8.6.10

Eugenetica padana

Concita De Gregorio

L'incredibile storia che vi raccontiamo oggi ha il pregio, se è lecito usare la parola pregio in una vicenda che non ne contempla alcuno, di chiarire esattamente in cosa consista, nella pratica, quel mix di egoismo, brutalità, cinismo e disprezzo delle povertà in qualunque forma si manifestino che va sotto il nome di leghismo. Siamo nella Regione Veneto, si parla di trapianti di organi. L'assessore alla Sanità, fieramente padano, scrive le linee guida a cui i medici delle strutture regionali dovranno attenersi. Non si dovranno trapiantare organi, scrive nero su bianco, a quelle persone che abbiano un quoziente intellettivo al di sotto del punteggio 50. Nemmeno a chi abbia di recente tentato il suicidio. Anche in questo caso non ne vale la pena. Perché la comunità dovrebbe dare un fegato a uno che ha cercato di uccidersi? E se lo fa un'altra volta? È uno spreco. Perché bisognerebbe dare un rene a una persona down, a un ragazzino con un deficit dell'intelligenza? Perché lo chiede sua madre? Ma andiamo, su.

Basta con questi buonismi pietosi. Si trapianta qualcuno che valga la pena trapiantare: i malati potenzialmente sani. I malati cronici no. Un demente, un handicappato: che si trapiantano a fare, tanto sani non tornano. L'estensione del criterio a chi ha tentato il suicidio è se possibile persino più aberrante. È come stabilire per legge che non esista la sofferenza dell'anima, il dolore disperato e profondo - emendabile, tuttavia, chi non lo spera? È come stabilire nelle linee guida venete che la speranza non esiste. Chi tenta di uccidersi deve essere un malato di mente. Uno che lo farà certamente di nuovo. Col paradosso, lo spiega nella sua veste di medico Ignazio Marino, che chi tenta il suicidio ingerendo pasticche (da cui spesso discende la necrosi del fegato) non dovrebbe essere operato ma lasciato morire.

Le linee guida sono state scritte un anno fa, nel marzo del 2009. Per un anno, dunque, si suppone che i medici vi si siano attenuti. Solo in questi giorni, dopo che l'American Journal of Transplantation ha pubblicato un articolo incredulo parlando del Veneto alla comunità internazionale, il medesimo assessore ha ritenuto di «rispondere a questo polverone» con una circolare interpretativa che fa parziale marcia indietro. Se nessuno ne avesse scritto - e nessuno, per un tempo lunghissimo, lo ha fatto - tutto a posto, avanti così. Sorgono spontanee alcune domande, pur senza disporre di un quoziente intellettivo straordinario. Per quale ragione i paladini delle crociate antiabortiste non insorgono? Se decidere di non far nascere una creatura destinata è vivere con gravi handicap è omicidio (eugenetica, come sostengono, selezione della razza) non è ben più grave negare le cure ai vivi, nati e divenuti adulti? Bisognerebbe farli nascere e poi morire negando loro le cure? E perchè chi è destinato a morte certa, malato terminale, deve stare attaccato alle macchine contro il volere suo o dei suoi familiari? In che senso far intervenire la scienza per mantenere in vita una persona in coma irreversibile è più utile, giusto, etico che farlo per mantenere viva una persona viva? Dipende dal suo Q.I.? Se è questo il punto riprendiamo pure a parlare di selezione della razza: riprendiamo da qui.

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