26.9.14

Duane Hanson - L'arte è vita, e la vita è realistica

(arte.go)
di Thomas Buchsteiner

Duane Hanson
Duane Hanson
"Non riproduco la vita, faccio una dichiarazione sui valori umani. La mia opera si occupa di persone che conducono un'esistenza di calma disperazione.
Mostro il vuoto, la fatica, l'invecchiamento, la frustrazione.
Queste persone non sanno reggere la competitività. Sono degli esclusi, degli esseri psicologicamente handicappati."

La gente è il soggetto principale di Duane Hanson. Le persone che riproduce nelle sue sculture costituiscono lo strumento attraverso cui comunicare il suo messaggio. Non sono individui specifici. Non sono personaggi speciali, quasi non si fanno notare, perché provengono dalle masse. Nel corso della sua vita Duane Hanson ha notato queste persone e il suo occhio allenato le ha spesso individuate ai margini della folla: ai margini, perché neppure le masse lasciavano loro uno spazio al centro, mentalmente o fisicamente.
Per oltre trent'anni, questi perdenti nella vita, questi eroi della vita quotidiana hanno determinato l'attività artistica di Duane Hanson. L'artista ci ha lasciato un totale di 114 "sculture di vita", alcune delle quali in numerose varianti e molte così realistiche che chiunque conosca la storia di Pigmalione narrata da Ovidio tenterebbe di infondervi la vita. Molti spettatori sono sconcertati da ciò che vedono e provano un misto di profonda emozione e ammirazione.
In un'epoca in cui la simulazione al computer e la magia dell'elettronica hanno confuso la nostra visione della realtà e della somiglianza, della realtà e della realtà virtuale, il messaggio di Duane Hanson sembra farsi ancora più urgente, più forte e più persistente, perché la qualità tridimensionale dei suoi individui sollecita una risposta emozionale che va ben oltre le nostre normali reazioni alle immagini bidimensionali.
Le sue immagini umane non reagiscono quando sono fissate in modo insistente. Si vorrebbe toccare con mano la loro realtà sconcertante, quasi oscena, odorare la loro vicinanza, o perlomeno incontrare il loro sguardo. Possiamo additare queste strane persone, possiamo parlare di loro per tutto il tempo che vogliamo, anche ad alta voce, ed esse non reagiscono: è uno stato a metà strada fra attrazione e disagio che, quanto a effetti drammatici, va molto più in profondità dell'interazione con una Play Station. Ma qui c'è la comunicazione. Nel nostro essere più profondo recepiamo il messaggio di Duane Hanson, da lui trasferito, attraverso questo materiale incarnato, dal mondo esterno al mondo interno del museo e che noi - non potendoci sottrarre a questo dialogo - consciamente o inconsciamente ci portiamo dietro nel mondo esterno. Sentiamo che le persone in fibra di vetro di Hanson vivono anche nel nostro mondo, che c'imbattiamo in loro ogni giorno, talvolta il mattino presto vicino alla buca delle lettere, o più tardi alla stazione di benzina, in ufficio, alla cassa del supermercato, o la sera, mentre andiamo a teatro o ordiniamo la cena in un ristorante. Vediamo la stessa rassegnazione, lo stesso vuoto, la stessa solitudine, la stessa noia e disperazione che Duane Hanson ha registrato nelle sue opere dedicate al modo di vita americano. I motivi che l'artista attinge dai ceti bassi e medi della società americana s'identificano perfettamente con i cliché e i pregiudizi degli europei riguardo alla vita americana.
Duane Hanson trasforma la realtà della vita nel realismo dell'arte. Il suo mondo reale artificiale diventa di nuovo quotidiano nel mondo reale dell'arte del museo, acuendo la nostra visione del futuro, del mondo, degli esseri umani nostri confratelli, e anche delle nostre vite.
Duane Hanson era nato il 17 gennaio 1925 ad Alexandria (Minnesota), nel Midwest americano. I suoi genitori, Agnes Nelson e Dewey O. Hanson, erano svedesi immigrati in America. Gestivano un caseificio rurale, e Duane era cresciuto in un'atmosfera protettiva e amorevole all'interno di un sistema di valori tipicamente americani. Quando Duane aveva cinque anni la famiglia si trasferì a Parkers Prairie, una cittadina di settecento abitanti, nessuno dei quali aveva un qualsiasi interesse per l'arte a parte Duane. "Immagino di essere stato l'unico eccentrico dei dintorni", ricorderà più tardi l'artista. Duane era costantemente occupato a dipingere, scolpire e modellare, e i suoi amici e allievi nella scuola del paese traevano vantaggio dai suoi molti interessi e indubbi talenti. Suonava il piano, scriveva opere per il teatro e racconti, e gli piaceva recitare. Si dice che a Parkers Prairie fosse disponibile un solo libro d'arte e che di esso Hanson amasse in modo particolare le riproduzioni dei ritratti degli inglesi Thomas Gainsborough e Sir Joshua Reynolds, quest'ultimo pittore di corte nonché ritrattista ufficiale dell'aristocrazia del Settecento. Più volte Hanson prese a prestito questo libro nella biblioteca locale e la sua prima creazione artistica si basò infatti su un famoso dipinto di Gainsborough.
