di Roberto Perotti e Luigi Zingales, Il Sole 24 ore 
La reazione dei mercati purtroppo ci ha dato ragione: l'Italia ha bisogno di misure radicali e credibili. La nostra proposta (avanzata sul Sole 24 Ore di sabato 9 luglio)  di azzerare subito il disavanzo è stata criticata su due aspetti: non  pensa alla crescita e non è fattibile. È vero esattamente l'opposto.
Le liberalizzazioni invocate da tanti sono necessarie e benvenute, ma  hanno effetti incerti e richiedono tempo. A nostro avviso rilanciare la  crescita richiede interventi draconiani che cambino l'equilibrio di  rassegnazione in cui vive il Paese. Oggi i giovani migliori vanno  all'estero perché in Italia non vedono un futuro, sono scoraggiati dal  clientelismo e parassitismo alimentati dall'enorme sottobosco al confine  tra economia e politica. Se la politica del rigore di bilancio pulisce  questo sottobosco, elimina la fonte delle rendite politiche, e dà un  segnale di una svolta politica e morale, allora non solo non riduce la  crescita economica, ma l'aumenta.
Per riuscire in questo doppio intento non bastano manovre marginali,  come 10 euro di ticket medico in alcune regioni e per alcune  prestazioni, o buone intenzioni come la lotta all'evasione. Queste  misure, pur non prive di effetti, non sono comprensibili o credibili  all'estero e non danno un segnale di svolta al Paese. Ci vogliono misure  radicali. Per essere concreti, e senza la pretesa di essere esaustivi  per il poco tempo a disposizione, proviamo ad abbozzare una serie di  proposte di questo tipo, che raccolgano anche i 60 miliardi necessari  per il pareggio di bilancio.
1 Privatizzazioni per almeno 140 miliardi con un risparmio di circa 5 miliardi di interessi l'anno. 
Abbiamo fatto un rapido calcolo di quanto si potrebbe ricavare dalla privatizzazione delle maggiori aziende: Eni, Enel, Poste, Ferrovie, Finmeccanica,  Fintecna, Cassa depositi e prestiti, Rai. Queste privatizzazioni (e  quelle di molte altre partecipate) non solo ridurrebbero la spesa per  interessi, ma darebbero un segnale molto forte ai mercati e agli  italiani, e toglierebbero il terreno sotto i piedi al clientelismo,  all'inefficienza e alla corruzione. Per accelerare queste  privatizzazioni lo stato può conferire le sue proprietà in uno o più  fondi privati che gli pagherebbero immediatamente l'80% del valore  stimato (finanziandosi con debito), pagando poi il resto a vendite  avvenute.
2 Esproprio della moderna manomorta: per 50 miliardi con un risparmio di circa 2 miliardi di interessi l'anno. 
Quando volle rilanciare l'economia del Piemonte Cavour espropriò la  manomorta ecclesiastica: non solo per questioni di bilancio, ma perché  le proprietà della chiesa venivano gestite male e frenavano la crescita
economica. Le fondazioni bancarie sono la manomorta dei nostri tempi. È  una proprietà dei contribuenti che fu appropriata dai politici con la  legge Amato, e che oggi è fonte di prebende e di influenza politica  sotto il mantello della funzione sociale. Riappropriarsi di quei  patrimoni rivendendoli per diminuire il debito pubblico non aiuterebbe  solo il bilancio dello Stato, ma libererebbe la vita economica  dell'intermediazione politica.
3 Privatizzazioni delle municipalizzate per 30 miliardi con un risparmio di circa 1 miliardo di interessi l'anno. 
Il Tesoro stima in 100 miliardi il valore di libro delle attività  delle aziende municipalizzate. Tenendo conto dei debiti e di un  possibile sconto di mercato stimiamo che si possano raccogliere circa 30  miliardi. Ovviamente queste privatizzazioni necessitano di regolamenti  per evitare l'abuso del potere di mercato di cui alcune di queste  imprese godono.
