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10.4.11

"Ora il mondo ha capito si rischia la catastrofe"

Günter Grass: una svolta dopo Fukushima

di ARMGARD SEEGERS, KAI-HINRICH, KLAUS STRUNZ

BERLINO - Günter Grass, crede che Fukushima abbia cambiato il modo di pensare della gente?
«Fukushima ha cambiato il mondo, perché è successo qualcosa di diverso da quanto finora avevamo vissuto, saputo e presunto. Molti sono diventati solo ora consapevoli dei pericoli dell'energia atomica. E' tema di conversazioni in ogni famiglia. Per i più anziani come me un'occasione di riflettere».

Ripensando alla sua vita, sul tema atomo cosa ricorda?
«Io divenni adulto dopo la fine della guerra. Il Reich aveva appena capitolato, ero ancora prigioniero degli americani, e caddero le prime bombe atomiche, e così finì la guerra col Giappone. Fu il mio primo "incontro" con la bomba atomica. Ero contro la bomba, ma a favore dell'uso pacifico dell'energia nucleare. Mi ci vollero anni per capire che uso militare e uso pacifico hanno qualcosa che li collega, e capire quale strappo della civiltà sia l'energia atomica».

Anche il suo uso pacifico?
«Sì. A molti il pericolo fu chiaro già allora. Ma durante la guerra fredda la corsa agli armamenti, contro cui io mi espressi sempre, catturò più attenzione. Allora la Repubblica federale cominciò a costruire centrali atomiche, una vicino casa mia».

Perché il movimento anti-nucleare conseguì così pochi risultati?

«La crescente dipendenza della politica dalle lobby è
il marcio di tutta la storia. Anch'io ho protestato contro la crescente dipendenza del Parlamento dalle lobby».

Fukushima insegna cioè che la politica deve riconquistare il suo primato?

«Sì.
La crescente dipendenza della politica dalle lobby è il marcio di tutta la storia. Andrebbe creata un'area a loro vietata attorno ai parlamenti
Deve porre limite al potere delle lobby. Si dovrebbe creare un'area vietata per i lobbysti attorno al parlamento, come per le dimostrazioni di protesta».

La Germania ha spento molti reattori e importa energia dalla Francia. Che senso ha dire addio da soli al nucleare?

«Il problema è che rinviando l'addio al nucleare, come il governo Merkel decise, molto prima di Fukushima, sono stati bloccati molti investimenti già avviati nelle energie rinnovabili. Senza quella decisione di prolungamento d'uso delle centrali ora rinnegata, potremmo essere molto più avanti. Il freno va smantellato. A causa di quella scelta adesso dobbiamo importare energia atomica dall'estero. Ma è insensato dire che se la Germania spegne tutti i reattori adesso va al blackout».

Come devono reagire i cittadini con la loro coscienza critica?

«Il cittadino deve impegnarsi. Pesa sulla mia generazione il pensiero della Repubblica di Weimar, che fallì tra l'altro perché non furono abbastanza i cittadini che s'impegnarono per difenderla. La democrazia va difesa ogni giorno».

L'atomo è oggi il tema più importante?

«Non c'è un solo tema prioritario. La fine delle risorse, la fine della crescita economica, la globalizzazione, la scarsità di acqua, tutto è ugualmente importante. Il pericolo è che nel prossimo futuro tutto ci esploda in mano insieme. Il caro-alimentari, che qui da noi colpisce poco, nel terzo mondo è tragedia esistenziale».

Che cosa teme, se ogni problema esploderà insieme?

«Il mio timore peggiore è arrivare in futuro a una dittatura ambientale. Cioè dover vivere con decreti d'emergenza continui per salvare quel che resterà dell'ambiente. La catastrofe atomica in Giappone non può essere affrontata come fu con Cernobyl in Urss. E' un assaggio del futuro che ci aspetta»

Cosa si aspetta dal movimento antinucleare?