Duane scolpì in legno The Blue Boy (Il ragazzo in azzurro) dipinto da Gainsborough nel 1770. Tradusse l'immagine bidimensionale in una scultura tridimensionale e poi la dipinse come nel quadro, aggiungendo inizialmente un cappello nella mano destra. All'epoca Duane aveva tredici anni. Cinque anni dopo, non fu una sorpresa per nessuno che decidesse di studiare arte. Si era nel 1943, in piena seconda guerra mondiale, quando tutti venivano arruolati nell'esercito, ma Duane era stato dichiarato inabile a causa delle sue allergie. Si iscrisse al Luthor College di Decorah (Iowa) e l'anno successivo passò alla facoltà d'arte dell'Università di Washington a Seattle. Gli piaceva discutere con il vecchio scultore Dudley Carter, che scolpiva a colpi d'ascia, e da lui apprese moltissimo anche se non ne amava lo stile rude.
Seattle era però molto lontana da casa e durante la guerra non era facile viaggiare. Dopo un anno e mezzo Duane tornò nel Minnesota e si iscrisse al Macalester College di St Paul. Nel giugno 1946 si diplomò in lettere. Questo periodo nel Minnesota fu particolarmente stimolante per Duane Hanson perché conobbe Alonzo Hauser e John Rood, due scultori piuttosto famosi in quegli anni, con i quali intrecciò un'amicizia destinata a durare nel tempo. Molto importanti per lui furono le proficue discussioni teoriche avute con Rood, le cui figure scolpite lo avevano profondamente colpito. L'apprezzamento del suo lavoro da parte di questi due amici lo spinse a iscriversi alla famosa Cranbrook Academy of Art di Bloomfield Hills (Michigan) per concentrarsi sulla scultura. Bloomfield Hills era una piccola città a una trentina di chilometri da Detroit, ma la sua accademia d'arte godeva di una straordinaria reputazione. La maggior parte degli edifici in cui aveva sede era stata progettata da Eliel Saarinen, noto sia per le sue forme storicizzanti sia per il modo felice in cui sapeva integrare l'architettura nel paesaggio, oltre che per essere il padre dell'ancora più famoso architetto e designer finlandese Eero Saarinen. Alla fine degli anni trenta insegnavano alla Cranbrook i designer Charles Eames e Harry Bertoia, che insieme ad altri artisti impartirono un carattere molto speciale a questa istituzione che era insieme accademia, centro di ricerca, colonia di artisti e museo. Il sistema d'insegnamento, non prevedendo né classi né voti, garantiva la massima libertà e un contatto diretto con i professori - i "maestri artisti" - e ciò si ripercosse positivamente sui pochi studenti accuratamente selezionati.

Alla Cranbrook Hanson conobbe anche lo scultore svedese Carl Milles, che già godeva di fama internazionale grazie soprattutto ai suoi bronzi monumentali. Milles era responsabile del settore scultura della Cranbrook e dedicò parecchio tempo a Hanson. Fra i due esisteva una stima reciproca. "L'apprezzamento di Milles significava molto per me. Amavo il suo lavoro, e lo amo tuttora, ma credo che non fosse fatto per me." Sebbene all'epoca fosse di moda l'astrazione, le poche opere di Hanson risalenti a quel periodo e oggi sopravvissute sono di tipo figurativo, ma riflettono chiaramente la ricerca di uno stile, attraverso tentativi in ogni direzione dall'astrazione al realismo. Lo stesso Hanson ha affermato: "Provavo a fare delle opere astratte, ma poi ci mettevo sempre dentro un pezzetto di braccio o di naso. Non sono mai riuscito a fare qualcosa di non figurativo." Nel 1951 Hanson conseguì il Master of Fine Arts alla Cranbrook. Si sposò con una giovane e ambiziosa cantante d'opera, Janice Roche; per breve tempo insegnò arte alla Edgewood High School di Greenwich (Connecticut) e successivamente alla Wilton Junior High School di Wilton. La sua prima mostra personale ebbe luogo già nel 1952, presso la Wilton Gallery, ma Hanson era profondamente scontento delle proprie creazioni. Da una parte era alla ricerca di un proprio stile personale, ma dall'altra voleva conquistare prima possibile le gallerie di New York quale esponente dell'espressionismo astratto, corrente diffusa all'epoca. Era un obiettivo praticabile, ma dal punto di vista artistico era frustrante e deprimente, perché tutti i tentativi di Hanson di esprimersi in quello stile fallivano miseramente. Non riusciva a trovare la sua strada come artista, ma aveva la vaga idea che forse l'Europa gli avrebbe fornito qualche stimolo. Perché non cercare un posto d'insegnante presso una scuola americana in Europa, in una di quelle città dove c'erano contingenti di soldati americani? Questa idea diventò realtà nel 1953. Trovò lavoro a Monaco, dove insegnò per i quattro anni successivi in scuole affiliate all'esercito americano. "Ho realizzato qualche pezzo formalista, delle creazioni esteticamente riuscite, in pietra, legno e argilla, persino delle opere in metallo saldato e qualche dipinto. Ma non ho mai perseverato in nessuno di questi generi, e nemmeno ho tentato di sviluppare la mia ricerca. Tutto finiva sempre nel decorativo." Artisticamente si trovava dunque ancora in una fase di ristagno, ma in questo periodo scoprì i musei tedeschi che venivano allora ricostruiti o che, come la Haus der Kunst di Monaco, erano sopravvissuti alla guerra.
