Visualizzazione post con etichetta Vaticano. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Vaticano. Mostra tutti i post

1.10.15

PERCHÉ IL SINDACO MARINO È SOTTO ATTACCO E PERCHÉ BISOGNA ASSOLUTAMENTE DIFENDERLO


Il sindaco di Roma, Ignazio Marino
Il sindaco di Roma, Ignazio Marino
Perché sparano tutti contro il sindaco di Roma? Come mai da qualche mese a questa parte lo sport preferito di intere bande di editorialisti e twittaroli è prendere a pallate incatenate Ignazio Marino? Come mai a queste masse agitate ha fornito una sponda, assestando lui stesso fendenti micidiali, persino il “misericordioso” papa Francesco? Se provi a chiedere a qualcuno dei vessatori quotidiani di Marino, siano essi editorialisti o gestori di potenti siti internet, ti rispondono che la colpa è del sindaco, che non sa comunicare. Il che è abbastanza prevedibile: ogni aggressore giustifica le proprie azioni accusando la vittima: è lei che le botte “se le va a cercare”. Oppure indicano un cassonetto pieno o un autobus in ritardo e dicono: “Vedi? Marino se ne deve andare”.
In realtà i motivi dell’aggressione quotidiana contro Marino sono altri. Il motivo principale, quello che muove le grandi masse urlanti, è che picchiare Marino è facile. Marino è un “soft target”, uno che si può massacrare tranquillamente. Marino è la cuccagna dei vigliacchi da scrivania: lo possono sbertucciare sui giornali senza paura, perché nessuno telefonerà il giorno dopo per minacciare il loro editore. Anzi: saranno in molti a brandire i loro editoriali come scimitarre per chiedere la rimozione del sindaco. E i cittadini di Twitter, che dei giornali leggono solo i titoli si uniscono volentieri al pestaggio, così, perché lo fanno tutti.

L'ex sindaco Gianni Alemanno
L’ex sindaco Gianni Alemanno
Il secondo motivo per cui Marino si può picchiare è che si è fatto molti nemici. E ai vigliacchi piace far parte del branco, specie se del branco fanno parte personaggi non particolarmente belli a vedersi. Chi detesta Marino è per esempio l’ex sindaco Gianni Alemanno, quello che gli ha lasciato in eredità una città sull’orlo del collasso, quello che rimpinzò l’Atac, l’azienda comunale dei trasporti, di parenti e amici, portandola quasi alla bancarotta. Fra chi vorrebbe cacciare Marino ci sono poi i Casamonica, quelli del funerale coatto che ha sputtanato la città davanti al mondo, per colpa di gravi omissioni da parte delle forze dell’ordine, che sapevano e non fecero nulla. Le forze dell’ordine, sia detto per inciso, fanno capo al prefetto Franco Gabrielli, è lui il responsabile del disastro dei Casamonica, come ha del resto ammesso lui stesso. Ma Gabrielli non si tocca: lui i protettori ce li ha.

I funerali di Vincenzo Casamonica
I funerali di Vincenzo Casamonica
A proposito di “mondo di mezzo”, Marino è certamente visto come il fumo negli occhi dai mafiosi di Mafia Capitale. Da quando c’è lui, per i criminali gli affari vanno a rotoli. Non riescono più a piazzare nessuno dei loro in Campidoglio, non riescono a condizionare gli appalti, hanno grosse difficoltà ad entrare nelle stanze dei dirigenti comunali, come facevano un tempo, e a far capire chi è che comanda. Insomma: non comandano più e quelli sono personaggi con i quali è meglio non scherzare. Infatti a Marino, che aveva cominciato a fare il sindaco girando in bicicletta, da molti mesi è stata assegnata dal Ministero dell’Interno una scorta.
Fra gli altri nemici di Marino ci sono alcune fra le famiglie più potenti di Roma, come la famiglia Tredicine, quella che gestisce gli orribili camion bar che Marino ha fatto sgomberare dal Colosseo e da altre fra le più belle attrazioni turistiche di Roma. Mettrersi contro questi signori, fra l’altro ampiamente rappresentati in Campidoglio, è un gesto di grande coraggio, che nessuno fra i predecessori di Marino aveva mai compiuto, a cominciare dai due recenti sindaci più famosi e acclamati: Veltroni e Rutelli. Adesso il Colosseo lo si può finalmente ammirare in tutto il suo splendore, non più impallato dai camion bar. Una gioia da assaporare magari dopo una passeggiata sull’ultimo tratto di via dei Fori Imperiali, resitituita finalmente sempre di più al traffico pedonale (altra coraggiosa iniziativa che ha mandato su tutte le furie i commercianti e i residenti, molto potenti, della zona).