4 Riduzione dei costi della politica: circa 8 miliardi. 
Vi sono molte stime sui risparmi dall'abolizione delle province;  usiamo una cifra prudente, e diciamo 3 miliardi. Secondo il Sole 24 Ore  di lunedì scorso i costi dei cda delle partecipate, delle auto blu,  degli enti intermedi e delle consulenze esterne ammontano in totale a  7,5 miliardi. Questa spesa può essere sicuramente dimezzata senza alcun  effetto negativo (anzi, probabilmente con un effetto positivo)  sull'efficienza del l'amministrazione pubblica. Il costo complessivo di  Camera e Senato è di 1,7 miliardi all'anno. Dimezzando il numero di  deputati e senatori (portandolo così vicino alla media europea) e i  vitalizi per ex deputati e senatori si risparmiano circa 900 milioni.  Anche questa operazione non colpisce alcuna categoria a rischio di  emarginazione sociale, e ha effetti positivi sulla crescita, perché  innalza la qualità e la competenza dei deputati e senatori rimanenti.
5 Taglio di sussidi e agevolazioni alle imprese: 5 miliardi. 
È difficilissimo ricostruire il flusso di sussidi e agevolazioni  alle imprese. Una stima prudente è di circa 7 miliardi, ma possono  essere molti di più, a seconda dei criteri di calcolo. La stragrande  maggioranza sono inutili o dannosi, perché anestetizzano lo spirito  d'impresa, inducendo a specializzarsi nell'ottenere sussidi e  agevolazioni, invece che a produrre ed innovare, e sono una fonte  infinita di corruzione, di diatribe politiche, di progetti inutili, e di  frodi vere e proprie.
6 Eliminazione dei progetti faraonici ed inutili: 3 miliardi. 
Una delle principali cause del dissesto greco è stata l'Olimpiade di  Atene, fonte di corruzione e sprechi. La crisi è un'ottima occasione  per ridimensionare alcuni grandi progetti inutili. Una moratoria sulle  grandi opere, che consenta solo la manutenzione delle opere già  esistenti, di cui invece c'è molto bisogno, porterebbe a un risparmio  annuale difficilmente quantificabile: usiamo una cifra prudente e  diciamo 3 miliardi.
7 Taglio delle pensioni inique e altri interventi sulle pensioni: 6 miliardi. 
Accanto alle tante pensioni vicino al minimo, vi sono circa un  milione 600mila pensioni oltre i duemila euro al mese, per un importo di  oltre 60 miliardi. Alcune di queste sono totalmente sproporzionate ai  contributi versati in passato, e non c'è nessuna ragione né morale né di  equità per mantenerle al livello attuale. Da un taglio medio del 5% si  possono ricavare 3 miliardi. Insieme con un innalzamento immediato  dell'età pensionabile delle donne a 65 anni e con l'indicizzazione al  Pil come avviene in Svezia e come proposto da Tito Boeri  e Agar Brugiavini su www.lavoce.info, si potrebbe produrre un risparmio  da quantificare esattamente, ma diciamo almeno 6 miliardi (le pensioni  totali sono 250 miliardi, oltre il 15% del Pil; se non si può ridurre  questa voce del 2%, che rigore è?).
8 Taglio degli stipendi pubblici più alti: 5 miliardi. 
La seconda voce del bilancio pubblico è il monte salari, 173  miliardi, l'11% del Pil. Grecia, Spagna e Irlanda li hanno ridotti;  anche noi possiamo fare altrettanto. Da una riduzione media del 3% (ogni  ente pubblico può decidere se da minore impiego o minori salari),  dolorosa ma non tragica, possiamo ottenere 5 miliardi.
9 Aumento delle rette universitarie: 3 miliardi. 
L'università oggi è quasi gratuita, ma è frequentata soprattutto dai  ricchi; i poveri finanziano dunque la laurea dei ricchi. Non c'è motivo  per cui chi può permetterselo non paghi l'investimento più redditizio  della vita, magari scegliendo tra pagare subito oppure un prestito da  restituire in base al reddito conseguito dopo la laurea.
10 Addizionale Irpef. 
Con queste misure si risparmiano circa 38 miliardi non riducendo la  crescita, ma rivitalizzandola. Restano ancora 22 miliardi (meno  dell'1,5% del Pil) da reperire con maggiori entrate. Qui non abbiamo una  preferenza specifica. Ovviamente un'intensificazione della lotta  all'evasione aiuterebbe, ma sappiamo per esperienza che i risultati  richiedono tempo e sono incerti. Una possibilità è un'addizionale Irpef  restituibile in caso di successo nella lotta all'evasione: ogni euro  recuperato all'evasione viene restituito pro quota a chi ha pagato  l'addizionale. Questo ha due vantaggi: è una tassa visibile, per cui i  cittadini vorranno sapere che i loro soldi vengono usati bene; e crea un  forte incentivo politico a fare sul serio la lotta all'evasione.
 
 
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