12.5.11

Sulla carta d'identità «scrittore»

Andrea Bajani

Nell'epoca del professionismo a tutti i costi, degli specialismi, anche lo scrittore è diventato un mestiere che ha diritto a un biglietto da visita nel portafoglio. È stato credo nell'autunno del 2007 che ho tentato di diventare uno scrittore professionista. Ho aperto una partita Iva e sono andato all'ufficio anagrafe a richiedere l'attestazione, sul documento, della mia professione. Pretendevo soltanto che mi certificassero il mio vivere della mia scrittura, tra libri, interventi sui giornali, letture. Insomma, ero pronto a intervenire patentato, come un professionista con la sua valigetta. Ecco, quando ho messo Scrittore sul foglio della richiesta, l'impiegata dell'anagrafe, perplessa, ha guardato prima me, poi ha sfilato da un cassetto un foglio. Con la punta del dito ha passato in rassegna un elenco suppongo di professioni, poi si è alzata, è andata a consultarsi con gli altri impiegati, è tornata a sedersi, e mi ha detto Non esiste la professione di scrittore. Ah. E quindi?, le ho chiesto deluso e già sul piede di guerra. E quindi, mi ha detto lei archiviando la pratica, è un hobby.
Erano anni che aspettavo quel momento, e l'hobbistica mi metteva i bastoni tra le ruote. Il primo romanzo l'avevo scritto in una mansarda senza riscaldamento, due maglioni addosso la sera tardi, un computer lentissimo, e un coinquilino che andava in giro con un asino per le montagne a raccontare la storie della tradizione popolare. Di giorno in quegli anni facevo di tutto, correggevo bozze per molti editori pensando a tutti quegli scrittori che avevano cominciato come correttori, facevo il magazziniere pensando a quegli scrittori che avevano cominciato con lavori di fatica, leggevo i notiziari in una radio pensando a quegli scrittori che avevano cominciato parlando dentro un microfono, e d'estate mi occupavo di una tartaruga d'acqua, in quella stessa radio, non sapendo a che pensare se non a quanti rifiuti produceva. E il resto del tempo leggevo e scrivevo, quando i miei amici uscivano, e quando andavano in vacanza, e le fidanzate si spazientivano. Scrivevo con tutta la furia che avevo, e con tutto il dolore che sentivo, quel male sordo che mi rosicchiava le caviglie tutti i giorni. E pensavo che quella furia mi avrebbe salvato, che le parole sarebbero state più forti e più veloci di quel tarlo, che avrebbero opposto bellezza a dolore. Poi il romanzo l'avevo finito, su in mansarda, un piccolo editore aveva deciso di pubblicarlo, e però poi era fallito proprio il giorno in cui il libro sarebbe dovuto uscire in libreria. Quello era stato il mio esordio, e una sera in casa ero anche scoppiato a piangere, e avevo pensato che il tarlo aveva vinto lui, e le caviglie avevano ripreso a sanguinare, e però poi era arrivato Claudio il cantastorie, mi aveva detto Non fare l'asino.
Poi sono passati degli anni, la mansarda l'ho lasciata, ho preso un alloggio in affitto in un quartiere popolare di Torino, e a furia di scrivere la sera, e durante le vacanze, e di pensare sempre che ne valesse la pena, non mollare, e a furia di far leggere manoscritti e far fallire case editrici, un editore prestigioso ha preso a pubblicarmi. Ed è così che nell'autunno del 2007 ho deciso che era ora che tutto questo fosse riconosciuto e, complice il rinnovo della carta d'identità, che certificassero l'esistenza di quella professione. E oggi c'è scritto Scrittore, sotto la foto. Perché dopo l'umiliazione dell'Hobby, in quell'autunno, ero tornato alla carica, con una borsa con dentro i miei libri e gli articoli di giornali che parlavano di me, e io che facevo notare all'impiegata la corrispondenza tra la foto che c'era negli articoli e il mio nome, che ero appunto io, che quindi Ero uno scrittore. E poi insomma me l'avevano scritto, sfiniti, tra le professioni, anche se in fondo non mi interessava nulla, era una provocazione, vedere che spazio aveva lo scrittore nella cosiddetta società civile. Me l'avevano concesso, alla fine, anche se non ero Geometra, Idraulico, Ingegnere, Architetto Avvocato, o Contadino, ma quella cosa confusa che che siamo, tra bellezza e dolore, con il male che continua a rosicchiare alle caviglie, lo sentiamo tutti la notte, e però c'è anche sempre lo stupore, e la voglia di metterlo tutto in parole, e dividerle con gli altri.
E poi l'anno scorso ho chiuso la partita Iva.

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