Camion bar davanti al Colosseo
Camion bar davanti al Colosseo
L’elenco dei nemici di Marino potrebbe continuare a lungo: ci sono le potenti famiglie di Ostia che avevano cementificato abusivamente il lungomare e che si sono trovate una mattina le ruspe mandate da Marino a restituire la spiaggia ai romani. O coloro che lucravano sulla discarica di Malagrotta, un orribile monumento all’inquinamento e al degrado, che Marino, dopo anni di sindaci indecisi, ha chiuso, raddoppiando allo stesso tempo la raccolta differenziata. O le potenti ditte abusive che infestavano la città con enormi cartelloni pubblicitari. Marino ha persino messo mano agli affitti degli alloggi comunali, rimettendo in discussione casi di gente che pagava poche decine di euro al mese per appartamenti in pieno centro e mettendo in vendita ben 600 appartamenti. E ha deciso di far lavorare di più i macchinisti della metro, costringendoli a “strisciare” il badge a inizio e fine turno, come nei paesi civili.
Contro Marino c’è poi ovviamente il PD romano, infiltrato da personaggi inquietanti e contingui alle opache pratiche del malaffare di Mafia Capitale e dunque sciolto da Matteo Renzi e commissariato con Matteo Orfini. Con la vittoria di Marino, i potentati del PD romano si erano già messi il tovagliolo ed erano pronti a sedersi a tavola. Ma il sindaco li ha sbattuti fuori, forte del mandato popolare diretto. Chi sperava di fare l’assessore si è dovuto accontentare di un seggio in consiglio comunale, chi sognava la poltrona di amministratore di una municipalizzata è rimasto a casa. Qualcun altro, nel frattempo, è finito in galera. Tutte persone con amicizie molto in alto, tutte persone che gliel’hanno giurata.

Marino e Renzi, quando andavano d'accordo
Marino e Renzi, quando andavano d’accordo
Fra i nemici più illustri di Marino c’è poi lui, il più potente di tutti: Matteo Renzi. Il presidente del Consiglio non ama Marino, e non capiamo perché. Il sindaco di Roma è in realtà il più renziano dei primi cittadini. Da quando è stato eletto ha preso le sue decisioni senza guardare in faccia nessuno, ha sbaragliato i centri di potere, ha avviato politiche di lungo termine, ha preso decisioni impopolari. Ha “cambiato verso” e ne sta raccogliendo i frutti, se è vero che solo la scorsa settimana Fitch ha detto che finalmente, dopo tre anni, i conti di Roma stanno tornando in ordine. Ma a Renzi Marino non piace, e questo facilita ovviamente il compito dei picchiatori mediatici. Se l’imperatore mostra il pollice verso, i leoni (che in realtà sono conigli) possono partire all’attacco.
E veniamo all’ultimo dei nemici che Marino si è fatto, che poi è il più grosso: il Vaticano. E qui il piccolo sindaco di Roma si è messo contro un gigante contro il quale nessuno aveva mai osato mettersi. Come mai Marino è inviso a Papa Francesco? Qui Filadelfia non c’entra nulla. Marino è malvisto dalla Curia per la sua storia, passata e presente. Da politico, Marino si batté con coraggio a favore del referendum sulla procreazione medicalmente assistita eterologa. Pochi se lo ricordano, ma quella di Marino e altri fu una battaglia di civiltà osteggiata con forza dal Vaticano e purtroppo persa per il non raggiungimento del quorum al referendum del 2005.
Ma non finisce qui. Poco dopo il suo insediamento, Marino istituì il registro comunale per le unioni civili, accogliendo anche coppie dello stesso sesso, proprio mentre si concludeva in Vaticano il sinodo sulla famiglia. Un’iniziativa simbolica, che provocò anche aspri contrasti con l’attuale ministro dell’Interno, Alfano, ma che fu uno dei pochissimi riconoscimenti della dignità delle coppie gay. Non contento, Marino ha poi nel giugno scorso apertamente patrocinato il Gay Pride a Roma. Va ricordato in proposito che, nel 2000, l’allora sindaco Rutelli patrocinò dapprima il Gay Pride, ma fu costretto poco prima della giornata a ritirare il patrocinio. Marino non solo non ha ritirato il patrocinio, ma si è persino messo in testa al corteo, il 13 giugno scorso. E vedere quella fascia tricolore sfilare a pochi metri dal Cupolone insieme alle bandiere arcobaleno deve aver provocato più di un travaso di bile nelle segrete stanze del Vaticano e più di una preoccupazione per la “cattolicità” dell’imminente Giubileo.