A questo punto il caso intervenne a cambiare la sua vita. Nel 1957 Hanson fu trasferito a Bremerhaven, con un incarico di tre anni presso la scuola militare della città. Nel 1958 espose diverse nuove opere alla Galerie Netzel di Worpswede e probabilmente nello stesso periodo fece la conoscenza di George Grygo. Grygo era uno scultore, non molto famoso, ma abbastanza bravo da aver appena ottenuto un incarico per sculture destinate agli spazi pubblici di varie città distrutte dalla guerra. Duane Hanson rimase molto colpito, non dall'incarico ricevuto da Grygo e neanche dal modo in cui lo scultore lavorava, ma dai materiali di cui si serviva: resina poliestere e fibra di vetro. Duane Hanson era affascinato dalle possibilità offerte da questi materiali.
Quando nel 1961 tornò negli Stati Uniti per insegnare all'Oglethorpe College di Atlanta (Georgia), Hanson cominciò a lavorare con la resina poliestere. In America non conosceva nessun artista che si servisse di questo materiale, ma intuiva che gli sarebbe stato prezioso per instillare vitalità nella propria arte, solo che non sapeva bene quale soggetto potesse racchiudere quell'energia e quella forza di espressione che tanto disperatamente voleva infondere nelle sue opere.
Ogni sua creazione, anche quelle realizzate in collaborazione con vari architetti, era da lui giudicata in modo molto autocritico, come nient'altro che un esercizio stilistico di routine; un rilievo eseguito per un edificio era da lui considerato una pura e semplice decorazione.
Duane restò in Georgia per cinque anni. Non fu un periodo facile per lui, né come artista né come uomo. Il movimento per i diritti civili degli anni sessanta, la tensione politica, le sommosse, la generale scontentezza e la violenza brutale nelle strade d'America erano sentiti fortemente nel sud, e ancora di più da Hanson, originario del nord. Il suo conflitto personale consisteva nel fatoo che, in quanto artista, voleva fare qualcosa riguardo all'atmosfera che si era creata, smantellare la mostruosa ipocrisia e la segregazione ancora fortemente radicata nella società, ma non trovava il modo di esprimere il proprio senso della giustizia. Cosa lo animasse risultava evidente in diverse opere di questo periodo (in gran parte oggi non più esistenti), che lasciavano anche intuire come successivamente sarebbe riuscito a superare questo conflitto interiore. Nel 1963 gli fu conferito il premio Ella Lyman Cabot Trust per la sua opera scultorea, cui si aggiunse una somma di duemila dollari per continuare le sperimentazioni con la resina poliestere.
Tuttavia la fine del periodo di Atlanta fu segnata dalla delusione e dalla frustrazione, oltre che dal divorzio da Janice Roche e dalla separazione dal figlio. Hanson aveva quarant'anni. Il trasferimento a Miami nel 1965 rappresentava per lui un nuovo inizio.
Il suo lavoro d'insegnante al Miami Dade College si dimostrò più impegnativo di quanto si fosse aspettato. Forse a causa del necessario adattamento egli cominciò a percepire con curiosità le prime avvisaglie della Pop Art e l'uscita di scena dell'espressionismo astratto. Artisti come George Segal e Edward Kienholz, Jasper Johns e Robert Rauschenberg lo interessavano in modo particolare. Le banalità e futilità dell'esistenza quotidiana iniziavano a essere considerate da questi artisti come materiale iconografico, ed essi ne facevano il soggetto delle loro opere, elaborandolo in forme non ambigue e comprensibili. "La pop art mi ha certamente stimolato, specialmente le opere di George Segal."
George Segal, più giovane di un anno di Hanson, aveva incominciato già alla fine degli anni cinquanta a produrre figure umane con fil di ferro, juta e gesso. All'inizio degli anni sessanta realizzò i primi calchi di persone in carne e ossa, che venivano eseguiti con un procedimento di fasciature e montati con la "pelle" del calco rivolta verso l'esterno. Sempre impressionisticamente irregolari e grezze, queste figure venivano inserite dall'artista in installazioni volte a inscenare le abitudini, le banalità e le monotonie della vita americana: al botteghino del cinema, nella stanza da bagno, alla stazione di benzina, o anche sull'autobus o nell'atto di dipingersi le unghie.
Hanson riteneva Kienholz e Rauschenberg troppo surreali e staccati dalla realtà, mentre Johns e altri artisti che lo interessavano lavoravano solo con singole parti del corpo o torsi. Tuttavia questi artisti - e altri come Paul Thek, con la sua Death of a Hippie (Morte di un hippie) del 1967, o persino Etant donnés di Marcel Duchamp, che Hanson non poteva aver visto al Museum of Art di Filadelfia prima dell'estate del 1969 - lo influenzarono, lo guidarono, gli diedero forza e gli offrirono ripetute conferme.
Hanson impartì una svolta decisiva alla sua arte nel 1965 con una scultura intitolata Abortion (Aborto).
Nel lavoro di Segal trovò l'idea del materiale e l'ispirazione per le tecniche di esecuzione; un dibattito in Florida sulla questione dell'aborto gli fornì il soggetto.
Alcuni incompetenti medici cubani avevano praticato aborti clandestini a giovani donne disperate, alcune delle quali erano morte o avevano riportato gravi lesioni. Hanson era favorevole alla legalizzazione dell'aborto e voleva documentare la propria posizione e anche la frustrazione di fronte al mancato intervento del governo.
La figura scolpita, lunga circa 60 cm, rappresenta una giovane ragazza incinta stesa su un tavolo e completamente coperta da un lenzuolo. "Volevo fare una denuncia sulle ragioni per cui la società le costringeva a rischiare un aborto clandestino. Bisognava fare qualcosa per scuotere il pubblico dalla sua passività."
