6.6.05

Ict, l'Italia è in affanno

rapporto assinform

Le telecomunicazioni crescono poco. L'informatica è in discesa. Al contrario degli altri Paesi

di Mario Cianflone

È in netto affanno l’Information and communication technology targata Italia. Cresce infatti meno, molto meno degli altri Paesi europei e della media mondiale e soprattutto il peso dell’informatica sul prodotto interno lordo è nettamente inferiore a quello espresso dagli Usa e dall’Europa. Il nostro Paese dunque si conferma propenso a spendere in telecomunicazioni (servizi soprattutto) e in tecnologie per la casa, mentre le imprese sono ferme per quanto riguarda gli investimenti in It, con grave pregiudizio per la competitività nei prossimi 12-24 mesi.
È quanto emerge dal rapporto Assinform 2005 che realizzato, come da tradizione con il supporto di NetConsulting, mette in luce numerosi dati significativi primo fra tutti il valore complessivo del settore Ict che nel 2004 ha generato un giro d’affari di 61,180 miliardi di euro, in progresso (lieve) dell’1,5 per cento rispetto al 2003. Le telecomunicazioni sono cresciute del 2,4% a 41,860 mentre l’Informatica è calata dello 0,4% a 19,320 miliardi. Ma a deludere è, soprattutto, il raffronto con il resto dei Paesi di grande industrializzazione. L’Ict in tutto il mondo è cresciuta nel 2004, in rapporto al 2003, del 5,9% per un totale di 2.443 miliardi di dollari con le tlc che aumentano del 6,9% (1.483 miliardi) e l’It del 4,4& (960 miliardi di dollari), nonostante il vertiginoso crollo dei prezzi di hardware e software, mentre una feroce competizione abbatte le tariffe dei servizi. Ma c’è di più l’Information communication technology cresce ora più del Pil mondiale e vale il 6% del prodotto interno lordo globale, ben di più dell’industria dell’auto (2,5%), mentre in Italia la situazione è bene diversa con l’Ict che vale circa il 4,5% del Pil. In particolare, le telecomunicazioni sono allineate sostanzialmente alla media mondiale e pesano sul Pil per 3%, allo stesso livello della media europea e un soffio meno degli Usa (3,25%), mentre l’informatica è in netta difficoltà.
L’It targata Italia difatti vale solo l’1,9% del pil, contro il 3% dell’Europa e il 3,8% degli Stati Uniti. Considerando la spesa pro capite si nota che nelle Tlc il nostro paese con 728 dollari all’anno è allineato all’Europa (774 euro) e non è a distanze siderali dagli Usa (gli americani spendono in telecomunicazioni 1.064 dollari ogni 12 mesi). Nell’It invece le differenze sono rilevantissime con una spesa italiana pro capite (336 dollari) che è meno la metà di quella europea (713 dollari) e addirittura un terzo di quella americana 1.176 dollari). L’Italia è inoltre l’unico paese di grande industrializzazione dove l’informatica è in discesa. A prescindere dal crollo dei prezzi e dal rapporto euro/dollaro, nel nostro paese l’It segna un -0,4% , ha recuperato il tonfo del 2003/2002 (-2,7%) ma il dato contrasta fortemente con la Spagna (+2,3%), con la Francia (+2,2%), con la Germania (+1,4%), con il Regno Unito (+3,2%) e in generale con tutta la media europea che segna un rialzo del 2,6%, mentre la locomotiva Usa mette a segnano un progresso 4,4% e in Giappone un rialzo del 2,4 per cento.
«L’information technology - spiega Giancarlo Capitani Amministratore Delegato di NetConsulting - è in una situazione critica: l’ict non è più un mercato omogeneo ma è un insieme di mercati. il settore attraversa una fase di profondo cambiamento, con aree a differente velocità, che esprimono dinamiche ben diverse l’une dalle altre. È un mercato a mosaico che si sta configurando in una serie di aree che stentano però a convergere. Il mercato andrà verso una struttura unitaria solo quando si verificheranno certe condizioni di miglioramento dell'intero sistema».
L’informatica