Marino al Gay Pride, il 13 giugno scorso
Marino al Gay Pride, il 13 giugno scorso
Si arriva così alla trasferta di Filadelfia. I fatti sono noti: in giugno il sindaco di Filadelfia, Michael Nutter, e l’arcivescovo, Charles Chaput, volano a Roma per preparare la visita del Papa di settembre. Vogliono capire dagli esperti comunali come organizzarsi. Marino li riceve e Nutter lo invita a Filadelfia per una serie di iniziative in concomitanza con la visita del Papa. Marino annuncia la trasferta, specificando che i costi non saranno a carico dell’Amministrazione capitolina e che l’invito viene dal suo collega sindaco. Pochi giorni fa, come annunciato, Marino vola prima a New York, poi a Filadelfia, dove partecipa a diverse riunioni ed eventi, fra cui la messa del Papa in occasione del World Meeting of Families.
E siamo al redde rationem. Durante il viaggio di ritorno del Papa, a nome dei giornalisti italiani al seguito, il giornalista di SkyNews24, Stefano Maria Paci, gli rivolge una domanda molto scorretta. Eccola:
“Ci tolga una curiosità. Il sindaco Marino, sindaco di Roma, città del Giubileo, ha dichiarato che è venuto all’incontro conviviale delle famiglie, alla messa, perché è stato invitato da lei. Ci dice com’è andata?”.
Notate come il giornalista inserisca nella sua domanda al Papa una vera e propria menzogna, quando afferma: “Il sindaco Marino ha dichiarato che è stato invitato da lei”. Mai, in nessuna occasione, Marino ha detto di essere stato invitato dal Papa. Anzi: ha sempre specificato che l’invito a Filadelfia gli era stato rivolto dal sindaco di quella città. E’ abbastanza incredibile che giornalisti professionisti compiano una scorrettezza simile, fra l’altro rivolgendosi ad una delle persone più influenti della Terra. Il Papa non può ovviamente sapere cosa abbia detto o non detto Marino, ma non sembra dispiaciuto dalla domanda.  Ecco cosa risponde:

Papa Francesco in volo.
Papa Francesco in volo.

“Io non ho invitato il sindaco Marino, chiaro? Ho chiesto agli organizzatori e neanche loro lo hanno invitato. Chiaro? È venuto… lui si professa cattolico: è venuto spontaneamente”
Il colpo è micidiale e l’effetto politico che ne segue devastante. I siti internet (a parte La Stampa) mettono in rete solo la risposta del Papa, non la domanda, facendo credere surrettiziamente che la precisazione sia un’iniziativa di Bergoglio. Il video del Pontefice in aereo col microfono che dileggia Marino, in un colpo solo, fa contenti: i Casamonica, Gianni Alemanno, Matteo Salvini, Giorgia Meloni, la famiglia Tredicine, la lobby dei commercianti dei Fori Imperiali, il PD romano commissariato e ciò che resta di Mafia Capitale. Si stappa lo champagne. Partono i tweet e partono le paginate sui siti, ma soprattutto si mettono in moto le tastiere dei picchiatori. Il Papa tiene fermo Marino e loro possono pestarlo a sangue: dài ché ci divertiamo. Si impaginano i pezzi dei vari Merlo, Tucci, per non parlare di Giordano e Tramontano. E’ una festa: la character assassination impazza. Tutti a scrivere che il Papa smentisce e sbugiarda Marino, quando è ovvio che il Papa non ha smentito nulla, perché Marino mai aveva detto di aver ricevuto inviti dal Papa. La replica di Marino viene nascosta in poche righe, nessuno la vede. La gogna è scattata, chi vuole può avvicinarsi a scagliare la sua pedata.
Pochissimi scelgono di ragionare con la propria testa. Fra questi, Massimo Gramellini, sulla Stampa, e Francesco Oggiano, su Vanity Fair. Intervengono per ristabilire la verità opinionisti noti come Stefano Menichini e Chiara Geloni. Ma le loro voci, per quanto forti, sono surclassate dalle grida sguaiate dei pecoroni da tastiera.
Il colpo è assestato, Oltretevere qualcuno forse sta brindando. O forse no, sta di fatto che il Papa è ormai ufficialmente collocato fra quanti vogliono togliere di mezzo il sindaco di Roma.
Resisterà Marino, sindaco da poco più di due anni, all’attacco concentrico dei suoi tanti nemici, con l’appoggio di fatto di chi a Roma regna da una ventina di secoli? Non lo so. So che questo sindaco è stato eletto con il 60% dei voti dei romani, che hanno diritto di vedere rispettato il proprio voto. So anche che Marino ha difetti, come tutti, ma nonostante la stampa e la tv facciano finta di non vedere, sta portando avanti riforme coraggiose e provvedimenti importanti e che la città, lasciata dalla destra in condizioni drammatiche, sta migliorando. Marino è un argine fragile all’arroganza e alla protervia di chi, da varie angolazioni, vorrebbe tornare a decidere cosa deve e non deve essere fatto a Roma, infischiandosene dei romani e di quello che essi stessi hanno scelto. Per questo Marino ha il dovere di resistere e andare avanti, se ce la fa. E chi se la sente ha il dovere di difenderlo.