Modellò in argilla il corpo della ragazza, poi lo ricoprì di fibra di vetro e resina poliestere per creare una forma esatta dal punto di vista scultoreo, ma leggera sotto il lenzuolo. La scultura rappresentava in modo così esplicito l'esito fatale di un aborto clandestino che non mancò di produrre un notevole effetto. Gli amici persuasero Hanson a candidare quest'opera alla mostra annuale Sculptors of Florida.
Dopo varie e accese polemiche, Abortion e un'altra scultura di Hanson vennero scelte dalla giuria dell'esposizione. Ma la vera battaglia sarebbe iniziata con l'inaugurazione della mostra.
La reazione dei critici locali è esemplificata dalle parole di Doris Reno sul "Miami Herald" del 20 ottobre 1966: "Non la riteniamo un'opera d'arte, perché inevitabilmente consideriamo oggetti come questo e realizzazioni come queste estranei alle categorie dell'arte. Troviamo discutibile il soggetto e auspichiamo vivamente che opere di questo genere, che mirano unicamente a esprimere l'esperienza in modo crudo, vengano descritte con qualche altro nome. Questa, ovviamente, è l'ultima novità in fatto di 'scultura', ma ciò non toglie validità alla nostra asserzione che questa non sia arte".
L'ondata di indignazione sollevata fu pari a quella di consenso e le polemiche si fecero talmente accese che il consiglio del college proibì a Hanson di realizzare le sue opere nell'atelier di scultura della scuola. Qualche tempo dopo Hanson affermò: "Qui c'era infine qualcosa che desideravo profondamente esprimere sulla vita intorno a noi. Ma la cosa più importante è che, dopo anni di tormentati tentativi di creare opere astratte, non oggettive e convenzionali [...] avevo scelto il realismo come mio modo d'espressione". Anche il rifiuto e il consenso suscitati lo motivarono a formulare le sue opinioni sociali e politiche attraverso la scultura. Era uno scultore, un artista visivo. Per lui l'arte era la vita, e la vita era realistica. Ciò gli era ormai chiaro.
Negli anni successivi, sempre nello spirito del movimento di protesta, Hanson creò sculture che trattavano i temi della miseria sociale, il suicidio, lo stupro, il razzismo e la violenza. Per Welfare-2598 (Società del benessere - 2598) si servì della fibra di vetro e della resina poliestere, gli stessi materiali che aveva visto usare dallo scultore George Grygo in Germania e che tanto lo avevano colpito. Qui la figura a grandezza naturale di un uomo giaceva in una bara nera costruita dal padre e dallo zio di Hanson. "Questa scultura ha come tema la morte di un poveretto cui nessuno presta la minima attenzione. Lì c'è il suo corpo, ma è solo un numero. [...] È ingiusto. Forse non era molto brillante come soggetto. Ma l'idea della morte era per me molto importante e ci tenevo a condividere con altri i miei sentimenti. Perché non dovremmo insorgere contro le cose assurde e stupide che fa la gente, in particolare i burocrati?"
Anche quest'opera suscitò dibattiti e discussioni su cosa sia l'arte e fino a che punto possa spingersi un artista. La reputazione di Duane Hanson e il suo interesse per il macabro cominciarono a radicarsi nella coscienza pubblica.
Nello stesso anno, 1967, Hanson realizzò i primi calchi dal vivo. Una delle sue sculture rappresentava un suicida, un uomo in shorts appeso a una trave, il capo inclinato da un lato. Un'altra mostrava una ragazza seminuda assassinata: distesa su un letto, coperta di sangue, l'arma del delitto ancora conficcata nel corpo. Una terza opera raffigurava la vittima di uno stupro, seminuda e legata a un albero. Una scena di violenza pura, uno dei molti crimini compiuti da varie bande di motociclisti di cui spesso all'epoca parlavano i media. Lavorare con modelli in carne e ossa e i primi tentativi di ricavare dei calchi direttamente dal modello furono esperienze stimolanti per Hanson, che da quel momento disponeva di innumerevoli opportunità per allestire e cambiare la sua messinscena finché l'opera non rifletteva veramente la realtà.
Inoltre, la tecnica del calco, l'assemblaggio delle parti del corpo e il vestire le figure gli permettevano di creare sculture quasi iperreali. Sapeva che migliorando la tecnica poteva potenziare l'effetto dei suoi lavori.
Ma per lui queste sculture erano dei semplici esperimenti, degli studi (mai esposti), perciò non fu particolarmente dispiaciuto quando tutte e tre le sculture andarono distrutte nell'incendio della casa di un amico, dove le aveva temporaneamente lasciate quand'era partito per New York.
