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19.1.15

Cresce la disuguaglianza, in mano a 80 “paperoni” la ricchezza del 50% della popolazione povera

Cresce la disuguaglianza, in mano a 80 “paperoni” la ricchezza del 50% della popolazione povera

La denuncia in un rapporto di Oxfam: «Nel 2010 erano 388 persone, l’anno scorso 85». Secondo le stime nel 2016 l’1% della popolazione sarà più ricco del restante 99%
19/01/2015
La ricchezza detenuta dall’1% della popolazione mondiale, i “paperoni” del pianeta, supererà nel 2016 quella del restante 99% degli abitanti. La denuncia arriva dal rapporto “Grandi disuguaglianze” messo a punto da Oxfam, la confederazione internazionale (composta da 17 organizzazioni di diversi paesi), attiva sul fronte umanitario e su quello dello sviluppo.


Per Oxfam «l’esplosione della disuguaglianza frena la lotta alla povertà in un mondo dove oltre un miliardo di persone vive con meno di 1,25 dollari al giorno, e 1 su 9 non ha nemmeno abbastanza da mangiare». La direttrice esecutiva di Oxfam International, Winnie Byanyima, si chiede: «Vogliamo davvero vivere in un mondo dove l’1% possiede più di tutti noi messi insieme? La portata della disuguaglianza è - rimarca - semplicemente sconcertante e nonostante le molte questioni che affollano l’agenda globale, il divario tra i ricchissimi e il resto della popolazione mondiale rimane un totem, con ritmi di crescita preoccupanti». Secondo il direttore Generale di Oxfam Italia, Roberto Barbieri, «se il quadro rimane quello attuale anche le elite ne pagheranno le conseguenze».


Oxfam, in una nota, chiede ai governi di adottare un piano di sette punti per affrontare la disuguaglianza: dal «contrasto all’elusione fiscale di multinazionali e individui miliardari» all’introduzione «di salari minimi». Se lo scorso anno, sempre secondo Oxfam, «gli 85 paperon de’ paperoni del mondo detenevano la ricchezza del 50% della popolazione più povera (3,5 miliardi di persone). Quest’anno il numero è sceso a 80, una diminuzione - sottolinea - impressionante dai 388 del 2010. La ricchezza di questi 80 è raddoppiata in termini di liquidità tra il 2009-2014».

26.1.12

Galapagos (Il Manifesto)

È una piramide con una base sempre più larga e un vertice più sottile quella che emerge dai dati di Bankitalia sulla distribuzione dei redditi e della ricchezza. Solo un paio di dati: nel 2010 il 14,4% della popolazione era ufficialmente in una situazione di povertà a causa di un reddito insufficiente. Il tutto mentre il 10% delle famiglie più ricche possiede il 46% della ricchezza totale stimata in circa 9 mila miliardi di euro. Semplificando, circa 6 milioni di italiani possiedono - in media - una ricchezza di quasi 4200 miliardi, circa 700 mila euro a testa, contro 54 milioni di persone che - sempre in media - hanno un patrimonio di circa 90 mila euro. Come dire: il 10-20 per cento delle persone più povere non ha nulla di ricchezza e il 70-80 per cento ha un patrimonio che corrisponde al valore di una abitazioni modesta. Che ovviamente non tutti hanno, visto che il 21% delle famiglie vive in affitto.

C'è un altro aspetto che colpisce: negli ultimi 20 anni il reddito dell'Italia è cresciuto poco, ma il reddito reale dei lavoratori autonomi è aumentato del 15,7%, quasi 5 volte di più del 3,3% dei lavoratori dipendenti. Siamo di fronte a una gigantesca redistribuzione dei redditi a sfavore del lavoratori dipendenti. La specificità della crisi italiana è in questi dati che confermano come la progressiva pauperizzazione del lavoro dipendente a fronte di uno stato sociale sempre meno generoso è alla base della caduta della domanda. Cioè dei consumi, anche quelli alimentari, come confermano i dati Istat sulla vendite al dettaglio.

Ma c'è ancora un altro dato - non di Bankitalia - che completa il quadro: ieri mattina Attilio Befera, il massimo dirigente dell'agenzia delle entrate, ha denunciato che in Italia l'evasione fiscale tocca i 120 miliardi l'anno. E non sono certo i lavoratori dipendenti (anche se a volte lo fanno) e i pensionati a evadere. Insomma, chi più guadagna più evade. E questo spiega perché molti ristoranti sono pieni e ci siano in circolazione centinaia di migliaia di auto di lusso.

Da questi numeri è possibile trarre alcune conclusioni che dovrebbero fare da guida alla politica economica della sinistra. La prima è che la lotta all'evasione deve essere l'obiettivo prioritario: se non aumenta il gettito fiscale non sarà possibile diminuire il cuneo fiscale che penalizza i lavoratori dipendenti e far pagare meno tasse a loro e ai pensionati. E senza recuperare i soldi degli evasori non sarà possibile aumentare la spesa sociale e i consumi privati di milioni di persone. Di più: la distribuzione della ricchezza indica con chiarezza che è necessario procedere a una riforma fiscale che alleggerisca la pressione sui redditi e aumenti quella sul patrimonio.

Quanto ai salari, non aumentano solo con la diminuzione della pressione fiscale, ma anche con l'aumento della produttività. Attenzione, però: la produttività non deve aumentare «strizzando» ancora di più i lavoratori con innovazioni di processo, magari con l'aggiunta del ricatto della flessibilità in uscita, ma deve essere ottenuta attraverso innovazioni di prodotto. Perché - ce lo spiegano i dati annuali di Mediobanca - nelle imprese che innovano che i profitti, ma anche i salari, sono più alti. Ma la sinistra è convinta che il programma di Monti si muova in questa direzione?