Quattromila delegati al congresso mondiale in corso a Milano: il futuro è digitale
MARIA GIULIA MINETTI
Il tassinaro che porta il cronista al congresso dell'Ifla - International Federation of Library Association and Institutions - gira la testa e chiede: «Scusi, ma non è un convegno sulle biblioteche?». Sì, lo è. E il conducente: «Ma allora, come mai ci sono tanti giovani?». Ecco, l'idea del tassista che le biblioteche siano spelonche riservate a vecchi studiosi di vecchi libri in Italia è diffusissima. Anche ad alto livello. «Da noi il ministro, quando parla di biblioteche, pensa a Brera e simili», constata Stefano Parise della fondazione «Per leggere», un network di biblioteche sul territorio della provincia di Milano. «Tutt'altro discorso in Inghilterra. Là, per esempio, davanti a un calo degli utenti, comunque numerosissimi, delle biblioteche pubbliche, il premier Gordon Brown proclamò il 2008 "Anno delle biblioteche", esortando le mamme aleggere libri ai loro bambini, per "assuefarli" fin da piccoli».
Dei tantissimi convegni, workshop, tavole rotonde, incontri che ritmano i cinque giorni di questo 75° Congresso mondiale Ifla - un organismo «monstre» che comprende più di 500.000 biblioteche sparse in tutto il mondo, a Milano sono arrivati circa 4000 delegati da 180 Paesi -, sembra allora cruciale quello che si è tenuto ieri nell'Aula Magna della Statale, dedicato alle biblioteche digitali: a chi le usa, a come le usa, al ruolo delle istituzioni pubbliche nel loro sviluppo. Cruciale perché è attraverso la digitalizzazione dei servizi e dei testi che passa l'allargamento del pubblico, l'aumento dell'offerta, la «democratizzazione» sempre maggiore del sapere, insomma, per dirla all'antica. La via digitale è la via che permette approfondimenti, «immersioni» negli archivi di istituzioni culturali altrimenti raggiungibili con fatica, con impiego di molto tempo anche soltanto per scoprirne l'esistenza (perché la biblioteca digitale di una istituzione è un luogo in sé e, insieme, uno svincolo con tutte le indicazioni stradali ben evidenziate...).
Susan Hazan, curatrice del dipartimento Nuovi Media del Museo di Israele a Gerusalemme, ha spinto la soglia digitale anche più in là: «Per biblioteche e musei è importante essere presenti, come istituzioni, su Facebook, Twitter - abbiamo 205.000 amici su Twitter. Abbiamo sperimentato l'uso istituzionale di Second Life con risultati molto interessanti. Quanti di voi l'hanno fatto?», chiede rivolta alla platea. Si alzano molte mani, lei è soddisfatta. Molte mani alzate anche alla domanda: avete aperto dei blog? Il problema per tutti è però come «maneggiare», sui blog, il dibattito. Rinunciare a mantenere un livello «alto» o usare la censura? E come? «Per ora si naviga a vista», constatano in molti.
Delle infinite questioni aperte dalle «digital libraries», una sembra dominare più di altre le fantasie: perderemo l'«oggetto» libro? Rossella Caffo, direttore dell'Iccu, Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane, vede quella perdita molto lontana. «Lottiamo da anni per riuscire ad avere un equilibrio tra l'interesse dei cittadini e l'interesse degli editori», sospira. «Il governo ha dovuto di recente pagare una multa di 3 milioni di euro alla Siae per i "danni" arrecati agli editori dai prestiti di volumi e si è assunto l'obbligo di un forfait annuale che consenta di continuare i prestiti». Figurarsi se una biblioteca provasse a digitalizzare testi sotto copyright! Il futuro, almeno in questo caso, può attendere.
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