Nel 1967, gli atteggiamenti discordanti dei contemporanei nei confronti della partecipazione americana alla guerra del Vietnam lo spinsero a creare War (Guerra), un gruppo di sculture che per l'artista era anche una dichiarazione contro la violenza e la guerra in generale, in sostegno di tutti quelli che, direttamente o indirettamente, soffrivano proprio a causa della guerra. War si compone di cinque figure di soldati in uniforme, morti o feriti, che potrebbero appartenere a qualsiasi esercito del mondo e che ora giacciono su un campo di battaglia, coperti di fango e di sangue. Un'altra opera realizzata nel 1967, Race Riot (Tumulto razziale), anche questa con calchi ricavati da modelli, ha per soggetto la violenza di strada. L'artista vi combina temi come il sostituirsi alla legge, la criminalità, la tensione razziale e i diretti e brutali attacchi dei rappresentanti della cosiddetta democrazia contro le minoranze e i cittadini più deboli. Sette figure sono coinvolte in un violento scontro armato. Un corpulento poliziotto colpisce un nero sulla testa con il manganello, mentre alcuni aggressivi cittadini sono pronti a farsi essi stessi tutori della legge. In America, a quei tempi, era una scena tutt'altro che eccezionale. Nel 1969, in occasione di una mostra presso il Whitney Museum di New York, alla quale Hanson partecipò, il critico David L. Shirey segnalò quest'opera, tra quelle presentate, come una delle più forti. Ma in seguito Hanson decise che le figure erano troppo "legnose" e ne distrusse cinque, salvando soltanto quelle del poliziotto con il manganello e del nero raggomitolato a terra.
Sempre nel 1967, in un atelier un po' più spazioso a Opa-Locka, Hanson creò Gangland Victim (Vittima di una gang), ossia il corpo incatenato e mutilato di un annegato, già in fase di decomposizione, attaccato a un blocco di ferro destinato a trattenerlo sul fondo di qualche fiume americano: una denuncia del crimine organizzato. L'anno successivo Hanson ricevette per quest'opera il Florida State Fair Award of Merit e il membro della giuria George Segal fu il più prodigo di elogi. Anche in Motorcycle Accident (Incidente motociclistico) del 1967 Hanson voleva dire qualcosa sulla morte. "Per fare il calco ho messo in posa un modello avviluppato alla moto rovesciata, poi ho spezzato braccia e gambe del calco. Non mi preoccupavo che la figura fosse rifinita nei dettagli. Ero più interessato al simbolismo della morte e della violenza." L'opera, anch'essa premiata, fece sensazione allorché fu chiesto che, assieme a Gangland Victim, venisse esclusa da una mostra al Bicardi Museum di Miami. Ci furono proteste cittadine, intervennero i media, furono coinvolti critici e la scena artistica della Florida, finché il direttore del Miami Art Museum, sostenitore di Hanson, propose di esporre le opere nel proprio museo. "Il giorno dell'installazione delle sculture io mi sono sposato e sono partito in luna di miele per una decina di giorni. Quando siamo tornati ci aspettava una pila di articoli di giornali." Trash (Rifiuti, 1967), dove si vede un neonato morto in un bidone di rifiuti, e Pietà (1968), che rappresenta un uomo di colore morto fra le braccia di una giovane donna, citando nella sua composizione immagini devozionali storiche - più tardi Hanson distrusse quest'opera - segnarono la conclusione del suo periodo di critica politico-sociale, periodo in cui nel suo lavoro di scultore erano confluiti la sua visione critica profondamente radicata, la sua coscienza sociale, la sua epoca, ma certamente anche lo spirito degli anni sessanta, il movimento di protesta, la guerra del Vietnam e la generale situazione di scontentezza.
Da quel momento in poi Duane Hanson si concentrò sempre più su individui singoli, sul loro aspetto tipico, quasi caricaturale e comico, e su atteggiamenti e pose visibili, spesso rappresentativi dell'intera nazione. Al tempo stesso cercò di rendere più drammatiche le sue figure tramite l'effetto del "movimento istantaneo". Un primo tentativo in questo senso è già evidente in Race Riot; seguì nel 1968 Football Players (Giocatori di football), in cui tre atleti sono selvaggiamente e quasi teatralmente avviluppati attorno alla palla, quasi come in un tableau.
L'effetto shock delle sue sculture, le polemiche di cui si fecero portavoce i media e la conseguente pubblicità fecero diventare famoso Hanson in Florida, ma negli altri stati l'artista era ancora un perfetto sconosciuto. Gli amici gli consigliavano di mettersi in contatto con importanti gallerie newyorkesi, di inviare loro diapositive delle sue opere, perché era New York a consacrare la fama di un artista. Dopo lunghe riflessioni Hanson inviò del materiale alla Leo Castelli Gallery. Leo Castelli e Ivan Karp avevano fortemente contribuito al successo della pop art promuovendo artisti come Roy Lichtenstein, Robert Rauschenberg, Jasper Johns, Tom Wesselmann, Andy Warhol, James Rosenquist e Mel Ramos. La reazione di Ivan Karp alla lettera di Hanson fu particolarmente positiva: gli scrisse lettere incoraggianti, nel 1969 organizzò la sua partecipazione a una mostra al Whitney Museum e infine lo persuase a trasferirsi a New York in modo da poterlo seguire più da vicino. Nel 1969 Duane Hanson prese casa in un grande studio al 17 di Bleeker Street insieme alla giovane e bella moglie Wesla Host, una danese conosciuta a Miami. Il futuro era ricco di speranze, New York era eccitante e piena di contrasti. L'edificio in cui abitava Hanson sorgeva di fronte a una chiesa cattolica dove i senzatetto potevano trovare ogni giorno un pasto caldo. "Guardavo fuori dalla finestra e li vedevo. Si riempivano d'alcool durante il giorno e se ne stavano distesi sul marciapiede di fronte alla nostra porta... È scioccante vedersi davanti queste persone che vivono sulla strada... Dovevo fare qualcosa."