A penalizzare l’informatica in Italia ci sono una serie differenti fattori, quali un tessuto economico-produttivo costituito da troppe piccole e medie imprese e il crollo dei prezzi. Quest’ultimo ha avuto un peso molto forte e si è concentrata nell’hardware, nel software e in servizi, dove negli ultimi due anni le tariffe sono calate di ben il 40 per cento
Il nostro impianto produttivo è costituito da una miriade di piccole e medie imprese con scarsa propensione ad investire in information technology, che oltretutto considerano un costo e non una leva competitiva, ma soprattutto le nostre Pmi non hanno le medesime esigenze di una società americana o tedesca da mille dipendenti e spesso qualche pc, un server, un gestionale, la posta elettronica e un pacchetto di produttività sono sufficienti a sostenere le attività, senza bisogno di impianti it moderni e sofisticati. Quando, beninteso, ne siano dotate. Infatti, secondo Capitani pero la situazione è decisamente negativa.

«Le piccole e medie imprese spendono in It - dice - solo il 18,2% del totale ma sono circa quattro milioni. Questo vuol dire che investano circa 1.500 euro l’anno ciascuna. E abbiamo rilevato che non si tratta di scarsa informatizzazione ma addirittura di assenza di strutture. Inoltre le regole di Basilea 2 avranno sulle Pmi un impatto devastante. Le aziende si devo attrezzare per offrire la trasparenza richiesta dalle norme e solo la tecnologia può garantire l’adempimento. Le aziende hanno una scarsa propensione a innovare e la spesa è stata alimentata soprattutto dal rinnovamento del parco hardware, con una forte tendenza a consolidare i server. Ma soprattutto le imprese hanno varato meno progetti e questo ha ridotto anche il mercato dei software e dei servizi, innescando una gara competitiva tra gli attori del settore che ha come conseguenza la riduzione dei prezzi e dunque del giro d’affari. Le imprese spendo poco e male e solo nei processi, considerano l’it solo una leva efficienziale, un modo per innovare e migliorare i processi e niente di più. Al contrario il segmento consumer è in forte crescita: è estremamente dinamico e la spesa delle famiglie e degli individui in tecnologia è in controtendenza rispetto al trend di riduzione dei consumi. Si sta andando verso una vera digitale home. La tecnologia per la casa sta andando molto più veloce di quella per il business».
Del resto i dati di Assinform parlano chiaro. La tecnologia digitale consumer è cresciuta del 4,4% nel 2004 rispetto al 2003 e ora il giro d’affari è il 4,3% del totale dell’It, oltre ad essere l’unica area capace di esprimere una crescita significativa. In decollo la vendita dei personal computer che segna un incremento del 16,7% a 3,620 milioni di unità. In netta affermazione il notebook, in declino i desktop. In cresciuta i sempre più potenti pc server e i personal del segmento consumer, destinati alla casa e alla multimedialità.
Dal rapporto si evidenzia che l’It in Italia è in affanno: i servizi (9.258 miliardi di fatturato) perdono l’1,2%, il software è stagnante (+0,4%), l’assistenza tecnica è in declino (-3,2%) mentre l’hardware, nonostante la picchiata subita dai listini, mette a segno un piccola crescita pari all’uno per cento.
«L’Italia spiega Capitani – è, sotto il profilo dell’Ict, un paese a più velocità, sia in relazione ai settori industriali sia in relazione al divario territoriale». Le banche si confermano con 4.393 miliardi i big spender dell’information technology. Ma è una spesa - spiega capitani - che si concentra per il 60-70% nella mani di solo pochi grandissimi gruppi. Inoltre il Paese denota grandi differenze tra nord e sud. La spesa It per occupato (805 euro la media nazionale) infatti è simili al Nord Ovest (1.054 euro) e al Centro (925 euro), cala leggermente nel nord Est (784 euro) ma precipita al sud e nelle isole a 4689 euro. La spesa pro capite in It passa dai 550 euro nel Nord Ovest a soli 154 nel Mezzogiorno.
