16.11.11

Bombardamento a tappeto sull'euro

di Marcello Bussi (Milano Finanza)
Crescono i sospetti su Goldman Sachs regista dell'attacco. Le similitudini con la crisi subprime. La rigidità tedesca non consente alla Ue e alla Bce di schierare difese efficaci

Anche l'Austria è a rischio. Eppure sono disciplinati e parlano tedesco. Ma ieri lo spread del Paese alpino è salito al livello record di 181, appena più in basso di quello della Francia (186), che ormai sembra condannata a perdere la tripla A. Per non parlare della Spagna che vola a 451 punti base, con il rendimento del bond decennale al 6,308%, mentre quello del Belgio sfiora ormai il 5% (4,896%) con lo spread a 309.

Davanti a questa ecatombe non stupisce che l'effetto Monti sia già finito e lo spread dell'Italia continui a viaggiare sopra 500, mentre il rendimento del Btp abbia sfondato di nuovo il tetto del 7%. Se poi qualcuno avesse nostalgia delle volgarità di Umberto Bossi, si consoli con il premier olandese Mark Rutte: i Paesi che violano le regole economiche «devono essere cacciati via a pedate» dall'euro, ha minacciato ieri. I dirigenti della compagnia aerea low cost easyJet hanno così annunciato di avere preparato dei piani di contingenza nel caso in cui l'euro dovesse disintegrarsi.

Si tratta di un rischio serio e imminente? Se si guarda all'Austria si direbbe di no: il rapporto debito pubblico/pil è al 75%, i conti sono solidi. Eppure anche Vienna è sotto attacco. Ma questa evidente assurdità rende plausibili le voci, circolate un anno e mezzo fa e riportate dal Wall Street Journal, su un incontro avvenuto ai primi di febbraio del 2010 a New York tra un pugno di hedge fund, tra cui i colossi Sac Capital Advisors e Soros Fund Management, che avrebbero deciso, ispirati da Goldman Sachs, di puntare sulla parità euro-dollaro.

Guarda caso, pochi giorni dopo George Soros dichiarò pubblicamente che se i Paesi dell'Ue non avessero messo a posto i loro conti pubblici, «l'euro sarebbe andato a pezzi». Si dice da tempo che la speculazione punti proprio a questo risultato. E i parallelismi con la crisi subprime, che ha portato al fallimento di Lehman Brothers nel settembre 2008, cominciano a essere inquietanti. Da quel disastro solo Goldman Sachs, guidata da Lloyd Blankfein, è uscita più forte di prima. Quella stessa Goldman Sachs il cui ex ceo Henry Paulson è stato l'artefice, in qualità di segretario al Tesoro Usa, del salvataggio da 700 miliardi di dollari delle banche americane.

La stessa Goldman Sachs che, secondo l'inchiesta di una commissione del Senato Usa, avrebbe prima gonfiato la bolla dei subprime e poi scommesso contro di essa per lucrare sul crollo del mercato immobiliare americano. Il tutto mentre continuava a confezionare titoli tossici rimpinzati di subprime da sbolognare ad altri più sfortunati clienti. Insomma, Goldman gonfia la bolla e guadagna, scommette sul suo scoppio e guadagna, dopodiché si ritrova con un suo uomo, in questo caso Paulson, a rimettere insieme i cocci.

L'eurocaos, si sa, ha avuto origine dal fatto che la Grecia ha truccato i conti per entrare nell'euro e poi ha continuato a farlo per renderli meno disastrosi, fino a quando il gioco è diventato così spudorato da essere scoperto. Goldman Sachs ha offerto la sua consulenza tecnica per il maquillage dei conti, dopodiché è diventato premier, fortemente voluto dai mercati, Lucas Papademos, consulente di Goldman Sachs e governatore della Banca centrale greca ai tempi dei primi trucchi.

Altro uomo chiave della crisi è il presidente del consiglio incaricato Mario Monti, anch'egli consulente di Goldman dal 2005. Per non parlare del presidente della Bce, Mario Draghi, che dal 2002 al 2005 è stato vicepresidente di Goldman Sachs per l'Europa. Se venisse seguito il copione dei subprime, sarebbe tutto perfetto: Goldman gonfia la bolla dell'euro, aiutando un Paese sull'orlo del fallimento come la Grecia a entrarvi, poi scommette sulla sua fine e si trova come per caso uomini a lei vicini nei punti di snodo della crisi: la Bce, l'Italia e la Grecia. Coincidenze che fanno pensare. Detto questo, Goldman non ha l'obiettivo politico di distruggere l'euro.

L'unico suo obiettivo è quello di fare profitti. E poco importa in che modo essi vengono realizzati, se a danno di uno Stato o di una grande azienda. Goldman attacca l'euro perché non ha difesa. La riforma del Fondo salva-Stati (Efsf) rischia di slittare ancora, mentre la Bce non è prestatore di ultima istanza a causa dell'opposizione della Germania, la cui rigidità fa paradossalmente il gioco degli speculatori. Secondo Romano Prodi, Goldman e le sue sorelle dispongono di una potenza di fuoco di almeno 12 mila miliardi di dollari, mentre Eurolandia risponde con piani di austerità che la mandano in recessione. La partita è troppo facile, è naturale che Goldman la giochi fino in fondo.

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