CHIARA SARACENO
A un giorno dalla vittoria elettorale il neo-governatore del Piemonte ha mandato un messaggio chiaro, che sia strumentale o dettato da autentica convinzione
Ora che c'è lui le donne piemontesi (ma forse altri governatori di centro destra seguiranno l'esempio, avviando una nobile gara sulla pelle delle donne) continueranno ad abortire con il massimo del dolore possibile. Proprio ora che, dopo mesi di ritardi e rimpalli sembrava che la Ru486 potesse finalmente essere somministrata anche in Italia, sia pure con maggiori restrizioni che nel resto del mondo, Roberto Cota ha dichiarato che, dato che lui è personalmente contro l'aborto, la pillola abortiva in Piemonte non sarà distribuita. Non so se abbia il potere di bloccare effettivamente un farmaco approvato da tutte le istituzioni preposte. Anche se abbiamo ormai imparato quanto l'arroganza dei politici al potere possa interferire come norme di dritto e con i più elementari principi di rispetto dei diritti, della dignità e della libertà dei singoli. In ogni caso, ha mandato un segnale chiaro di intimidazione all'intero sistema sanitario, che sappiamo quanto sia dipendente dalla po-litica. Dovranno avere molto coraggio i sanitari piemontesi a somministrare la pillola Ru486 alle donne che lo richiederanno, invece di praticare su di loro l'aborto tradizionale.
Le donne piemontesi sono comunque avvertite. Roberto Cota è uno dei candidati governatori che non ha ritenuto opportuno rispondere neppure con una frase di circostanza alla richiesta di una associazione di donne — Pari o Dispare —che aveva chiesto a tutti i candidati di esprimersi circa l'opportunità di istituire strumenti di monitoraggio per valutare l'impatto sulla disuguaglianza di genere delle politiche regionali. Appena eletto governatore ha affrontato proprio un punto cruciale della libertà femminile: la libertà di avere o non avere un figlio, di accettare o non accettare una gravidanza non voluta. Ha detto chiaro che per lui quella libertà non esiste, non ha valore. La vita di una donna vale meno di quella di uno zigote o di un feto alle prime settimane. E se proprio una donna insiste a non voler dar corso a una "vita nascente", che patisca fino in fondo. E soprattutto non le sia lasciatala possibilità di decidere, insieme al medico, quale è il modo più sostenibile e più appropriato. «Uteri che camminano», le donne sono viste solo come appendici del proprio utero gravido. Se potessero, questi signori reintrodurrebbero il carcere per chi abortisce.
Certo è un po' paradossale che questo paladino della «vita umana fin dalla nascita», anche in contra-sto con la libertà e la dignità delle cittadine concretamente esistenti, sia il rappresentante di un partito che molto spesso viceversa mostra profondo sprezzo per le vite umane già nate e presenti: bambini e adulti immigrati, specie se poveri, o di religione o di colore della pelle diversi. Difendere la «vita nascente» è facile, non costa nulla ai politici e fa sentire buoni e apprezzati dalla chiesa cattolica. Assumersi responsabilità verso «la vita nata» è molto più complicato e costoso.
(La Repubblica)
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