16.7.11

Il diavolo sul web

Michele Martelli (Micromega)

«Pape Satàn, pape Satàn aleppe!»… Ecco Satana dall’Inferno dantesco saltare acrobaticamente sul web. Prime pagine, siti online e pagine facebook ormai si sprecano (“S.O.S.-satanismo online, monito della Chiesa”, “il diavolo veste internet”, “il Maligno dilaga sui social network”). Dopo che il Vaticano ha dato improvvisamente l’allarme, qualche giorno fa, la notizia shock è rimbalzata anche sulla stampa cartacea.

Al “Principe delle tenebre”, la cui figura con tanto di coda e corna si sporge minacciosa dal monitor di un computer, Panorama, il settimanale di famiglia di B., con diabolica preveggenza, si direbbe, già il 12 ottobre scorso aveva dedicato la copertina, attribuendogli tutti i “mali” del mondo (violenza, pedofilia, pornografia, usura e truffe, speculazioni finanziarie e crolli in borsa). Mancava Fukushima, il Rubygate, la P4 e l’attuale “rischio Grecia” per l’Italia: tutta opera del Maligno!

Il Vaticano non è nuovo a tali allarmi. Più volte gli ultimi papi hanno lanciato, a voce, per radio e via internet, il minaccioso avvertimento: il Diavolo esiste ancora e vive in mezzo a noi. Lo disse Paolo VI, nell’udienza generale del 15 novembre 1972: «Sappiamo che il Demonio, questo’Essere oscuro e conturbante esiste davvero e che per proditoria astuzia agisce ancora; è il nemico occulto che semina errori e sventure nella storia umana».

Lo ripeté senza posa anche Karol Wojtyla, il papa esorcista che il 27 marzo 1982 fronteggiò personalmente Satana nella Santa Sede: «una scena biblica», in cui Francesca F., «una donna ossessa, che si rotolava per terra urlando», portatagli in udienza dal vescovo di Spoleto, fu liberata dal diavolo con la promessa di una messa papale (dalle “Memorie” postume del cardinale francese Jacques-Paul Martin, ex prefetto della Casa pontificia).

E lo ha ribadito in modo assertivo più volte anche Joseph Ratzinger, emanando già da ex prefetto della Fede precise direttive sulla pratica dell’esorcismo; ricevendo da papa in una delle sue prime udienze, quale segno del suo pontificato, gli esorcisti di tutta Europa; e promovendo infine convegni e strani corsi universitari per esorcisti tramite l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.

Ma chi è il Demonio? «È una persona che genera il male nella società e negli individui perché è l’omicida fin dal principio», così spiega in questi giorni, riassumendo il Catechismo (nn. 2851-2852), il prete esorcista don Gabriele Nanni. Una persona? Omicida di chi? Ma chi l’ha visto, dove, come, quando? Se dove c’è omicidio c’è il Demonio, allora buona parte della storia della Chiesa, fatta di crociate, persecuzioni e roghi di infedeli ed eretici (= diversamente pensanti), è opera del Demonio. E Wojtyla, che lotta a singolar tenzone contro il Demonio in Vaticano, perché benedice poi il carnefice Pinochet? O aveva forse ragione Martin Lutero quando additava nel papato l’agente di Satana?

«C’è un’alta percentuale di chiamate che arrivano in vicariato a Roma in cui si chiede l’intervento dell’esorcista», aggiunge allarmato padre Cesare Truqui, esperto in esorcistato. Io dico che, invece di telefonare e mandare misteriosi messaggi nelle bottiglie, i “posseduti del diavolo” (o gli amici e i parenti) meglio farebbero a riprenderne l’“orribile” aspetto in fotografie e video, o almeno a registrarne in qualche modo le minacce e gli schiamazzi. Sarebbe uno scoop mondiale! Soldi a palate e possibilità di sottoporsi alle cure più costose dei più famosi psichiatri!

Ma questo è “crasso materialismo”, si dice; “qui siamo nella sfera del soprannaturale”; “il Maligno è invisibile”. Appunto. Ciò che non si vede, non si tocca ecc. non è oggetto di scienza e conoscenza. Né oggi né mai. Come si fa dunque a dire che il “Principe delle tenebre”, anzi “di questo mondo” esiste? Che differenza c’è fra magia ed esorcismo? Non siamo forse nel campo dell’irrazionale e della superstizione?

