9.5.11

Sotto la barba bianca le ceneri di un mito

Tahar Ben Jelloun (La Repubblica)

Non potendo mostrare le foto di Bin Laden da morto, gli americani hanno scelto di diffondere quelle di un uomo invecchiato, dalla barba bianca. Un uomo imbacuccato in una coperta, una kefiah in testa, mentre col telecomando in mano guarda le sue proprie immagini alla televisione. Si può vedere un ambiente più che modesto, ingombro di fili attaccati qua e là. C´è qualcosa di patetico in questo filmato, privo di audio per non fare pubblicità ad Al Qaeda.
Il nemico numero uno dell´America era di fatto solo un vecchio, nascosto in una stanza per nulla confortevole. Un altro video lo mostra mentre sta leggendo un messaggio: barba tinta di nero, abito bianco, aria serena. Sta minacciando il mondo di nuovi massacri. È il suo mestiere, la sua passione, la sua follia.
Queste immagini hanno uno scopo: quello di distruggere un mito, e di impedire che questo personaggio diventi il martire di una causa che ha provocato la morte di circa novemila persone, in maggioranza cittadini musulmani. Il mondo arabo e musulmano, che ha sofferto per i suoi attentati, non nutre alcun rimpianto per la morte dei quest´uomo che ne ha distrutto la reputazione.
In Marocco, subito dopo l´attentato di Marrakech, ho sentito moltissima gente insultare Bin Laden e augurargli l´inferno: non c´è dunque alcun rischio che la diffusione dei video susciti pietà per la sorte di quel grande criminale. La primavera araba avanza nella riconquista della dignità del cittadino. Non c´è spazio per ricordare Bin Laden. E´ anzi il momento di espellerlo dalla memoria araba, rammentando che quest´uomo ha distrutto migliaia di famiglie in lutto per la morte dei loro cari, dall´Egitto all´Iraq, dall´Algeria alla Tunisia e al Marocco.
Secondo alcuni, è un peccato che una parte dei media abbia omesso di ricordare come Bin Laden avesse collaborato con gli americani in Afganistan, e di far notare come dietro il suo astio e la sua follia omicida vi fosse una sorta di regolamento di conti di ordine personale. Spinto dal narcisismo e dalla megalomania, favoriti oltre tutto da una grande disponibilità di denaro, quest´uomo ha voluto diventare celebre stringendo un patto con il Male, il male assoluto di uccidere gente innocente per una causa priva di senso. Ha sfidato l´islam dei Lumi, predicando invece un ritorno agli albori dell´islam, quello del VII° secolo: un anacronismo che aveva qualcosa di patologico.
Il mondo arabo non ha avuto fortuna in questi ultimi decenni: quando a infangarlo e a bistrattarlo non erano i dittatori quali Saddam, Gheddafi e vari altri, è stato umiliato da psicopatici come Bin Laden o Zawahiri, che hanno fatto dell´islam una religione di odio e di morte.
Oggi l´islam sta ritornando nei cuori e nelle moschee, non più come ideologia jihadista volta a mettere bombe nei caffè o nei bus. Gli islamisti che vedevano in Bin Laden un leader stanno rivedendo le proprie scelte. Che la sua barba fosse bianca o nera, Bin Laden era un assassino. Nessuno piange la sua scomparsa. C´è invece un sollievo generale – anche se gli americani hanno agito come in un film di guerra.
Ma poco importa. Colui che ha fatto male all´America non esiste più. Ora gli arabi sperano di non essere più guardati con sospetto, ma trattati con dignità e rispetto quando si presentano a un confine. Non sono portatori di alcun messaggio postumo di Bin Laden.

Traduzione di Elisabetta Horvat

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