Gad Lerner (La Repubblica) 
Bentornata la politica, grazie agli ispettori dell´Agenzia delle  Entrate. Un inequivocabile segno di classe contraddistingue le proteste  della destra italiana contro il blitz antievasori di Cortina d´Ampezzo.  Confermandoci quel che Karl Marx scriveva già nel 1859 nella sua  celeberrima prefazione a «Per la critica dell´economia politica»: la  coscienza dell´uomo è determinata dal suo essere sociale. Non c´è  populismo che tenga, al dunque la nostra sensibilità è condizionata dal  censo. E stavolta una malintesa vocazione a rappresentare gli interessi  del proprio elettorato (ma ne siete sicuri, o ve lo figurate peggiore di  quello che è?) precipita i malcapitati dirigenti del Pdl sulla soglia  dell´autolesionismo. Da Paniz alla  Santanchè, dal leghista Fugatti a Galan, è tutto un inorridire per  l´«attentato alla libertà» perpetrato da «uno Stato di polizia fiscale»,  con tanto di solidarietà per i poveri commercianti ingiustamente  accusati di disonestà e molestati a Capodanno nell´esercizio del loro  lavoro. Fino al capogruppo Cicchitto che si scaglia direttamente contro  il direttore dell´Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, accusato di  «confezione ideologica del controllo fiscale» o, peggio, di «operazione  politica e mediatica di carattere propagandistico». Davvero? Propaganda  contro chi? In favore di chi? Tocca infine alla Gelmini, fino a ieri  responsabile dell´educazione dei nostri figli, manifestare sul piano  culturale il proprio sdegno: «L´idea che la ricchezza sia male, un  fondamento ideologico della sinistra radicale, non credo possa essere  condivisa da un esecutivo che fonda la sua maggioranza sul Pdl». Che gli  ottanta ispettori entrati in azione a Cortina siano in realtà dei  militanti vendoliani travestiti? Perché mai la loro azione risulterebbe  incompatibile col programma di un governo che pure ha assunto la lotta  all´evasione fiscale fra le sue priorità? Siamo al dunque, perché  l´incattivirsi di una crisi che impoverisce i ceti popolari e brucia  posti di lavoro, ripropone con brutalità le differenze di classe. La  prolungata, falsa rappresentazione di uno stile di vita omologato nel  consumo di massa – l´illusione della fine delle classi sociali – non  regge più quando lo Stato, per non fallire, è costretto a mettersi in  caccia della ricchezza nascosta. Certo, chi ha protetto finora la  ricchezza nascosta, addirittura esaltandola come risorsa, fatica a  riconoscerla per quello che è: una vera e propria piaga nazionale. Per  questo la destra italiana – antiborghese piuttosto che liberale – agita  le acque. Incapace com´è di distinguere la ricchezza generata col  talento imprenditoriale dalla ricchezza accumulata con l´illegalità e le  rendite di posizione, addebita ai funzionari dello Stato un profilo  ideologico esistente solo nella sua propaganda: la demonizzazione del  benessere, l´incitazione all´odio di classe. Ma dove vivono? Temo per  loro che ormai non attacchi più. Il vittimismo dei furbi abbindolava i  poveracci quando s´illudevano di poterli emulare, e quindi li  ammiravano. Ma ora che le ricette anticrisi incidono profondamente sul  reddito e sul risparmio dei cittadini, torna a contare in politica  quella nozione di giustizia sociale fino a ieri oltraggiata – talvolta  perfino a sinistra – con l´ambigua raccomandazione a non lasciarsi  tentare dalla cosiddetta “invidia sociale”. Alla fine pure la destra  dovrà prenderne atto: i commercianti che moltiplicano gli incassi solo  in presenza dell´ispettore e i proprietari di auto di lusso col reddito  minimo, nell´Italia del 2012 hanno perduto l´egemonia culturale insieme  alla reputazione. Una destra liberale dovrebbe difendere gli interessi  della borghesia orgogliosa del reddito e del patrimonio conseguito  grazie alla sua capacità di fare impresa, e quindi dichiarato. Crede  forse, Cicchitto, che i molti benestanti proprietari di auto di lusso  ispezionati a Cortina, e risultati in regola col fisco, facciano il tifo  per i disonesti contro gli ispettori? Purtroppo una destra che ha  lucrato sull´indulgenza per gli evasori, registra con ritardo questo  diffuso bisogno di giustizia sociale che pure le spetterebbe declinare a  tutela delle esigenze imprenditoriali, come avviene negli altri paesi  occidentali. Rischia di pesare su taluni suoi esponenti perfino  un´asincronia culturale che rende faticoso adeguare lo stile di vita nel  tempo della crisi: il lusso ostentato fino a ieri come dimostrazione  del proprio potere, diviene un handicap. Stupisce che non l´abbiano  percepito tre politici navigati come Schifani, Casini e Rutelli volati a  svernare in un costoso resort delle Maldive dopo aver votato i  sacrifici, come se niente fosse, senza intuirne la sconvenienza. Un  altro punto a favore dei tecnici che reggono il governo, benestanti  anch´essi, ma addestrati per cultura alla sobrietà. L´Italia dei  tartassati si dividerà inevitabilmente nel conflitto sociale che  accompagna le riforme del fisco, della previdenza e del mercato del  lavoro. La sinistra certo faticherà a recuperare un rapporto con le  classi subalterne nella bufera della crisi. Ma la destra che agita lo  spauracchio di un´Equitalia bolscevica quando finalmente si perseguono i  disonesti, è messa peggio. Bentornata la politica, e niente paura:  contro gli evasori potrà essere interclassista.
 
 
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