Dopo mesi di serrati negoziati tra la Grecia e i suoi  creditori internazionali, il nuovo primo ministro Alexis Tsipras – già  uscente – è stato costretto ad accettare le durissime condizioni di un  nuovo piano di salvataggio triennale da 85 miliardi di euro.
Con il paese sull’orlo della bancarotta, il 14 agosto il parlamento di Atene ha approvato il  terzo accordo per il salvataggio in cinque anni. Quasi un terzo dei 149  parlamentari di Syriza, il partito di sinistra di Tsipras, si è  rifiutato di sostenerlo e il primo ministro, di 41 anni, si è dimesso,  aprendo così la strada alle quinte elezioni politiche in sei anni.
Come siamo arrivati a questo punto?
La Grecia è stata obbligata a chiedere aiuti internazionali nel 2010 quando si è trovata sull’orlo del fallimento, appena nove anni dopo essere entrata nell’euro.
La Grecia è stata obbligata a chiedere aiuti internazionali nel 2010 quando si è trovata sull’orlo del fallimento, appena nove anni dopo essere entrata nell’euro.
La Grecia ha ricevuto più di trecento miliardi di euro in  aiuti internazionali. Ma questi sono stati concessi a condizioni molto  severe, con un programma d’austerità che ha comportato pesanti tagli al  bilancio e un’impennata delle tasse.
L’economia della Grecia si è inabissata: il pil è sceso del  25 per cento dal 2010. La disoccupazione riguarda circa il 26 per cento  della forza lavoro (che in maggioranza non riceve sussidi), gli  stipendi sono calati del 38 per cento e le pensioni del 45 per cento.  Circa il 18 per cento della popolazione non ha soldi sufficienti per  mangiare e il 32 per cento vive sotto la soglia di povertà.
Visto che la maggior parte dei fondi di salvataggio è stata  usata per pagare i debiti del paese, non è stato investito quasi niente  per il rilancio economico. E, soprattutto, il debito greco oggi è quasi  il doppio della produzione economica annuale del paese, cioè il 180 per  cento del pil.
Alle elezioni di gennaio, gli elettori greci, stremati,  hanno finito per perdere la pazienza con i partiti tradizionalmente al  potere. Promettendo di stracciare gli accordi sugli aiuti responsabili  della “crisi umanitaria”, Syriza ha ottenuto una clamorosa vittoria.
Quali sono le questioni principali e qual è lo scenario più probabile?
Due mesi fa Tsipras godeva di grande popolarità, con un tasso di consensi del 70 per cento, dato che era l’unico primo ministro greco ad avere perlomeno provato a opporsi ai piani dei creditori della Grecia. I sondaggi mostrano che oggi, tra le persone di età compresa tra i 18 e i 44 anni che hanno contribuito a portarlo al potere, il sostegno a Syriza è crollato.
Due mesi fa Tsipras godeva di grande popolarità, con un tasso di consensi del 70 per cento, dato che era l’unico primo ministro greco ad avere perlomeno provato a opporsi ai piani dei creditori della Grecia. I sondaggi mostrano che oggi, tra le persone di età compresa tra i 18 e i 44 anni che hanno contribuito a portarlo al potere, il sostegno a Syriza è crollato.
Buona parte del 62 per cento dei greci che nel referendum  di luglio hanno votato contro il nuovo salvataggio sono scontenti del  partito perché ha finito per accettare un accordo che aveva promesso di  rigettare.
Cruciale per l’esito delle elezioni di domenica sarà il  comportamento di questi elettori di Syriza delusi. Alcuni sembrano  attratti dalla sinistra ancor più radicale, alcuni persino dal partito  di estrema destra Alba dorata (il più popolare per le persone tra i 18 e  i 24 anni).
Ma in molti sembrano anche disposti a fidarsi dell’offerta  di “ritorno alla stabilità” proposta dal leader di Nea dimokratia,  Vangelis Meimarakis. I sondaggi suggeriscono che il vantaggio di Syriza  su Nea dimokratia si sia, come minimo, sensibilmente ridotto. Secondo  alcuni, i due partiti sono praticamente testa a testa.
