Parmalat alla Lactalis, ma altre aziende tornano italiane
di Mauro Suttora
Aziende che vanno, aziende che vengono. La multinazionale francese Lactalis sta comprando il nostro sfortunato gigante Parmalat che, nonostante i suoi 4,3 miliardi di ricavi e 280 milioni di utile nel 2010, dopo il crac di Calisto Tanzi è diventata una preda appetibile. E ormai parlano francese quasi tutte le grandi marche industriali italiane di formaggi: Lactalis ha cominciato lo shopping nel 1997 acquisendo Locatelli da Nestlè, sei anni dopo Invernizzi da Kraft, poi Cademartori da Bel Group e infine Galbani nel 2006 da Danone, che l’aveva comprata nell’89.
Un vero innamoramento, quello di Lactalis per l’Italia. Né si può imputarle di averci «preso» tutti i latticini, perché da molti anni le storiche famiglie proprietarie avevano trovato conveniente vendere ad acquirenti esteri. I primi furono i Locatelli, che cedettero a Nestlé addirittura mezzo secolo fa (in quello stesso anno, 1961, Tanzi fondò a Parma il suo «gioiellino»).
Nell’ultimo decennio, però, altre famose società alimentari italiane che erano finite in mano straniera sono tornate a casa. Agnesi, la pasta più antica d’Italia fondata nel 1824 a Imperia, è stata acquistata dalla Colussi nel 1999. Lo storico marchio con il bastimento a vela (la nave che portava nel mulino ligure il grano duro dal mare d’Azov, allora considerato il migliore del mondo) era passato alla francese Danone, la quale a sua volta per qualche anno fu degli Agnelli, e sponsorizzava la Juventus.
Giri di valzer all’estero anche per i salumi Negroni, nati a Cremona nel 1907: «La società è stata della famiglia fino agli anni 80, quando venne acquisita dal gruppo Kraft», dice a Oggi il dirigente Massimiliano Ceresini, «per poi essere ceduta al gruppo Malgara. Dal 2002 è entrata a far parte del gruppo Veronesi». Cioè la quarta azienda alimentare italiana, che fattura 2,3 miliardi di euro con il pollo Aia e i salumi Montorsi, Fini e Daniel.
Nel 2005 la famiglia napoletana Pontecorvo ha acquistato, sempre da Danone, le acque minerali Ferrarelle (Caserta) e Boario (Brescia). Ferrarelle e Sangemini erano state vendute nell’87 dalla famiglia Violati (Giulio è il marito di Maria Grazia Cucinotta), che cinque anni dopo ha riacquistato Sangemini.
Nel 2008 è la volta di Charms e Sanagola: le caramelle lanciate negli anni 60 da Motta-Alemagna rientrano alla Fida di Castagnole delle Lanze (Asti) dopo una peregrinazione fra multinazionali svizzere, inglesi e olandesi. Nello stesso anno Angelo Mastrolia di Newlat (Polenghi, Giglio, Optimus, Ala, Torre in Pietra) rileva la pasta Buitoni da Nestlè, che però conserva oil marchio per surgelati, pasta fresca e salse.
Nel 2009 l’olio Dante, nato a Genova nel 1854, viene rilevato dagli oleifici Mataluni di Montesarchio (Benevento), che hanno i marchi Topazio e Oio. Per un solo anno Dante era stato della spagnola Sos Cuetara (Carapelli, Sasso, Bertolli), dopo 23 anni di Unilever.
Motta e Alemagna, infine. Le due storiche società sono state vendute due anni fa dalla Nestlè alla Bauli di Verona. Il che rappresenta la vittoria del pandoro industriale sul panettone. I gelati Motta però continuano a essere della Nestlè.
E adesso? Il governo italiano può impedire che Parmalat, senza debiti e anzi con un miliardo e mezzo di liquidità, finisca alla Lactalis indebitata già per tre miliardi, che aumenteranno a sette dopo l’acquisto? In base alle leggi di mercato, no. Ma nel 2005 il governo francese le ignorò, quando bloccò la scalata dell’americana Pepsi alla francese Danone.
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