D’altronde, se il malefico Demonio esiste davvero, delle due l’una: o Dio è impotente di fronte al male, o è egli stesso il Maligno: in ambedue i casi, Dio non sarebbe Dio. L’insolubile problema, già posto da Epicuro, se lo pose anche Agostino vescovo d’Ippona nelle Confessioni (17, 3,5): se dico che il diavolo tentatore mi spinge al male, come posso evitare di attribuirne la colpa a Dio, dal momento che è Dio stesso il creatore del diavolo? Ecco perché il Padre Nostro recita: «Non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male». Siamo nelle mani di Dio! Colpa e libero arbitrio sfumano nel nulla. Tutto diventa condannabile o giustificabile nel nome di Dio, o meglio di chiunque presuma di rappresentarlo sulla terra, di custodirne e interpretarne la “Parola rivelata”.

Resta il forte sospetto che Dio e Satana siano dogmi contraddittori e superstiziosi per ostacolare il libero pensiero ed esercitare un potere incontrollato e totalitario. Sulla vita, la morte, le coscienze, i giovani e le famiglie, la società civile, la politica. Oggi che il web diventa strumento di libertà e liberazione, di dibattito e contestazione, di aggregazione e promozione politica (vedi, per ultimo, la vittoria strepitosa dei 4 referendum e l’elezione dei sindaci di Napoli e Milano), ecco il provvidenziale S.O.S. vaticano contro il “satanismo online”, ecco la “demonizzazione del web” da parte dei poteri forti oggetto di critiche e sberleffi (la banda B§B and Scilipot ha più volte tentato, ma invano, di proporne una regolamentazione restrittiva e autoritaria).

Sperano forse che il Maligno salti fuori dai computer, o dall’iPod, o dai cellulari, o magari dal telefono di casa, dove è nascosto, per spaventare e irreggimentare i giovani nelle fila di ideologie antidemocratiche e oscurantiste?

«Lasciate ogni speranza …!», ripetiamo con Dante. Chi volete che ci caschi?

27.2.11

Quando il premier parla della famiglia

 Chiara Saraceno (La repubblica)

Come previsto, Berlusconi salda puntualmente il debito contratto con la gerarchia cattolica in cambio della benevola tolleranza di questa, attenuata solo da qualche critica molto sfumata e generica, nei confronti suoi e del suo governo per le costanti violazioni della morale pubblica e privata. Chi, nell´opposizione e nell´opinione pubblica, riteneva che il disagio manifestato da parte della stampa cattolica, da qualche esponente della gerarchia, oltre che da moltissimi uomini e donne cattoliche, per i comportamenti pubblici e privati di Berlusconi avrebbe provocato un indebolimento del sostegno offertogli dalla gerarchia, deve ancora una volta ricredersi. I due attori in gioco – Berlusconi e gerarchia cattolica– sono da questo punto di vista del tutto simili per grado di cinismo politico.
Perciò la gerarchia può ascoltare senza battere ciglio, e anzi compiacersi, che Berlusconi oggi vada in giro predicando, anche a platee di cattolici, a difesa della famiglia – si intende quella eterosessuale, fondata sul matrimonio, ove la sessualità è orientata esclusivamente alla procreazione, e la fedeltà coniugale la norma. Il “moralismo”, che è una brutta cosa quando viene applicato nei giudizi nei confronti di Berlusconi (Ferrara docet) diviene un obbligo stringente quando si tratta dei cittadini comuni. In questo spericolato esercizio di doppia morale Berlusconi è appunto confortato dalla gerarchia cattolica che, oggi come sempre, in Italia come in situazioni molto più fosche dal punto di vista della libertà e della democrazia, guarda agli atti politici che le giovano, non a chi li compie e al contesto in cui ciò avviene. Come il denaro (si vedano le non sempre trasparenti vicende finanziarie del Vaticano), anche le leggi “non olent” quando portano risorse finanziarie o di controllo alla istituzione chiesa. E Berlusconi ne promette a tutto campo, dopo aver già concesso lo sconto sull´Ici in sprezzo della normativa europea e della correttezza delle regole di mercato: sulla famiglia, ma anche sulla scuola, a costo di delegittimare la scuola pubblica come istituzione educativa, rappresentandola come una sorta di scuola di partito sovietico. E, naturalmente, sul testamento biologico e le disposizioni di fine vita.
Più ancora che sotto i governi democristiani, i cittadini italiani sono un puro ostaggio nel grande scambio di risorse in cambio di legittimazione messo in atto da questo governo, e in particolare da Berlusconi, con la gerarchia cattolica.
Incontro molti cattolici che individualmente e anche in gruppi e associazioni si dissociano, costituendo delle forme silenziose di “chiese” alternative dentro o accanto alla chiesa ufficiale. E´ un fenomeno ricorrente dentro alla storia della chiesa cattolica, di cui si trova traccia nella origine, ad esempio, di molti ordini monacali, a testimonianza del fatto che la tensione tra la realpolitik e l´espressione della fede è per certi versi strutturale entro la chiesa. Ma certo oggi è uno dei tempi in cui essa si manifesta più acutamente, almeno in Italia: dove alla presenza ingombrante del Vaticano si aggiunge un episcopato molto coinvolto nella politica, almeno nei suoi vertici. Le motivazioni del dissenso sono tra loro diverse e a volte contrastanti. C´è chi vorrebbe più coerenza e universalismo nella applicazione di norme condivise, chi invece dissente sulla formulazione delle norme e l´interpretazione delle questioni di fede. E´ una situazione da osservare con grande rispetto. Ma senza sovraccaricare il dissenso interno alla chiesa di aspettative politiche. Piuttosto, a livello di giudizio politico, è ora che si dica chiaramente che il degrado etico (che nulla ha a che fare con il moralismo) e civile in cui ci troviamo non è solo responsabilità di Berlusconi, della sua maggioranza, delle sue televisioni. E´ responsabilità anche della doppia morale cinicamente esercitata dalla gerarchia cattolica ogni volta che sono in gioco i suoi interessi come istituzione di potere. Più grave ancora del fatto che di volta in volta pretenda che si legiferi in accordo ai suoi principi fatti valere come validi per tutti, è il fatto che taccia, e spesso si compiaccia persino, quando la religione cattolica e i suoi simboli sono usati politicamente come armi improprie per posizionarsi, affermare identità, escludere qualcuno. Questo doppio cinismo (di chi ci governa e della gerarchia che lo legittima) e la doppia morale che ne deriva non hanno solo effetti nefasti sulla nostra libertà di cittadini. Stanno anche corrodendo la coscienza civile.

