23.3.13

M5S. Ma sanno di cosa parlano?

Ernesto Maria Ruffini - Espresso Blog

Questa è stata la mia reazione alla conferenza stampa tenuta – con l’ormai nota aria da “eeeh-noi-si-che-la-sappiamo-lunga” – dalla capogruppo grillina alla Camera e da alcuni deputati del M5S, nella quale si è parlato dei bilanci di Camera e Senato: “La Camera dei deputati nel 2013 spenderà complessivamente 1.300 milioni di euro come budget per il suo funzionamento che sommato al budget del Senato arriva a sfiorare una cifra più o meno pari a 2 miliardi di euro”; cifre fornite, suppongo, dall’aspirante questore (della Camera), autodefinitasi nella stessa conferenza “mangiatrice di bilanci”. Ora come potete vedere qui e qui (pag. 52 e seguenti), le spese della Camera nel 2013 saranno 1.062 milioni (1.196 meno il riporto a esercizi futuri dell’avanzo di gestione di 134, che una spesa proprio non è) e quelle del Senato 567 milioni (584 milioni meno 17 milioni di risparmi da riversare allo Stato); totale: 1.629 milioni. Come dire che la capogruppo e la “mangiatrice di bilanci” esordiscono nei loro autoimposti ruoli di catonesse contabili con un errore di quasi 400 milioni, circa il 20% del totale; se il buongiorno (e la precisione) si vedono del mattino…
Ma anche volendo passare sopra l’errore (che appare grande più che altro per la presunzione con il quale è presentato dalle due esponenti del M5S), c’è qualcosa di sbagliato o, per meglio dire, di fuorviante nel discorso: ma davvero è questo il primo problema dell’agenda politica?
Allarghiamo un po’ il panorama e proviamo a fare un totalone, riferito al 2010, ultimo anno per il quale si dispongono di tutti i dati (in particolare quelli locali); è un calcolo consapevolmente spanno metrico (forse un po’ sottostimato), ma che approssima i cosiddetti “costi della politica” molto più di questo, frettolosamente presentato come tale dalla stampa (ma non dall’attento autore).
Stato (analisi per missione, voce “Organi costituzionali, a rilevanza costituzionale e Presidenza del  Consiglio dei ministri”): 3.161 milioni.
Regioni (tavola 2, voce “Servizi degli organi istituzionali”; impegni di spesa): 897 milioni; segnalo ai grillini che il 18% della somma era imputabile alla sola Sicilia: buon lavoro.
Province (tavola 3a, voce “Organi istituzionali, partecipazione e decentramento”; impegni di spesa): 404 milioni.
Comuni (tavola 3a, voci “Organi istituzionali, partecipazione e decentramento” e “Indennità per gli organi istituzionali degli enti”; impegni di spesa): 1.938 milioni.
Rimborsi_elettorali: 74 milioni; il dato però riguarda solo le regionali 2010; lo sostituisco con una media dal 1994 al 2010 (2.305 milioni complessivi), con il che si sale a 136 milioni. Peraltro, parte  di queste cifre (se non tutte) passa già per i bilanci delle Camere, ma, visto l’importo (relativamente) contenuto, facciamo finta di niente.
Mancano le spese sostenute dallo Stato per l’organizzazione di elezioni, referendum, ecc., ma voglio credere che non sia intenzione dei grillini tagliare anche tali spese o addirittura annullarle; per quanto, a organizzarsi un poco, si potrebbe tornare a votare in un solo giorno e, magari, passare al voto elettronico.
Possiamo quindi dire che il costo complessivo (e approssimativo) della “macchina” politica è stato nel 2010 di 6.536 milioni. Di quanto supponiamo che i virtuosi grillini riescano a tagliare il tutto? Di metà, come propongono per le indennità parlamentare? Bene: sono 3.268 milioni di risparmi. Ora proviamo a confrontare questo risparmio con il totale delle spese pubbliche, sempre del 2010; perché, come diceva il compianto Luigi Spaventa, i numeri hanno senso quando sono relativi, quando sono commisurati a qualcosa. La spesa di tutte le amministrazioni pubbliche in Italia è stata, nel 2010, di 795.311 milioni, secondo il conto consolidato fornito da Banca d Italia (tavola a13.1).
Quindi il risparmio sarebbe il 4,1 per mille (neanche per cento) del totale. Come dire: devi pagare un conto di 1.000 euro, no, guarda, sono 996.
Sia ben chiaro, io non nego che ci siano buone ragioni per tagliare i costi della politica, ragioni, prima di tutto morali, che vanno al di là delle nude cifre. E, anche a voler considerare solo queste ultime, non sputerei certo su 3 miliardi e passa di euro di minori spese: sono pur sempre soldi o, come si direbbe a Genova, palanche. Insomma, è giusto farlo: e visto che per farlo basta volerlo, facciamolo anche subito.
Ma il punto è: basta questo per fare un programma di governo o anche solo costruirvi sopra l’azione di un partito politico? È sufficiente questo proposito per gettare fango sulla politica e sui partiti che hanno garantito la democrazia in questo Paese? Non c’è un po’ di sproporzione fra l’attenzione che vi si dedica e l’importanza concreta? Non si sta gettando un po’ di sabbia negli occhi?
E, infine, per tornare alla mia materia, il fisco, non è un po’ contraddittorio che il M5S sermoneggi sull’importanza cruciale di 3 miliardi su 795 e poi sostenga l’abolizione dell’Imu sulla prima casa con l’argomento “tanto-sono-solo-4-miliardi-su-714” (blog di Claudio Messora, “comunicatore” del M5S)?

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