Il mercato delle telecomunicazioni
«Le tlc - Sostiene capitani - sono invece un mondo più roseo. Il mobile corre, ma non vanno male neanche le telecomunicazioni fisse e per entrambe il traino, la parte che corre di più, è dato dai servizi a valore aggiunto, soprattutto quelli a più alto livello di innovazione. E va segnalato che sono proprio i contenuti, a pagamento o liberi a spingere il boom della banda larga. Il mobile è un perno di crescita e sta innescando veri e propri fenomeni come lo sviluppo degli smartphone, mentre in prospettiva Wi-fi e Wi-Max saranno elementi trainanti del settore».
I dati Assinform, infatti, mettono in luce un comparto con tassi di crescita al medesimo livello degli altri Paesi grazie a un disprezzabile progresso del 2,4% che porta il fatturato delle telecomunicazioni a quota 41,860 miliardi di euro.
Nel 2004 si è rafforzato il sorpasso delle tlc mobili, che si confermano il motore della crescita, su quelle fisse. Il mobile cresce del 4,9% a 22,063 miliardi, mentre il wireline è stagnante: -0,2% per un totale di 19,797 miliardi.
In particolare, spiega Capitani sono i servizi sulle reti senza filo a correre (+5,2% per un totale di 16,7 miliardi. In dieci anni infatti si è passati, sulla spinta della disponibilità di strumenti multimediali, da 1,8 miliardi di euro a, appunto 16,7 miliardi. A fronte di un incremento pari al 2,9% del giro d’affari della fonia mobile (14.080 miliardi), i cosiddetti Vas mobili hanno visto un rialzo del 20,4% per un totale di 2.570 miliardi. Rende bene dunque il business di Loghi e soprattutto suonerie. E non c’è neanche da stupirsene più di tanto visto che il loro prezzo, del tutto svincolato al valore reale, è arrivato a cifre ragguardevoli: fino a tre euro per una “polifonica”. E senza considerare il traffico che questi contenuti digitali creano. Il fatturato medio per utente cresce ancora ma il ritmo rallenta: tra il 2002 e il 2003 il cosiddetto arpu è aumentato del 6,8% e i quello relativo ai servizi non-voce del 31,2%. Ora il valore ammonta a 389,7 euro, è cresciuto del 2,6% rispetto al 2003 mentre la componente non legata alla fonia ha espresso un progress del 17,3% e questo vuol dire che un utente di tlc cellulari spende in loghi, suonerie, giochi, oroscopi e soprattutto messaggi oltre 60 euro all’anno. Del resto i messaggi (di testo o multimediali) sono aumentati vertiginosamente da 11,2 miliardi a 30,2 miliardi del 2004.
Per quanto concerne le reti fisse e internet Assiform registra un vero e proprio boom: gli accessi infatti sono raddoppiati e l’Italia è ora al nono posto la mondo con una scontata predominanza della xdsl rispetto alla fibra ottica. Si contano 4,4 milioni di utente del broadband e questo porterà all’affermazione dell’ip-Tv, la televisione su Ip, non appena le condizioni tecniche permetteranno una qualità adeguata. Sul fronte della banda larga in mobilità, gli utenti Umts sono ora due milioni. Secondo Assinform la disponibilità di banda, la diffusione di tecnologie digitali porterà a un incremento del mercato della musica e del video.
In definitiva dal rapporto Assinform illustra una situazione a multiple velocità e la sfida spiega capitani è superare un doppio ritardo. «Nel periodo 2002-2003 - afferma Capitani - eravamo in difficoltà, ma in compagnia di Francia, Germania e di molta parte dell’Europa. Ora invece l’Italia arranca da sola, ben distanziata dalle altre nazioni».
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