30.1.09

"Io, Gelli e la strage di Bologna". Ecco le verità della super-spia

Il personaggio. Dopo 13 anni di carcere parla Francesco Pazienza
L'uomo dei misteri d'Italia rivela: lingotti per aiutare Walesa


di MILENA GABANELLI

"Che fine ha fatto?" mi chiedo guardando la foto su un catalogo che sto per buttare. Il suo nome era comparso sui giornali nel 1982 con la qualifica di "faccendiere". Le ultime tracce le trovo su internet: uscito dal carcere di Livorno, sta scontando gli ultimi mesi di pena presso la Pubblica Assistenza di Lerici. Francesco Pazienza ha scontato 10 anni per depistaggio alle indagini sulla strage di Bologna, altri 3 per il crac Ambrosiano e associazione a delinquere. Amico di Noriega, frequentatore dei servizi segreti francesi, americani e sudamericani, nel 1980 è a capo del Super Sismi.

Braccio destro di Licio Gelli, il suo ambiente è il sottobosco di confine fra l'alta finanza e l'alta criminalità, l'alta politica e il Vaticano. Protagonista delle vicende più tragiche della storia italiana degli anni '80, è depositario di informazioni mai rivelate, altre raccontate a modo suo. Laureato in medicina a Taranto, non ha mai indossato un camice. Negli anni '70 vive a Parigi e fa intermediazioni d'affari per il miliardario greco Ghertsos. Poi l'incontro con il capo del Sismi, Santovito. Grandi alberghi, yacht, belle donne, sigari rigorosamente cubani e tagliasigari d'oro... Un'altra epoca. Adesso ha 62 anni e fuma le Capri, mentre cammina da uomo libero sul lungomare di Lerici.

Cominciamo dall'inizio: come avviene l'incontro con Santovito?
"Me lo presentò l'ingegner Berarducci, oggi segretario generale dell'Eurispes. Santovito era suo zio, e mi chiese di fare il suo consulente internazionale".

E perché Santovito le dà questo incarico senza conoscerlo prima?
"Sa, io parlavo diverse lingue e avevo un sacco di relazioni in giro per il mondo. Normalmente non avviene così, ma all'epoca era quasi tutto improntato all'improvvisazione".

E in cambio cosa riceveva?
"Rimborso spese. Siccome non avevo bisogno di soldi, era quello che volevo: se volevo andare a New York in Concorde, andavo in Concorde. Mi sembrava tutto molto avventuroso".

Si dice che lei sia stato determinante nella sconfitta di Carter contro Reagan.
"La storia comincia con Mike Ledeen a Washington, che mi aveva presentato Santovito; lui dirigeva il Washington Quarterly e faceva capo ad una lobby legata ai repubblicani (e alla Cia-ndr). Così gli dico: "Guarda che quando c'è stata la festa per l'anniversario della rivoluzione libica, il fratello di Carter ha fraternizzato con George Habbash", che era il capo del Flp. E a quel punto disse: "Se tu mi dai le prove , noi possiamo fare l'ira di Dio"".

E le prove come se le era procurate?
"Attraverso un giornalista siciliano, Giuseppe Settineri, che io mandai con un microfono addosso ad intervistare l'avvocato Papa, che faceva il lobbista e aveva partecipato alla festa di Gheddafi. Lui raccontò per filo e per segno tutto quello che era successo. Le foto dei festini me le avevano fornite Michele Papa e Federico Umberto D'Amato, la testa degli affari riservati del Viminale".

