada da percorrere: quella che vede i giovani lettori come esseri capaci di ragionare e di trarre da soli le proprie conclusioni, piuttosto che come consumatori da lusingare proponendo loro libri e spettacoli oltraggiosamente sciatti e semplificati all'eccesso, in cui l'orizzonte si restringe sino a coincidere con le dimensioni di uno specchio dove contemplarsi all'infinito.Di diversa impostazione, ma gradevole e adatto a ragazzi un po' più giovani è Diario di una schiappa di Jeff Kinney (Il Castoro, pp. 217, euro 11), un libro che negli Stati Uniti è diventato un caso: pubblicato meno di un anno fa, ha occupato il primo posto nelle classifiche del «New York Times» per quaranta settimane. Scritto a stampatello su pagine che simulano un quaderno a righe e punteggiato di vignette, potrebbe far pensare a una quasi-graphic novel per undicenni, e racconta con linguaggio sintetico la vita di un antieroe imbranato e per nulla «popolare», che si destreggia tra i bulli da cui la sua scuola (come le nostre) è piena, l'amico del cuore un po' tonto, il fratello maggiore pronto a fare scherzi vagamente sadici, i genitori irragionevoli.Un testo adatto a lettori «riluttanti» o desiderosi di confrontarsi con un personaggio che conosce le loro difficoltà quotidiane e riesce comunque a crescere e a non perdere il senso dell'umorismo come il mitico Adrian Mole di Susan Tonwsend, capostipite irraggiungibile dei diari di questo tipo. E non va dimenticato che il libro è nato in rete, perché l'autore ha cominciato a raccontare le avventure di Greg, il protagonista, su un sito per ragazzi (funbrain.com/journal/Journal.html). Si calcola che quasi quaranta milioni di ragazzi abbiano letto in video Il diario di una schiappa, il che dovrebbe far riflettere sul presunto abbandono della lettura da parte dei preadolescenti: leggere non è per forza un'attività legata alle pagine di un libro, ed è ora di prenderne atto. Lo spontaneo successo ha convinto Kinney a trasferire il suo antieroe su carta stampata, riscuotendo consensi straordinari, segno del fatto che non sempre dietro le alte vendite c'è il doping del marketing, e che il potere della rete può farla in barba perfino a Harry Potter.
ilmanifesto.it
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