Nacque così Bowery Derelicts (I derelitti di Bowery, 1969), la sua ultima installazione di critica sociale, comprendente più figure, e una delle sue opere più importanti. Tre barboni ubriachi e trasandati giacciono in mezzo alle immondizie e alle bottiglie vuote, in un ambiente così realistico che quasi se ne avverte l'odore. Vale la pena ricordare che Hanson modellò le teste delle figure mentre i corpi erano calchi di modelli. In confronto ad altre sculture, la disposizione e i gesti di queste sono molto più semplificati. Con quest'opera Hanson si rese finalmente conto che quando rappresentava problemi sociali come la violenza, la criminalità o la sofferenza e la miseria, denunciandoli nel modo diretto ed espressivo tipico delle sue prime opere, l'attenzione si concentrava sempre sui temi stessi e non sulla loro elaborazione e trasformazione artistica in sculture tridimensionali.
Nei successivi quattro anni trascorsi a New York, fino al 1973, Hanson produsse oltre venticinque sculture, per la maggior parte raffiguranti americani "tipici" che conducono esistenze del tutto normali. "Perché non prendere il tizio seduto proprio accanto a me, i fatti che succedono, ciò che vedo alla televisione e sui giornali?"
Talvolta le pose e i gesti dei suoi individui di plastica erano ancora impostati dall'effetto del "movimento istantaneo", come nei casi della figura che avanza con passo di marcia del Baton Twirler (Majorette, 1971), del Rock Singer (Cantante rock, 1971) o anche dei Boxers (Pugili, 1971). Ma Hanson realizzò che il movimento "congelato" risultava troppo controllato, come nel suo Woman Cleaning Rug (Donna che pulisce il tappeto, 1971), togliendo all'opera realismo e forza persuasiva, mentre una scultura come Seated Artist (Artista seduto, 1971) manteneva una forte carica di energia e una maggiore espressività. La gamma dei suoi nuovi motivi spaziava ora dalle caricature comiche - per esempio Bunny (Coniglietta, 1970), una satira della febbre del "Playboy" americano, i primi Tourists (Turisti, 1970), Supermarket Shopper (Cliente del supermercato, 1970), Housewife (Casalinga, 1970) o anche Sunbather (Bagnante al sole, 1971) - al Reclining Man Drinking (Uomo che beve accovacciato, 1972): una risposta assolutamente seria al problema dell'alcolismo. A metà fra questi due opposti c'erano sculture come Hard Hat (Operaio edile, 1970), Businessman (Uomo d'affari, 1971) e Lady with Shopping Bags (Donna con le borse della spesa, 1972), che in seguito l'avrebbero reso famoso.
Certamente, le grandi tele colorate dei fotorealisti di quegli anni lo ispirarono, stimolarono e incoraggiarono durante il periodo newyorkese. Artisti come Richard Estes, Malcom Morley, Robert Bechtle e altri raffiguravano nei loro dipinti stazioni di benzina, vetrine di negozi, strade e stanze di soggiorno che sembravano delle vere e proprie fotografie. Altri, come Chuck Close, dipingevano ritratti realistici come biografie, e Duane Hanson tradusse queste tendenze artistiche nella tridimensionalità. Ma le sue sculture erano più magnetiche, più emozionanti e molto più penetranti di qualsiasi dipinto fotorealistico. Poichè il fotorealismo era uno dei temi dell'esposizione internazionale d'arte Documenta 5 svoltasi a Kassel nel 1972, Hanson fu invitato a esporre Bowery Derelicts (1969) e Seated Artist (1971). Entrambe le sculture fecero scalpore a questa importante rassegna, sempre innovatrice, conquistando all'artista grandi riconoscimenti in Europa, l'interesse dei galleristi a organizzare sue mostre, e la prospettiva di un'esposizione itinerante nel 1974. Hanson trascorse l'estate in Germania a stabilire contatti e a lavorare sulle sculture Maurer (Muratore, 1972), Putzfrau (Donna delle pulizie, 1972) e Lesender Mann (Uomo che legge, 1972). Non era però soddisfatto di queste opere e al suo ritorno negli Stati Uniti capì che i personaggi americani gli erano più familiari, e che questa familiarità era essenziale per le sue sculture.
Nel 1973 Hanson tornò in Florida con la moglie e la figlia di tre anni, Maja, e si stabilì a Davie, nei pressi di Fort Lauderdale. "New York è un mondo più sintetico; questo è un mondo più reale." Si era così riavvicinato al grigiore e alla banalità dei sobborghi americani, dove la linea sottile che separa la commedia dalla tragedia è percepibile con più immediatezza che nelle città. In Florida perfezionò il suo metodo di lavoro. Le pose e i gesti delle figure acquistarono una nuova calma; il linguaggio del corpo si fece meno ambiguo, più esplicito; la realizzazione tecnica dei volti risultò più accurata; le caratteristiche esistenziali, la scelta e l'usura degli abiti e degli accessori diventarono più pronunciate.