«Vorrei fare il mio possibile per rafforzarlo. Ha bisogno di un respiro lungo. Quanto accade oggi in Giappone sparirà magari dalle prime pagine quando il pericolo immediato sembrerà venir meno. Ci sono politici che hanno fatto questo calcolo e puntano a successi promettendo moratorie».

copyright
Hamburger Abendblatt
e La Repubblica per l'Italia

4.4.11

Hermann Scheer, l’energia come questione etica

di Marco Morosini (Planext)

Il recente incidente nucleare di Fukushima e le sue ripercussioni in tutto il mondo circa il ruolo del nucleare nell’approvigionamento energetico riportano prepotentemente alla ribalta le teorie di Hermann Scheer, il politico tedesco che piu’ di ogni altro propugnava un’economia solare mondiale. Scheer, che e’ venuto a mancare nell’ottobre 2010, usava asserire che “chi non ha visioni, non dovrebbe fare politica”. In effetti, il suo maestro fu il visionario Willy Brandt e non il pragmatico Helmut Schmidt (“Chi ha visioni deve andare dal medico”).

Etica e sussidiarietà: questi furono i pilastri dell’approccio di Scheer alla questione energetica, un ambito in cui il perdurante dominio di economisti e tecnologi forse pare legittimo a più di un lettore. Eppure troppo alta è la posta energetica per lasciarla in mano ai tecnici. Le diverse opzioni energetiche hanno infatti tali conseguenze sulle generazioni presenti e future e sulla natura da farne una questione morale e politica, prima che tecnologica. Infatti, mentre i benefici delle energie fossili e dell’energia atomica si concentrano maggiormente nella parte più benestante della popolazione mondiale, i loro costi umani – per esempio il cambiamento climatico – ricadono sproporzionatamente su coloro che meno o punto profittano dei benefici, cioè sulla parte meno abbiente e più debole dell’umanità e specialmente sulle generazioni future.

La sussidiarietà (se un ente “più in basso” è capace di fare qualcosa, l’ente “più in alto” deve lasciargli tale compito e sostenerne l’azione) era la seconda idea guida che Scheer applicò alla questione energetica: mentre le fonti fossili (carbone, petrolio e gas) e atomiche implicano la concentrazione in grandi impianti centralizzati e in potenti oligopoli privati o statali, una buona parte delle energie rinnovabili (solari, eoliche, da biomassa, geotermiche) sono per loro natura decentrali, locali e polverizzate in milioni di piccoli produttori. Questa differenza ha profonde conseguenze politiche perchè nel primo caso è favorita la concentrazione di potere e ricchezza, mentre nel secondo caso è favorita la loro distribuzione diffusa tra i cittadini, sia in una nazione sia sul globo. Per questo l’opzione solare sarebbe importante anche per prevenire i conflitti, non solo per ridurre i danni ambientali. Secondo Scheer la politica ha un compito limitato ma fondamentale: quello di accelerare un cambiamento che è già in atto nella società ma che è troppo lento, creando sistemi di incentivazione individuale verso le opzioni che danno benefici collettivi o che riducono i danni e i rischi collettivi (per esempio l’alterazione del clima).

