Uno studio dell'Associazione direttori delle risorse umane: quel
tempo "perso" a fumare lontano dalle scrivanie va recuperato
Fumo in ufficio, allarme imprese
"Produttività cala fino al 10,5%"
Il problema nelle aziende dove non sono sono stati previsti spazi
per i fumatori. Ma si arriverà a detrazioni in busta paga?
di GIORGIO LONARDI
MILANO - Fumatori attenti: la pausa sigaretta durante il lavoro potrebbe non essere più "gratis". Quel nuovo rito nato il 10 gennaio in seguito all'approvazione della legge antifumo, quello sciamare fuori dagli uffici per fumarsi una bionda all'aperto in santa pace potrebbe diventare un'abitudine costosa.
Una ricerca su 177 imprese promossa dall'Associazione Direttori Risorse Umane (GIDP/ HRDA) e patrocinata dall'agenzia per il lavoro interinale Randstad, infatti, non lascia dubbi: il fumo pesa sui bilanci aziendali provocando una perdita secca di produttività compresa fra il 6,5% e il 10,5%. Risultato: ci sono le premesse per una detrazione della pausa dalla busta paga. O per un recupero del tempo dedicato al vizio.
L'indagine precisa che il problema coinvolge ben il 75% delle imprese che non ha attrezzato in azienda locali dedicati al fumo. Insomma, la questione è delicata. Anche perché GIDP/HRDA è un network influente che comprende 1.250 imprese con 800 mila addetti. E la ricerca ha messo in luce il "costo", finora sottovalutato, del fumo.
"Visto che un fumatore "medio" nell'arco delle 9 ore di servizio consuma almeno 5 sigarette", spiega Paolo Citterio, presidente dell'Associazione Direttori Risorse Umane, "ed ipotizzando circa 10 minuti per volta per la sosta abbiamo un risultato piuttosto pesante: le imprese stanno sopportando un onere che va da mezzora a 50 minuti al giorno, quindi una riduzione della produttività che va dal 6,5% al 10,5%".
Secondo Citterio, dunque, è inevitabile che le aziende prendano provvedimenti. Dice: "Visti i costi della nostra manodopera non è ipotizzabile che il fenomeno della pausa-sigaretta possa continuare. Soprattutto se si tratta di imprese con lavorazioni altamente specializzate dove il costo del lavoro incide molto sul prodotto finito". Oggi infatti il 92% delle aziende che non hanno installato locali per fumatori considera la pausa-sigaretta come normale orario di lavoro. Mentre appena il 3% sta valutando se trattenere o meno dalla busta paga il tempo passato a fumare. E nessuna delle società intervistate farà recuperare il tempo dedicato alle bionde.
Insomma, nonostante le preoccupazioni dell'Associazione Direttori Risorse Umane sembra che manager e imprese non siano coscienti della situazione. Circa l'80% delle aziende, ad esempio, non appare preoccupato per il calo di produttività dei propri dipendenti. "Si tratta di imprese", commenta Citterio, "dove la maggioranza del personale è costituita da impiegati, quadri e dirigenti e dove il recupero del tempo perso per il fumo può essere gestito nel modo migliore, con un alto grado di flessibilità".
In effetti questa considerazione schiude la porta ad alcune osservazioni polemiche. Da una parte, infatti, troviamo i lavoratori impegnati nelle mansioni più umili (operai e impiegati) per i quali il vizio ha un "costo" immediatamente misurabile sul piano della prestazione lavorativa.
Sono loro dunque, quelli che dovranno pagare la riduzione della produttività. Mentre dall'altra i dirigenti, i quadri e i "creativi" possono essere esentati dal prezzo del fumo. Intanto perché si presume che potranno recuperare successivamente il tempo perso, magari anche lavorando più del necessario. E poi, forse, perché alcuni capi azienda, anch'essi fumatori incalliti, sono convinti che dopo una sigaretta ci si concentri di più.
Fra le curiosità emerse dalla ricerca c'è il comportamento adottato dal mondo del lavoro all'indomani del divieto di fumo. Ebbene, il 50% ha divulgato il provvedimento grazie ad appositi cartelli. Un altro 24% ha informato i dipendenti della nomina di un responsabile incaricato di far rispettare la legge. Mentre il 9,5% ha subito predisposto locali per fumatori il cui costo medio oscillerebbe fra i 5 mila e 10 mila euro.
Resta quindi un 5% che non ha fatto nulla e un 1% dove si continua a fumare allegramente. Questi ultimi, però, rischiano parecchio. E non si tratta solo delle multe (fino a un massimo di 3.300 euro) ma della possibilità di essere portati in tribunale da quei lavoratori che si sentono danneggiati dal fumo passivo.
repubblica.it
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