Il Viminale ha dunque interferito nelle elezioni di un paese alleato?
"Sissignore, però la débacle ci sarebbe stata ugualmente, ma non in misura così massiccia".

Lei, che non è un militare, diventa capo del Super Sismi. Cos'era?
"Il Super Sismi ero io con un gruppo di persone che gestivo in prima persona".

Marzo 1981, le Br sequestrano l'assessore campano Cirillo. Lei che ruolo ha avuto?
"Un ruolo importante. Fui sollecitato da Piccoli, allora segretario della Dc. Incontrai ad Acerra il numero due della Nuova Camorra Organizzata di Cutolo, Nicola Nuzzo. Mi disse che in dieci giorni Cirillo sarebbe stato liberato, e così è stato".

Chi ha pagato?
"Non i servizi. Il giudice Alemi disse di aver scoperto che furono i costruttori napoletani a tirar fuori un miliardo e mezzo di lire, che finirono alle Br".

Piccoli cosa le ha dato per questa consulenza?
"Niente, assolutamente niente, eravamo amici, non c'era un discorso mercantilistico". (Del miliardo e mezzo, alle Br finiscono 1.450 milioni. Chi ha imbustato i soldi del riscatto sarebbe Pazienza, che, secondo vox populi, avrebbe taglieggiato le Br tenendo per sé 50 milioni).

A gennaio 1981 sul treno Taranto-Milano viene piazzata una valigia con esplosivo della stessa composizione di quello usato nella stazione di Bologna... Ci sono dei documenti intestati a un francese e un tedesco, indicati dai servizi come autori di stragi avvenute a Monaco e Parigi. Si scoprirà poi che si trattava di depistaggio.
"Il depistaggio è stato fatto dal Sismi per non fare emergere la vera verità della bomba di Bologna. Secondo l'allora procuratore Domenico Sica c'era di mezzo la Libia, e coinvolgerla in quel momento avrebbe voluto dire tragedia per la Fiat e per l'Eni. Vada negli archivi delle sedute parlamentari: il 4 agosto 1980, Spadolini in persona presentò un'interrogazione parlamentare in cui attribuiva la bomba di Bologna a origini straniere mediorientali".

Ma qual era l'interesse mediorientale?
"L'Italia non poteva sottrarsi agli obblighi Nato, e quindi doveva fare un accordo con Malta, per proteggerla in caso di attacchi del colonnello Gheddafi. L'accordo fu firmato, e Gheddafi fece la ritorsione. Ustica porta la stessa firma. Me lo ha raccontato Domenico Sica. Quando tolgono il segreto di Stato la verità salterà fuori".

Lei è stato condannato a 10 anni per depistaggio, qualche prova a suo carico evidentemente c'era, i servizi segreti li comandava lei.
"Le prove a mio carico erano dovute al fatto che sono stato il braccio destro, mandato dagli americani, per sostituire Licio Gelli alla guida della P2. E siccome Gelli era il motore primo del depistaggio, io che ero il suo braccio destro, automaticamente...".

Quando è scoppiata la bomba a Bologna dov'era?
"A New York".

84 morti e 250 feriti, nel suo paese. Lei è consulente del Sismi, non ha pensato: "Adesso bisogna trovare chi è stato"?
"Io no. Perché non è mio compito. I servizi segreti sono come un'azienda. Giusto? Se tu ti occupi di una cosa, non è che dici "adesso parliamo di Bologna, parliamo di Ustica"...".

1982. Calvi viene impiccato sotto un ponte. Si è parlato di un suo coinvolgimento.
"Sì, e qual era il mio interesse? Io non sono stato mai neanche indagato nell'omicidio Calvi. La sua morte è un mistero anche per me, comunque non si uccide Calvi a livello di Banda della Magliana... E non mi venga a dire che l'MI5 non sapesse che Calvi si trovava a Londra da giorni! I giochi di potere erano molto più grossi. Capisce cosa voglio dire?".

No.
"La morte di Calvi e lo scandalo del Banco Ambrosiano avrebbero imbarazzato pesantemente il Vaticano, che insieme all'Arabia Saudita voleva Gerusalemme città aperta a tutte le religioni, e Israele era contrario. Poi c'era lo scontro politico interno italiano, c'erano i comunisti, che hanno preso una valanga di soldi dal Banco Ambrosiano. Non è così semplice dire è A, B o C".

Di chi erano i soldi che andavano verso la Polonia?
"Arrivavano dai conti misti Ior-Banco Ambrosiano. L'organizzatore era Marcinkus d'accordo con papa Wojtila. Sono stato io a mandare 4 milioni di dollari in Polonia".