Proprio sulla velocità di questo cambiamento riemerge l’etica: ormai da molti anni la questione non è sul “se” ma sul “quando” la società umana passerà completamente alle energie rinnovabili. “L’imperativo energEtico” – questo il titolo del suo ultimo libro – sarebbe quello di attuare questo cambiamento in pochi decenni invece che in secoli, cioè prima che i rischi e i costi umani delle attuali tecnologie fossili e atomiche crescano in modo esponenziale. Già nel 1885 Rudolph Clausius, uno dei padri della termodinamica, scrisse che “l’umanità stava dilapidando il patrimonio naturale” e che nei prossimi secoli sarebbe stata costretta ad arrangiarsi con l’energia del sole. Anche tuttora molti di coloro che propugnano l’espasione delle tecnologie fossili e atomiche dicono che si tratta di “tecnologie ponte” verso una futura economia solare, in attesa che le tecnologie per questa diventino “mature”. Per Scheer invece il momento di questa trasformazione è adesso, cioè nei prossimi due o tre decenni. Non conosco un altro politico che ha svolto questa azione di catalizzatore più intensamente di Hermann Scheer. 1988: fonda Eurosolar, l’Associazione europea per le energie rinnovabili, che ha ora sedi in tredici Paesi europei e di cui era presidente. 2000: il Parlamento tedesco vara la storica legge per le energie rinnovabili (EEG) concepita da Scheer, a cui poi si ispirò la legislazione in cinquanta Paesi. Questa legge sancisce l’obbligo per i grandi produttori e distributori di acquistare con tariffa garantita per 15-20 anni dai piccoli produttori l’elettricità prodotta con energie rinnovabili. La tariffa si abbassa ogni anno per i nuovi impianti (degressione) in modo da generare una pressione verso tecnologie sempre più efficienti e da rendere un giorno superflua la sovvenzione; i sovracosti vengono distribuiti a tutti gli acquirenti di elettricità. 2001: fonda e presiede il World Council for Renewable Energy (WCRE), con l’obiettivo di favorire la creazione di un’agezia mondiale per le energie rinnovabili, con rango simile a quello della Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA, fondata nel 1957); l’obiettivo è raggiunto nel 2009 con la fondazione dell’agenzia IRENA (International Renewable Energy Agency) a cui aderiscono i governi di 130 nazioni. Scheer scrisse quattro libri, tradotti in molte lingue, tra le quali l’Italiano: Strategia solare (1996), Il solare e l’economia globale (2004), Autonomia energetica (2006), L’imperativo energEtico (2010). Ricevette numerosi premi internazionali tra i quali il World Solar Prize (1998) e il premio Nobel Alternativo “Right Livelihood Award” (1998). Nel 2002 “Time Magazine” lo nominò tra gli “Hero for the Green Century”.

La peculiarità di Scheer fu quella di trattare la questione energetica come una questione eminentemente politica. A proposito dell’Agenda 21 – il programma d’azione per lo sviluppo sostenibile adottato da 180 nazioni a Rio de Janeiro nel 1992 – Scheer scrisse che “se si vogliono davvero affrontare tutti i temi dell’Agenda 21, dobbiamo arrivare a una sorta di Agenda 1, con un unico punto all’ordine del giorno: un’economia energetica solare globale”. Infatti quasi tutti i principali problemi ambientali sono collegati con il problema energetico: usiamo e sprechiamo troppa energia e la otteniamo in prevalenza dalle fonti meno benigne. Scheer non era un tecnologo nè un ecologo. Aveva la formazione e l’esperienza del politico purosangue e fu per 30 anni deputato della SPD. Si diplomò in scienze economiche, giuridiche e politiche e la sua tesi di dottorato si intitolava “Partiti contro cittadini? Il futuro della democrazia partitica”. Prima degli studi universitari fu soldato volontario per due anni con il grado di luogotenente e dopo gli studi lavorò per due anni al Centro di ricerca nucleare di Karlsruhe. Forse questa esperienza diretta dell’ambiente militare e di quello dell’energia atomica contribuì a orientarlo verso la politica estera e del disarmo, facendone uno dei giovani talenti intorno a Willy Brandt ed Egon Bahr ed un possibile futuro ministro degli esteri. La sua decisione di dedicarsi alla questione energetica non fu un cambiamento di terreno ma fu la continuazione della sua vocazione di politico del disarmo. A metà degli anni 80 si convinse che il controllo delle risorse energetiche era uno dei principali campi di conflitto tra i popoli. La svolta verso un’economia energetica solare, decentrata e locale gli sembrò uno dei compiti principali della politica per la pace.