3.6.10

Grossman: "Un atto criminale che riaccende odio e vendette"

(David Grossman, scrittore israeliano, nel 2006, ha perso un figlio arruolato nell'esercito di Israele)

Nessuna spiegazione può giustificare o mascherare il crimine commesso da Israele [ndr: assalto dell'esercito israeliano ad una nave di pacifisti che ha causato 9 vittime tra i civili impegnati a portar soccorso ai palestinesi] e nessun pretesto può motivare l'idiozia del suo governo e del suo esercito. Israele non ha inviato i suoi soldati a uccidere civili a sangue freddo, in pratica era l'ultima cosa che voleva che accadesse, eppure una piccola organizzazione turca, dall'ideologia fanatica e religiosa, ostile a Israele, ha arruolato alcune centinaia di pacifisti ed è riuscita a fare cadere lo Stato ebraico in una trappola proprio perché sapeva come avrebbe reagito e fino a che punto era condannato, come una marionetta, a fare ciò che ha fatto.

Quanto deve sentirsi insicura, confusa e spaventata una nazione per comportarsi come ha fatto Israele! Ricorrendo a un uso esagerato della forza (malgrado aspirasse a limitare la portata della reazione dei presenti sulla nave) ha ucciso e ferito civili al di fuori delle proprie acque territoriali comportandosi come una masnada di pirati. È chiaro che queste mie parole non esprimono assolutamente consenso alle motivazioni, nascoste o evidenti - e talvolta malvagie - di alcuni dei partecipanti al convoglio diretto a Gaza. Non tutti sono pacifisti animati da intenzioni umanitarie e le dichiarazioni di alcuni di loro riguardanti la distruzione dello stato di Israele sono infami. Ma tutto questo ora è irrilevante: queste opinioni non prevedono, per quanto si sappia, la pena di morte.

L'azione compiuta da Israele ieri sera non è che la continuazione del prolungato e ignobile blocco alla striscia di Gaza, il quale, a sua volta, non è che il prosieguo naturale dell'approccio aggressivo e arrogante del governo israeliano, pronto a rendere impossibile la vita di un milione e mezzo di innocenti nella striscia di Gaza pur di ottenere la liberazione di un unico soldato tenuto prigioniero, per quanto caro e amato. Il blocco è anche la continuazione naturale di una linea politica fossilizzata e goffa che a ogni bivio decisionale e ogni qualvolta servono cervello, sensibilità e creatività, ricorre a una forza enorme, esagerata, come se questa fosse l'unica scelta possibile.

E in qualche modo tutte queste stoltezze - compresa l'operazione assurda e letale di ieri notte - sembrano far parte di un processo di corruzione che si fa sempre più diffuso in Israele. Si ha la sensazione che le strutture governative siano unte, guaste. Che forse, a causa dell'ansia provocata dalle loro azioni, dai loro errori negli ultimi decenni, dalla disperazione di sciogliere un nodo sempre più intricato, queste strutture divengano sempre più fossilizzate, sempre più refrattarie alle sfide di una realtà complessa e delicata, che perdano la freschezza, l'originalità e la creatività che un tempo le caratterizzavano, che caratterizzavano tutto Israele. Il blocco della striscia di Gaza è fallito. È fallito già da quattro anni.

Non solo tale blocco è immorale, non è nemmeno efficace, non fa che peggiorare la situazione, come abbiamo potuto constatare in queste ore, e danneggia gravemente anche Israele. I crimini dei leader di Hamas che tengono in ostaggio Gilad Shalit da quattro anni a questa parte senza che abbia ricevuto nemmeno una visita dai rappresentanti della Croce Rossa, che hanno lanciato migliaia di razzi verso i centri abitati israeliani, vanno affrontati per vie legali, con ogni mezzo giuridico a disposizione di uno stato. Il prolungato isolamento di una popolazione civile non è uno di questi mezzi. Vorrei poter credere che il trauma per la sconsiderata azione di ieri ci porti a riesaminare tutta questa idea del blocco e a liberare finalmente i palestinesi dalla loro sofferenza e Israele da questa macchia. Ma la nostra esperienza in questa regione sciagurata ci insegna che accadrà invece il contrario: che i meccanismi della violenza, della rappresaglia e il cerchio della vendetta e dell'odio ieri hanno ricominciato a girare e ancora non possiamo immaginare con quale forza.
Ma più di ogni altra cosa questa folle operazione rivela fino a che punto è arrivato Israele. Non vale la pena di sprecare parole. Chi ha occhi per vedere capisce e sente. Non c'è dubbio che entro poche ore ci sarà chi si affretterà a trasformare il senso di colpa (naturale e giustificato) di molti israeliani, in vocianti accuse a tutto il mondo.

Con la vergogna, comunque, faremo un po' più fatica a venire a patti.

Traduzione dall'ebraico di A. Shomroni

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