7.5.11

“Il servizio agli italiani” del Pdl a Pavia lo gestisce l’amico dei boss - Campania: comune commissariato per camorra, ma il sindaco si ricandida

Il Caf creato dal ministro del Turismo apre due sedi nella città lombarda. A gestirlo Dante Labate, consigliere comunale azzurro, più volte intercettato mentre parla al telefono con i referenti delle cosche in Lombardia
Il presidente onorario è Silvio Berlusconi. La sua funzione, quella del classico patronato: “sviluppare ed estendere – come recita lo slogan – il concetto di assistenza al cittadino e all’impresa, offrendo soluzioni concrete a problemi quotidiani, dal settore previdenziale a quello fiscale, dalla formazione al lavoro, alla difesa dei consumatori”. Insomma, “Pdl, al servizio degli italiani” è una specie di Caf azzurro, nato sotto l’egida di B. ma affidato in provincia a figure di partito con uno spiccato radicamento territoriale. E a volte chiacchierate.

A Pavia l’associazione “al servizio degli italiani” arriverà per iniziativa dell’attuale consigliere comunale, naturalmente in quota Pdl, Dante Labate. Ribattezzato sui blog che si occupano di notizie politiche pavesi, “l’iper-intercettato”, Labate ha riempito molte parti dei documenti riguardanti l’ultima grande operazione anti-‘ndrangheta effettuata in Lombardia, la “Infinito”. Spesso era al telefono con Carlo Chiriaco, il direttore sanitario dell’Asl che si vantava di essere tra i capi della ‘ndrangheta a Pavia; e con Pino Neri, il referente per le cosche nella regione motore economico del paese, dopo la morte del grande capo Carmelo Novella.

Labate non è indagato, ma stando alle indagini della distrettuale antimafia di Milano viene, suo malgrado, tirato in ballo da Chiriaco, “colui che si pone – scrivono i magistrati – come mediatore tra il mondo politico pavese e alti esponenti di ‘ndrangheta”.

Labate prosegue però la sua carriera tra le fila del Pdl. Oltre a mantenere la carica in consiglio comunale, fa parte del direttivo dell’Aler di Pavia, l’ente che gestisce gli alloggi popolari. Le recenti cronache, poi, riportano la sua partecipazione alla convention romana in cui l’associazione di patronato è stata costituita, alla presenza di Berlusconi e del ministro Michela Vittoria Brambilla. A quest’ultima il compito di occuparsi dell’organizzazione pratica della struttura. A Pavia sono previste due sedi, tutte nel centro della città: in piazzale Nenni e in corso Manzoni.

Labate s’è sempre detto sereno e minimamente preoccupato di fronte alle indagini della Boccassini e a quanto trapelato su giornali. Del resto, altri componenti della sua famiglia sono finiti nel tritacarne della magistratura. Suo fratello Massimo, anch’egli consigliere comunale ma a Reggio Calabria – città d’origine della famiglia Labate – nel 2007 è stato addirittura arrestato per concorso esterno. Ma nel 2010 il processo lo ha riconosciuto innocente e quindi assolto. Nel febbraio di quello stesso anno Dante Labate commenta l’accaduto nientemeno che con Pino Neri: “Perché c’è un assurdo logico e giuridico in tutti i campi…ma no…ma io me lo auguro…ed è una piena rivalutazione da un punto di vista… perché se lo merita e glielo devono tutti…tutto l’ambiente…”. L’oggetto era naturalmente il reintegro del fratello sulla scena politica e sociale.

Massimo Labate è stato consigliere comunale per Alleanza nazionale nella giunta di Giuseppe Scopelliti, prima che lo stesso diventasse Presidente della Regione Calabria. Proprio Scopelliti sarà a Pavia il prossimo 3 giugno a inaugurare i due centri “al servizio degli italiani”.

Labate li gestirà assieme ai colleghi di consiglio, Giuseppe Arcuri, Carlo Conti e Valerio Gimiliano. Con loro tre minacciò l’uscita dal partito lo scorso novembre, per dei dissidi intestini che paiono rientrati. Il Pdl pavese, infatti, ha dovuto trovare a tutti i costi coesione in vista delle prossime votazioni, in programma il 15 e 16 maggio, per il rinnovo della Provincia. Sui movimenti politici in previsione di quella scadenza, l’antimafia milanese si è abbattuta come uno tsunami. Giancarlo Abelli e Giovanni Alpeggiani, pdl ed entrambi citati nell’inchiesta Infinito (non indagati), hanno mollato Vittorio Poma, l’attuale presidente, colui che avrebbe volentieri replicato il suo mandato. Ma la Lega ne ha preteso la testa, per le dimissioni a cui costrinse Angelo Ciocca, consigliere regionale e assessore in provincia, fotografato assieme a Pino Neri. Sarà Ruggero Invernizzi il candidato del centro destra. Poma lo osteggerà come leader del terzo polo, appoggiato pure da “Rinnovare Pavia” di Enrico Filippi, altro nome citato da Chiriaco ma non penalmente rilevante.
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Camorra, Comune commissariato
ma lui si ricandida sindaco

