11.5.15

La regola, ovvero giorno dopo giorno la 'ndrangheta in Lombardia

Giuseppe Ceretti

Pare di vederlo l'Ivano Perego, 36 anni, con una cresta di capelli biondo ossigenati e l'aria da bullo che scende dal Suv, moderno bunker a quattro ruote che si compra a metri quadrati e dal quale si scende in ascensore. E' lui il padre padrone della Perego Strade, l'azienda di Cassago Brianza specializzata in costruzioni, movimento terra, servizi all'edilizia, ereditata dal padre Luigi.

Almeno così sembra, anche se tra i dipendenti dell'impresa che si chiamano Galbusera e Redaelli, si insinua il dubbio che qualcosa sia cambiato e non certo al meglio. Che ci fa in ditta quel Salvatore Strangio che si spaccia per geometra e che entra ed esce come fosse il padrone nell'ufficio del “signor Perego”? E chi è mai quell'Andrea Pavone che spunta dal nulla e diventa l'amministratore con stipendio e benefit da capogiro?

Incomincia con questa storia emblematica dell'estate del 2008 il diario dell'attività della 'ndrangheta in Lombardia fino a giorni nostri. Lo scrive con la passione e la meticolosità del cronista di razza, Giampiero Rossi, giornalista del Corriere, con alle spalle tanta, tanta strada percorsa nell'amata e dannata terra di Lombardia, per molti anni all'Unità, quotidiano al quale è approdato dopo la preziosa esperienza nel gruppo di società civile di Nando Dalla Chiesa, oggi responsabile del comitato antimafia del comune di Milano.

Non a caso il racconto che prende le mosse da Perego si conclude con le parole di Dalla Chiesa che meglio riassumono il senso di questa e di altre fatiche: “I mafiosi fanno i mafiosi tutti i giorni, a tempo pieno, dalla mattina alla sera; l'antimafia, invece, è discontinua”. Un rilievo che non ha tuttavia il senso della resa, al contrario esprime l'intensità dell'impegno necessario per combattere un nemico che, come recita l'esemplare titolo del libro, fa del crimine e del malaffare “la regola”, attraverso un impegno quotidiano, senza mai mollare la presa un'istante.

Dall'Ivano Perego, gaglioffo e guascone sì, ma insieme pupo nelle mani della 'ndrangheta, alle intercettazioni sulla grande torta dell'Expò, è un itinerario non già in un universo parallelo, ma nel nostro quotidiano. Non a caso il presidente della Corte d'Appello di Milano, Giovanni Canzio, all'apertura dell'anno giudiziario in corso, sottolinea come la presenza mafiosa al Nord debba essere letta in termini “non già di mera infiltrazione, quanto piuttosto d'interazione/occupazione”.

Giampiero Rossi ci narra il devastante lavoro di queste metastasi cresciute nella società lombarda, come si conviene a un moderno Caronte: ne sa più di noi, si è letto e riletto centinaia di ordinanze dei coraggiosi giudici che combattono questa guerra quotidiana (citiamo solo il magistrato Giuseppe Gennari, a titolo d'esempio di uomini d'ingegno e di coraggio), ha ascoltato tante persone esperte e alla fine s'è messo a scrivere, spesso nell'angolo di un bar con le mille pagine sparse sul tavolino. Ma racconta, come se fosse la prima volta, l'ingresso nel girone dell'inferno quotidiano. Giorno per giorno, come nel titolo, mossa per mossa, nome per nome.

Il risultato è una storia tragicamente vera, densa, che ci consegna mille sensazioni.
Innanzitutto la vastità del fenomeno. Quando si legge del lavoro capillare dei responsabili della “locale”, nel gergo le organizzazioni di comando territoriale della 'ndrangheta, si rimane colpiti. Nulla viene trascurato. Vincenzo Mandalari, uno dei boss intercettati, parla della gallina dalle uova d'oro dell'Expo e così ammonisce uno dei consiglieri comunali prezzolati: “Se tu sogni tutto l'Expo di Rho.. allora hai sbagliato a sederti con noi. Perché noi non stiamo pensando a questo!.. Stiamo pensando a mettere i chiusini invece.. si punta a centri sportivi... al sociale”.

Attirati sì dalle grandi torte, ma prima ancora attenti a sfruttare ogni tassello, anche minimo, del mosaico territoriale. La grande fetta sono i lavori del movimento terra, per la facilità d'impiego criminale a basso valore aggiunto, ma non mancano le capacità operative nei settori della finanza, frutto di una perfetta simbiosi tra impresa e mafia, come dimostra la mutazione della Perego, alla fine controllata da due fiduciarie che fanno da schermo ai veri proprietari.

Modernità operativa che trova la sua forza nella rigida struttura della 'ndrangheta S.p.A.: i tentativi di qualche incauto affiliato di superare i limiti territoriali delle “locali” sono per lo più perdenti, non solo dei possibili nuovi affari, ma sovente della vita. Esemplare al proposito il capitolo dedicato all'incontro del 31 ottobre 2009 a cena al circolo ARCI intitolato a Falcone e Borsellino (atroce beffa del destino) tra i boss della ''ndrangheta, il cosiddetto summit dei 22 che definisce strategie e limiti d'intervento territoriale di famiglie e locali, “la regola sociale” che di tutto s'occupa, persino delle modalità d'invito ai matrimoni e che fa della 'ndrangheta un organismo unitario a gestire droga, estorsioni, usura, voto di scambio.

Il ricatto, la paura, le minacce, le botte sono elementi indiscutibili di un rapporto impari tra carnefice e vittime. Ma non è solo per mancanza di coraggio che in Lombardia la 'ndrangheta è entrata negli uffici della classe dirigente. Talvolta è complicità, convenienza, si direbbe quasi logica d'impresa: “Sicuramente l'influenza migliore è stata la qualità del servizio, l'immagine- spiega con candore un importante manager dei servizi di trasporto della Tnt chiamato a deporre- Nel giro di un anno abbiamo cambiato sull'area milanese tutti i mezzi, dando un ottimo esempio”.

C'è naturalmente chi della “qualità del servizio” avrebbe ragione di lamentarsi, come la moglie dell'imprenditore pestato a sangue. Ma al telefono con la suocera dice: “Quella gente lì lo sai, oggi è così, domani cambia idea...Eravamo amici, ma come fai a capire, ma se lui vuole i suoi soldi, non siamo più amici”.

Qualità del servizio che piace a taluni esponenti della classe politica, coinvolta da destra a sinistra. Spiega al telefono Francesco Sorrentino, ex consigliere della Lega al Comune di Lecco: “La differenza tra questa gente e il politico è una sola, questa gente ammazza, il politico no. Però fidati, a questo gli dai una stretta di mano e la parola la mantiene”.

La regola è spietata, tuttavia non invincibile. Forse il più importante messaggio è proprio questo: c'è chi nella società non s'arrende, magistrati, politici, imprenditori, anche a rischio della pelle. Insomma la regola si può sovvertire. Parola di Giampiero Rossi che nella dedica “a tutti i calabresi per bene e a quelli che non accettano scorciatoie” offre l'immagine più bella e più vera.

(Giampiero Rossi, La regola.Giorno per giorno la 'ndrangheta in Lombardia - Pagg. 219, euro 18 - GLF Editori Laterza)


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