(dal Corriere)
Sono madre di due figli (5 e io anni) e sempre di più mi spaventa non solo pensare al mondo in cui ho messo i miei figli tra guerre, terrorismo, violenza contro le vittime più innocenti - ma anche il fatto che i miei bambini possano vedere immagini tremende di uccisioni e attentati, morti e feriti, e sentano parlare di queste tragedie di cui ormai discutono anche i bambini. Non dovrebbero essere protetti da queste terribili realtà ? Che cosa posso fare in questa situazione?
(Risponde Anna Rezzara, professore ordinario di Pedgogia)
C'è una inquietante contraddizione, nel nostro tempo, tra il desiderio crescente dei genitori di proteggere i figli da ogni rischio, di saperli sani, sicuri, felici, e il fatto che mai come oggi i bambini siano immersi in una comunicazione diffusa, la stessa comunicazione che arriva agli adulti, e che non li preserva dal contatto anche con gli aspetti più duri e tragici della realtà. Immagini di guerre, massacri e distruzioni dallo schermo della televisione, parole come terrorismo, attentato e strage sono esperienze quotidiane di bambini e ragazzi, che qualche volta si traducono in domande ai genitori, ma più spesso rimangono inespresse ad animare pensieri, paure e fantasie. Le immagini molto più delle parole, rischiano di turbare: mostrano direttamente al bambino, senza la mediazione di un racconto, la possibilità reale che la normalità della sua vita, la sopravvivenza stessa sua e delle persone care siano in pericolo. Non possiamo illuderci di preservare i bambini dal contatto con queste realtà, possiamo però fare molto per evitare che generino angoscia, che li facciano sentire insicuri e indifesi. Dobbiamo innanzitutto rinunciare alla tentazione di negare o nascondere ai bambini questi aspetti dolorosi della realtà: saranno più forti se avranno potuto progressivamente pensarli e parlarne all'interno di un rapporto rassicurante con i genitori. Due sono le cose essenziali da fare: aiutare i figli a esprimere pensieri e paure, e rispondere al loro bisogno di sentirsi protetti. Non lasciamoli soli con queste immagini e parole, parliamone con loro, sollecitiamoli a dire che cosa pensano e che emozioni provano, rispondiamo alle domande. I modi sono diversi nelle diverse età. Con i più piccoli, che dovrebbero essere protetti da immagini troppo dure, possiamo commentare ciò che vedono o sentono, tradurre in parole e racconti le immagini, dare semplici spiegazioni, rispondere alle loro domande in modo breve e chiaro, sconfinare anche in linguaggi loro familiari, come gioco e disegno, per esprimere pensieri ed emozioni. Dobbiamo aiutarli ad avvicinarsi a pensieri difficili rendendoli comprensibili e tollerabili, senza dimenticare che per loro realtà e immaginazione sono ancora in rapporto stretto. Per i più piccoli la rassicurazione sarà fatta di vicinanza, di contatto fisico, di gesti, a garantire che qualcuno protegge dal male del mondo di fuori. I più grandi (dai 78 anni in su) si dovrà aiutarli a trovare motivi e significati agli eventi drammatici di cui vedono le immagini e sentono parlare: dare, o cercare insieme, informazioni, spiegare cause, collocare nella storia e situare nei luoghi le guerre, i conflitti, definire i termini usati nell'informazione, aiutarli a passare dall'impatto di un'immagine alla comprensione di che cosa accade e perché. Si dovrà aver cura di aprire e tenere aperto un discorso con loro sia sugli eventi che li colpiscono sia su pensieri, sentimenti che provocano in loro. Essenziale sarà pure rispondere alle loro domande, attenti a comprendere quale sia la vera richiesta (informazione? conforto? condivisione?). Il consiglio è di puntare sulla loro curiosità e capacità di ragionamento per sciogliere paure, sensazioni di rischio e di fragilità trasformandole in risorse di conoscenza, in informazione, in questioni etiche e anche in ipotesi su come potrà risolversi o evolvere la vicenda: perché comprendere una situazione la rende meno temibile. Li rassicureremo, oltre che con la nostra presenza e attenzione, anche parlando di ciò che si fa e si potrà fare contro le guerre, della forza di essere insieme e tanti impegnati in cause di pace. Una raccomandazione, infine: per aiutare i figli a reagire in modo costruttivo a ciò che li spaventa, riflettiamo anche sulle emozioni e gli stati d'animo che comunichiamo loro, perché le nostre paure o la nostra serenità; il nostro sentirci indifesi e minacciati oppure fiduciosi influiranno sulle loro reazioni ben più di ciò che diremo loro.
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