Ma come ha fatto tecnicamente?
"Vicino a Trieste, abbiamo fatto preparare una Lada col doppio fondo e dentro c'erano 4 milioni di dollari di lingottini d'oro di credito svizzero. Era aprile 1981, un prete polacco venne a ritirare questa Lada e la portò a Danzica. Qual era il discorso? Agli operai in sciopero non potevamo dare gli zloty, né i dollari perché i servizi segreti polacchi se ne sarebbero accorti. Anche perché lei può fare il patriota come vuole, però se a casa ha 4 bambini e non ha come farli mangiare, lo sciopero non lo fa. Giusto?".

Ma lei perché si portava su un aereo dei servizi segreti un ricercato per tentato omicidio, braccio destro di Pippo Calò, capo della banda della Magliana?
"Lei sta parlando di Balducci. Io sapevo che era uno strozzino, ma non è mai salito su un aereo dei servizi. Usava lo pseudonimo di Bergonzoni e una volta lo feci passare a Fiumicino mentre proveniva da Losanna. Era un favore che mi chiese il prefetto Umberto D'Amato, suo amico intimo". (Per questo "favore" Pazienza fu condannato per favoreggiamento e peculato: fu accertato che aveva trasportato, su un aereo dei servizi , il latitante Balducci sotto falso nome).

Nell'84 lei deposita da un notaio un documento intitolato "operazione ossa". "Ossa" starebbe per Onorata Società Sindona Andreotti. Che cos'era?
"All'epoca c'era il pericolo che Sindona potesse inventare dei coinvolgimenti di Andreotti in questioni di crimini organizzati. Bisognava capire cosa volesse fare Sindona per tirarsi fuori dai guai prima di rientrare in Italia quando si trovava nel carcere americano di New York".

Ci siete riusciti?
"Non c'è stato bisogno di fare nessuna misura attiva, ne abbiamo fatta una conoscitiva".

La misura attiva qualcuno l'ha fatta quando è finito nel carcere italiano...
"Qui parliamo del 1986. Nel carcere italiano ha bevuto un caffè di marca Pisciotta...".

Lei in quante carceri ha soggiornato?
"Alessandria, Parma e alla fine a Livorno.
Complessivamente ho fatto 12 anni di carcere gratis".

Non si ritiene colpevole di nulla?
"Zero. Le racconto una cosa, 30 marzo 1994: un maggiore della Dia, nome M. cognome M. mi dice: "Lei è un uomo informatissimo, ci deve raccontare di come portava le lettere di Fabiola Moretti (compagna di De Pedis, componente della banda della Magliana, coinvolto nel rapimento di Emanuela Orlandi-ndr) al senatore Andreotti, nel suo ufficio privato. Sa, fra poco esce la sentenza di Bologna, e noi la mettiamo a posto". Io gli ho detto: "A me di Andreotti non importa niente. Il problema è che quel che lei mi chiede di ricordare non è vero". Avevo il microfono addosso. Sa qual è la cosa comica? Che molti pensano che io sapessi di questo e di quell'altro e che non ho detto niente perché sono un duro. Non ho detto niente perché non sapevo. Capisce la differenza?".

Quando è uscito dal carcere dove è andato?
"A casa dei miei genitori, comunque non è un problema ricominciare da capo".

Cosa fa ora per sbarcare il lunario?
"Il consulente per transazioni internazionali. Sto trattando un cementificio in Africa".

Come pensa di ricostruirsi una credibilità?
"La storia non è finita, sta cominciando il secondo tempo".

Erano 25 anni che volevo incontrare il grande faccendiere. Una curiosità tutta personale, volevo vedere in faccia l'uomo che ha fatto da cerniera in tutti i misteri profondi di questo paese. Ci vuole grandezza anche per essere protagonisti di grandi drammi. Invece si incontrano delle comparse, figure che si dimenticano. Sembrano scelte apposta.

Cosa ricordo io di quel 2 agosto? Ero andata a prenotare delle cuccette. Nell'atrio tanta gente che andava e veniva, in un sabato di ferie, e i ragazzini che fanno sempre un gran casino, fra la biglietteria e il marciapiede del binario 1. L'immagine successiva non ha sonoro: è quella di un luogo irriconoscibile coperto dalla polvere. E poi il bianco di un lenzuolo che attraversa la città, appeso alle porte di un autobus. Per qualche anno, ho avuto paura tutte le volte che andavo in stazione. Da 15 anni prendo un treno tutte le settimane, vado di fretta, e non guardo mai lo squarcio coperto da un vetro, non guardo mai l'orologio fermo alle 10.25. Ogni anno il 2 agosto osservo da lontano la gente che si raduna per commemorare. Qualche volta mi viene da piangere.

larepubblica.it