Il figlio Duane nacque nel 1973 e nel 1974 l'artista si recò in Germania con una borsa di studio offertagli dal Servizio tedesco di scambio accademico (DAAD) per vivere e lavorare a Berlino per un periodo di sei mesi. Nell'ottobre 1974 la sua mostra iniziò il tour nei musei di Stoccarda, Aquisgrana, Berlino e Humlebaek (Danimarca). Era stato previsto un numero di venti opere, alcune delle quali non erano ancora ultimate quando l'artista era partito per la Germania. Ma Hanson aveva fatto tesoro delle sue esperienze del 1972 e della convinzione che fosse per lui assolutamente necessario avere familiarità con il carattere dei suoi individui artificiali, e si era quindi portato dagli Stati Uniti una serie di "pezzi di ricambio" quali braccia, gambe e teste, nonché capi di abbigliamento e accessori di seconda mano. La mostra itinerante era una retrospettiva e includeva: War (1967), Motorcycle Accident (1967), Gangland Victim (1967) e Bowery Derelicts (1969) del periodo di critica sociale; Supermarket Shopper (1970), Tourists (1970), Bunny (1970) e Baton Twirler (1971) del periodo satirico, di osservazione; e Hard Hat (1970), Seated Artist (1971), Lady with Shopping Bags (1972), Artist with Ladder (Artista con la scala, 1972), Putzfrau (1972), Dishwasher (Lavapiatti, 1973), Woman with Suitcases (Donna con le valige, 1973), Man in Chair with Beer (Uomo in poltrona con birra, 1973), Man Leaning against Wall (Uomo appoggiato a un muro, 1974), Repairman (Riparatore, 1974) e Woman with a Purse (Donna con borsetta, 1974) del periodo illusionistico.
Il tour fu un vero successo. Le folle si riversavano nei musei, e nessuno, nemmeno i media, riuscivano a trovare la spiegazione di questo grande interesse. Il nome di Duane Hanson si era ormai affermato anche in Europa, ma l'artista fu felice di ritrovarsi di nuovo in Florida per poter sviluppare le proprie idee e perfezionare la tecnica. Sapeva che l'illusione doveva essere assoluta. Quanto più le figure risultavano vive, tanto più corrispondevano alla realtà della vita quotidiana americana, e tanto più naturali sarebbero apparse nel loro ambiente, si trattasse di musei o gallerie. Hanson sceglieva i suoi modelli con la massima cura. "I soggetti che preferisco, i familiari tipi americani di oggi appartenenti ai ceti bassi e medi. Per me, la rassegnazione, il vuoto e la solitudine della loro esistenza colgono la vera realtà della vita di queste persone... Ambisco a raggiungere un tipo di crudo realismo che parli delle affascinanti idiosincrasie dei nostri tempi."
Hanson stabilisce un contatto fra l'opera e l'osservatore. La relazione tra chi trasmette e chi riceve un messaggio diventa comunicazione non verbale, e la combinazione di realtà, finzione e perfetto rispecchiamento si fa strada nella nostra coscienza. Ne è un esempio Rita the Waitress (Rita la cameriera, 1975), che in modo assai realistico sta in posa contro la parete del museo, con il vassoio sotto il braccio, costringendo il visitatore a riflettere sulle proprie esperienze umane all'interno della nostra società impersonale, e in particolare in un ristorante. Persino più semplice è il modo in cui "funziona" Photographer (Fotografo, 1978): nessun visitatore vi si mette mai di fronte perché pensa che la figura gli scatterà una fotografia, e mai nessuno "entra nella sua visuale" perché la macchina fotografica potrebbe fare click in qualsiasi momento.
A partire dal 1976 le opere di Hanson iniziarono un importante tour nei musei americani di vari stati, tour cui fecero seguito molte mostre personali in musei sempre più prestigiosi. Tutte registrarono un enorme successo di pubblico: nel 1978 una grande esposizione ebbe luogo presso la Corcoran Gallery a Washington e nel 1979 presso il Whitney Museum of American Art a New York. L'università di Miami in Florida gli diede un incarico di professore d'arte, mentre quella di Fort Lauderdale gli conferì honoris causa la laurea in lettere: un riconoscimento sociale per l'artista.
Il particolare interesse di Hanson per gli individui che svolgono lavori manuali traspare chiaramente nelle sue opere. "Visivamente, tendono a essere più descrittivi e affascinanti. Ritraendo un operaio si può descrivere che tipo di persona sia, che cosa faccia per vivere. Le mani sporche, i vestiti macchiati di grasso, i capelli unti, il viso sudato. È molto realistico." Dall'aspetto di Repairman (1974), di Man with Hard Cart (Uomo con carrello, 1975), di Slab Man (Piastrellista, 1976), dei tre operai di Lunchbreak (Pausa pranzo, 1989) o di Man on a Mower (Uomo sulla falciatrice, 1995) e dei molti imbianchini, custodi, muratori, lavavetri e idraulici realizzati da Hanson nello stesso periodo, si può intuire per quale partito votino, che cosa pensino dell'aborto, delle minoranze e degli aumenti delle tasse, che il loro piatto preferito non sarà necessariamente vegetariano, e dove amino passare il tempo dopo una giornata di lavoro. Hanson era altrettanto affascinato dagli individui più anziani, da quelli informi, da chi era particolarmente segnato dall'esistenza, non necessariamente in modo orribile. "Ne leggi la presenza fisica: la taglia, l'età, la forma, il colorito e tutto il resto. Si vedono nelle persone certi dettagli esteriori che davvero ti turbano. Le mie immagini riflettono solo una piccola parte di ciò che vedi nella vita reale. Il mondo è di per sé talmente straordinario, incredibile e sorprendente che non hai bisogno di esagerare. Ciò che esiste là fuori è semplicemente impressionante." In qualche aeroporto americano Hanson scoprì un Traveller (Viaggiatore, 1985), altrove, forse nel mondo di Disney, una coppia di Tourists (1988) grassi e pittoreschi, o in qualche municipio una Queenie (1988) e, seduta fuori, una Old Couple on a Bench (Coppia anziana su una panchina, 1994). La figura che Hanson realizzava doveva corrispondere all'originale umano; il prodotto finale doveva sembrare vivo. Hanson lavorava ai suoi modelli con un'attenzione al dettaglio quasi maniacale, rendeva i calchi più precisi correggendo talvolta i nasi, lisciando menti, o persino sostituendo teste, braccia o gambe in modo da ottenere il corpo che corrispondeva alla sua idea di verosimiglianza, lo dipingeva del colore della pelle, vi aggiungeva i capelli e lo vestiva scegliendo gli abiti con altrettanta pedanteria.