I principali partiti politici
Dalla caduta del regime dei colonnelli nel 1974, le elezioni in Grecia sono state dominate da due partiti politici: Nea dimokratia, di centrodestra, e il Partito socialista, Pasok. Dal 1981 in poi, alle elezioni politiche i due partiti hanno sempre ottenuto, in totale, l’84 per cento dei voti. Tutto è cambiato con il crollo dell’economia greca e i piani di salvataggio che ne sono seguiti. Nelle tre tornate elettorali che si sono svolte a partire dal maggio 2012, il risultato complessivo dei due partiti è stato rispettivamente del 32, 42 e 32,5 per cento.
Dalla caduta del regime dei colonnelli nel 1974, le elezioni in Grecia sono state dominate da due partiti politici: Nea dimokratia, di centrodestra, e il Partito socialista, Pasok. Dal 1981 in poi, alle elezioni politiche i due partiti hanno sempre ottenuto, in totale, l’84 per cento dei voti. Tutto è cambiato con il crollo dell’economia greca e i piani di salvataggio che ne sono seguiti. Nelle tre tornate elettorali che si sono svolte a partire dal maggio 2012, il risultato complessivo dei due partiti è stato rispettivamente del 32, 42 e 32,5 per cento.
Al contrario, il sostegno nei confronti dei partiti più  piccoli è cresciuto. Prima delle elezioni del maggio 2012 il sostegno  per Alba dorata era inferiore allo 0,5 per cento, mentre da allora è  sempre stato superiore al 5 per cento.
I partiti e le coalizioni che si presentano alle elezioni  di domenica 20 settembre sono 19. Ecco i partiti che hanno le maggiori  possibilità di entrare nel prossimo parlamento greco.
Come funzioneranno le elezioni?
Sono circa 9,8 milioni i greci che hanno diritto di voto e ai partiti serve almeno il 3 per cento dei voti per entrare in parlamento con un mandato di quattro anni.
Sono circa 9,8 milioni i greci che hanno diritto di voto e ai partiti serve almeno il 3 per cento dei voti per entrare in parlamento con un mandato di quattro anni.
Il parlamento greco ha trecento seggi: 250 deputati sono  eletti con un meccanismo proporzionale, mentre gli altri 50 sono  automaticamente assegnati al partito che conquista il maggior numero di  voti.
I deputati sono eletti a partire dalle liste di candidati  di 56 circoscrizioni geografiche. Gli elettori di Atene, dove vive metà  della popolazione nazionale, eleggono 58 dei trecento deputati.
La quota di voti necessaria per una maggioranza assoluta di  151 seggi dipenderà da come sarà distribuito il risultato generale tra i  partiti: se tutti i partiti ottenessero seggi in parlamento, il 40 per  cento dei voti potrebbe significare una vittoria netta. Se invece molti  voti si disperdessero tra i partiti più piccoli, che non riescono a  superare lo sbarramento del 3 per cento, la quota necessaria per la  maggioranza dei seggi si abbasserà.
Anche se in Grecia esiste l’obbligo di votare, non viene  fatto rispettare. L’affluenza è scesa notevolmente nell’ultimo decennio.  Negli anni ottanta era costantemente sopra l’80 per cento. Nei dieci  anni fino al 2005 l’affluenza media è scesa al 75 per cento. Nelle  ultime elezioni di gennaio è stata inferiore al 64 per cento.
Nel caso in cui nessun partito ottenga la maggioranza  assoluta, il presidente Prokopis Pavlopoulos darebbe al leader del  partito principale il mandato di formare una coalizione. Se ciò non  fosse possibile, il cosiddetto mandato esplorativo andrebbe al secondo  partito e poi al terzo.
Secondo i sondaggi, nessun partito sarebbe in grado di  ottenere seggi sufficienti da poter formare da solo un governo di  maggioranza. Entrambi i favoriti, Nea dimokratia e Syriza, avrebbero  bisogno di formare una coalizione con uno o più partiti per poter  governare. Pasok, To potami e l’Unione dei centristi sarebbero i  candidati più probabili a entrare in una coalizione del genere.
Un’altra possibilità è una coalizione tra Nea dimokratia e Syriza, anche se Tsipras non è molto favorevole all’ipotesi.
 
 
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