Giuseppe Corcione corre per tornare primo cittadino a Pago del Vallo di Lauro, in provincia di Avellino
Nel 2009 il Comune di cui era sindaco è stato sciolto per condizionamento camorristico. Dopo due anni di commissione prefettizia il primo cittadino di allora, Giuseppe Corcione, si ricandida alla guida di Pago del Vallo di Lauro, un piccolo paese in provincia di Avellino nel quale il clan Cava è padrone indiscusso e dove ora si torna ora a votare. E sulla scheda c’è ancora lui, Corcione. Una competizione contrassegnata da minacce e intimidazioni. Già a febbraio scorso a un altro candidato, Michele Casciello, è stata incendiata l’auto. Episodio finito anche in un’interrogazione parlamentare e poi scivolato nell’archivio dei casi irrisolti. Tanti da queste parti.

Qui comanda il clan Cava. Un sodalizio criminale, impegnato per anni in una faida sanguinaria contro i rivali dei Graziano. I Cava sono in rapporti militari e di affari con il clan Fabbrocino, egemone nel vesuviano. Il boss Biagio Cava oggi è in carcere. Ed è con lui che Corcione ha stretto contatti, secondo la procura. E’ il settembre 2008 quando l’allora sindaco, oggi candidato, riceve un avviso di conclusione indagine e finisce sotto inchiesta per abuso di ufficio con l’aggravante di aver favorito un clan di camorra, tra gli indagati anche il boss Biagio Cava. Sotto i riflettori dell’antimafia napoletana finisce il puc, piano urbanistico comunale, una vicenda pienamente inserita nelle motivazioni che portano all’azzeramento dell’ente. In sede di rinvio a giudizio, nello scorso ottobre, è caduta l’aggravante per mafia, ma non è bastato per bloccare le procedure di scioglimento. Corcione si è sempre dichiarato estraneo alla vicenda. L’ex sindaco ha fatto ricorso al Tar contro la decisione del ministro degli Interni e poi al Consiglio di Stato. Il provvedimento di scioglimento ha retto ai giudizi della magistratura amministrativa.

La relazione parla chiaro. “Gli aspetti di condizionamento risultano evidenti in una serie di elementi quali: a) episodi di intimidazione che, ad un’analisi successiva, hanno denotato l’assoggettamento degli organi elettivi alle scelte operate dai sodalizi criminali; b) numerose illegittimità poste in essere dall’amministrazione in riferimento al piano urbanistico comunale, con indubbi vantaggi per taluni esponenti della criminalità locale; c) permessi di costruire privi dei necessari presupposti legittimanti, rilasciati in favore di soggetti controindicati”. Il Consiglio di Stato, lo scorso aprile, ha confermato l’azzeramento nonostante in sede penale sia caduta l’aggravante per mafia “il rilievo di tale vicenda – scrivono i magistrati di Palazzo Spada – per quanto isolatamente possa risultare meno grave di quanto affermato nel provvedimento di scioglimento, non può essere trascurato all’interno di un vasto insieme di elementi indiziari univoci”. La misura dello scioglimento ha, infatti, natura preventiva e censura frequentazioni, parentele, vicinanze, assenza di trasparenza, ben presenti nel caso Pago.

Il massimo organo della giustizia amministrativa si è soffermato su un episodio: “Particolarmente significativa l’aggressione al consigliere, capogruppo di minoranza, Amato Carmine (è il terzo candidato in competizione, ndr), oggetto di denunzia(…), con querela nei confronti di soggetto pluripregiudicato, Vitale Luigi di Sabato, affiliato al clan Cava. Secondo le indagini compiute, l’aggressione sarebbe collegabile all’atteggiamento assunto da parte del capogruppo di minoranza nell’ambito di sedute comunali, tendente a contrapporsi alla volontà del gruppo di maggioranza volta a favorire gli interessi della famiglia Vitale”. Ancora. Nella sentenza che conferma lo scioglimento si cita una delibera di giunta che ampliava la piana organica con la previsione di inserire un posto di autista da affidare al fratello di Vitale, il quale già lavorava nella ditta che gestiva i rifiuti. Edilizia, amicizie, frequentazioni e appalti, la cornice solita dei comuni condizionati dal crimine organizzato. In questo scenario si svolge la campagna elettorale, nel piccolo paese che conta poco più di duemila abitanti. E Corcione al primo punto del suo programma ha inserito la riapprovazione del Puc. Lo stesso piano urbanistico comunale che ha portato l’amministrazione al commissariamento. E così la sfida, più che elettorale, sembra rivolta alla giustizia.

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