Familiari e amici hanno fatto da modelli per qualcuna delle sue sculture. Suo padre è servito da modello per Old Man Playing Solitaire (Vecchio che fa un solitario, 1973) e Old Man Dozing (Vecchio appisolato, 1976), il figlio avuto dal primo matrimonio per Medical Doctor (Medico, 1992) e Policeman (Poliziotto, 1992), la moglie Wesla era Bunny (1970), i figli Maja e Duane hanno contribuito a Children Playing Game (Bambini che giocano, 1979), Child with Puzzle (Bambino con puzzle, 1978), Cheerleader (Capoclaque, 1988), High School Student (Studente delle superiori, 1990) e Surfer (Surfista, 1987), mentre il cane di casa è stato immortalato in Beagle in a Basket (Beagle nella cesta, 1979): la prima delle molte sculture che Hanson farà fondere in bronzo. Janitor (Custode, 1973) era un amico che faceva il professore di letteratura, la Flea Market Lady (Donna del mercato delle pulci, 1990) era un'insegnante in una scuola d'arte, e Seated Artist (1971) il pittore Mike Bakaty, un amico di New York che collaborò anche fornendo accessori autentici per il costume della scultura. Anche quando ricorreva a familiari o ad amici come modelli, Hanson talvolta correggeva tratti del viso o parti del corpo. Per esempio, Museum Guard (Guardiano del museo, 1975) ha la testa dello zio di sua moglie. Non era interessato a eseguire dei ritratti, ma quasi sempre a ottenere la massima aderenza alla figura come tipo. (È singolare che i sei "veri" ritratti realizzati da Hanson - William Weisman, Larry Tobe, Martin Bush, Mary Weisman, Heidi e Kim - siano stati da lui scolpiti in quanto non poteva fare dei calchi dei suoi committenti.) Voleva creare gli effetti emozionali che gli stavano a cuore, raggiungere i propri obiettivi artistici, e quindi non aveva alcun problema di fronte a tutti i possibili cambiamenti ai corpi e alle figure. "Riguardo alla figura, è magnifico vedere che ogni corpo, ogni faccia siano diversi. Tra milioni di persone non ce ne sono due uguali, salvo forse nel caso di due gemelli identici. Com'è possibile? Abbiamo ognuno un naso, orecchie e labbra, e sono tutti diversi. Ci sono milioni e miliardi di combinazioni."
Hanson fece dei collage di forme realistiche solo finché sembrarono reali. Quando non fu più soddisfatto dell'effetto della pittura sulle sue figure decise di chiedere al fotorealista Richard Estes che cosa conferisse ai suoi dipinti quella incredibile luminosità. Estes gli confidò il segreto della preparazione delle sue tele e Hanson usò questa formula sulle sue sculture con ottimi risultati, finché nel 1989 non optò per nuovi, e ancora migliori, colori acrilici. Passò la formula di Estes a John de Andrea, uno degli artisti di successo che sfruttavano la stessa tecnica di Hanson per creare figure in prevalenza nude e in posa.
Negli anni ottanta Duane Hanson tenne mostre in tutti gli Stati Uniti, in quattro grandi musei giapponesi, sei sue opere vennero presentate alla World Design Exposition a Nagoya, in Giappone, e in occasione di una mostra in Svezia ricevette un'onorificenza dal re. Nel 1983 lo stato della Florida gli assegnò il premio Ambassador of the Arts e nel 1985 l'artista ottenne il Florida Prize per la sua straordinaria produzione artistica.
Gli anni novanta iniziarono per lui con una vasta retrospettiva presentata in sei importanti musei tedeschi e austriaci. La gente faceva la fila per vedere le sue sculture, e sia il pubblico che i media espressero il loro entusiasmo. Negli Stati Uniti Hanson entrò a far parte nel 1992 della Florida Artists Hall of Fame, e nel 1995 gli fu conferito il titolo di Doctor of Fine Arts dal Luther College di Decorah (Iowa), dove aveva studiato per un breve periodo nel 1943, e dal Macalester College di St Paul (Minnesota), che aveva frequentato nel 1945. Una grande esposizione tenutasi al Montreal Museum of Fine Arts nel 1994 venne presentata l'anno successivo in Texas, cui seguirono tre mostre in Giappone. La sua prima figura in bronzo dipinto è stata Man on a Mower (1995), un'opera che poteva essere esposta anche all'esterno, sotto la pioggia o il sole cocente.
Già nel 1971 a Hanson era stato diagnosticato il cancro, una conseguenza del suo incurante esporsi, senza le necessarie protezioni, alla resina poliestere e alla fibra di vetro. Problemi di salute si ripresentarono nel 1974 e una seria ricaduta ebbe luogo nel 1995. Questa volta non riuscì a sconfiggere la malattia.
Duane Hanson è morto il 6 gennaio 1996, all'età di settant'anni.
Ha mostrato la realtà della vita con il realismo della sua arte.

Thomas Buchsteiner,
Institut für Kulturaustausch, Tübingen