«Magari fosse di due anni il ritardo che separa il Sud dal Nord nell'istruzione: in realtà è un ritardo epocale. Accumulato grazie a un'intera classe politica». Tullio De Mauro, linguista, intellettuale di sinistra ed ex ministro della Pubblica istruzione nel governo Amato 2, interviene nel dibattito sulle dichiarazioni del ministro Maria Stella Gelmini con un'analisi destinata a far discutere, soprattutto nell'opposizione. L'analisi è il frutto di un suo studio sui «dislivelli linguistici».
L'opposizione accusa il ministro Gelmini di bistrattare i professori del Sud. La maggioranza lo difende perché mette in luce i mali della scuola.
«La contrapposizione segue un'uscita poco felice del ministro, peraltro subito rettificata. Ma non mi pare di veder delinearsi due politiche alternative che mettano l'istruzione al centro dello sviluppo della società italiana».
Secondo l'Ocse Pisa, nel Nordest gli studenti sono sopra la media, mentre al Sud scendono a meno 70. Per il presidente dell'Invalsi Piero Cipollone, il gap equivale a un ritardo di 2 anni.
«Magari. Cipollone viene dall'Ufficio Studi di Bankitalia, raro centro d'attenzione ai problemi dell'investimento in cultura. Purtroppo lui e i sostenitori dell'ipotesi "due anni di ritardo" sono ottimisti. Il Sud conosce punte di eccellenza, certo, ma questo non c'entra. Dove gli allievi non raggiungono lo standard il ritardo non è misurabile in anni: è un ritardo epocale».
Nel suo saggio sui dislivelli linguistici, lei traccia un quadro ben più allarmante di quello descritto dalla Gelmini.
Secondo ricerche internazionali attendibili infatti un terzo degli italiani risulta completamente analfabeta e un altro terzo rischia di diventarlo.
«Con Saverio Avveduto, presidente dell'Unione Nazionale Lotta contro l'Analfabetismo, abbiamo spesso ricordato la regola del "meno cinque". Da adulti, se le conoscenza acquisite a scuola non vengono tenute attive, regrediamo di 5 anni rispetto ai livelli massimi raggiunti in gioventù. Apriamo i fascicoli dell'Istat sulla lettura e l'annuario Observa sulla cultura scientifica e scopriamo che i lettori veri sono il 30% della popolazione. Gli stili di vita e la mancanza di istituzioni adeguate (come i centri di pubblica lettura) tolgono agli adulti, anche i pochi laureati, il gusto di imparare cose nuove».
Un altro aspetto del suo saggio che colpisce è il divario tra la scuola elementare italiana — considerata «eccellente » nel confronto internazionale — e la scuola superiore. A che cosa si deve questo gap?
«A due ragioni. La prima: le famiglie riescono a seguire il cammino scolastico dei figli fino alle elementari. Poi vanno in tilt. La seconda: la scuola elementare negli anni Ottanta ha conosciuto una profonda riforma di contenuti e metodi, probabilmente l'unica, realizzata dal ministro democristiano Franca Falcucci mediante un grande ciclo di ri-formazione degli insegnanti elementari».
E per la scuola superiore?
«Tanto chiasso, ma nessuna riforma è mai stata realizzata, anche se nell'opinione pubblica si è fissata l'idea che di riforme ne siano state fatte a decine. Proprio no: salvo sperimentazioni e tentativi, la scuola superiore è rimasta ferma alla riforma Gentile».
Che cosa servirebbe?
«Innanzitutto un sistema di istruzione permanente degli adulti. Inoltre la diffusione di biblioteche e centri di lettura. Proprio come in Trentino e Val d'Aosta: guarda caso le due aree che tirano in alto i dati Ocse della scuola del Nord».
Edoardo Segantini
corriere.it
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