12.8.05

Fuori mercato

MARIA TERESA CARBONE
Nel 2002, l'ultimo anno per cui sono disponibili dati completi sulla situazione dell'editoria italiana, sono usciti nel nostro paese circa 53.000 titoli fra novità e ristampe, per un totale di 254 milioni di copie che, dopo essere state stampate, si sono rovesciate sui banchi delle librerie come una gigantesca slavina di carta. Il rapporto dell'ufficio studi dell'Associazione Italiana Editori (da cui queste cifre sono state prese) si affretta a sottolineare che - nonostante l'apparenza - il numero dei titoli pubblicati in Italia non solo non è esagerato, ma anzi ci pone agli ultimi posti della classifica europea: 0,95 titoli per mille abitanti pubblicati in Italia contro 0,97 in Francia, 1,01 in Germania, 1, 45 in Svezia e addirittura 1,60 in Spagna e 1,85 nel Regno Unito (anche se, nota magnanimo il rapporto, la diffusione dello spagnolo e dell'inglese rende difficile il confronto). Dietro di noi, per lo meno nella vecchia Europa dei Quindici, ci sono soltanto il Portogallo e la Grecia, che pubblica 0,62 titoli per mille abitanti. Fin troppo facile obiettare che, in un paese dove - sono sempre i dati dell'Aie - legge «almeno un libro non scolastico l'anno» soltanto un italiano su due (il 52,9 per cento della popolazione con più di sei anni), un aumento dei titoli in commercio può risultare rischioso, se alla crescita della produzione editoriale non si affianca una seria politica pubblica di incentivo alla lettura attraverso sostegni alle scuole e alle biblioteche. Quello che l'indagine dell'Aie non dice, infatti, è quanto succede dopo che questa imponente massa cartacea è approdata in libreria: quante, fra le novità più o meno luccicanti e incellophanate proseguiranno lungo il loro cammino e finiranno - come dovrebbe essere, o per lo meno come si augurano gli editori - sugli scaffali delle biblioteche di casa? e quante invece saranno costrette, dopo un breve soggiorno sui banchi, a ritornare malinconicamente al mittente negli scatoloni delle rese editoriali?

Il problema è che oggi nessuna libreria italiana, neanche il più sterminato megastore, è in grado di contenere tutti i titoli in commercio, e questo fatto, se da un lato impone naturalmente scelte drastiche (che nella maggior parte dei casi premiano i best-seller, veri o presunti, a detrimento dei titoli proposti dalle sigle meno «muscolose»), d'altro lato accorcia sempre di più la vita di un volume in libreria. Ancora fino a pochi anni fa una novità poteva rimanere visibile sui banchi due o tre mesi, mentre oggi si è calcolato che la durata media di esposizione di un nuovo titolo si aggiri intorno ai trenta giorni.

Succede così sempre più spesso che un libro, anche recente, scompaia. A volte rimane in catalogo, ma è di difficile reperimento (e qui spesso si rivelano preziose le piccole librerie indipendenti - purtroppo sempre più rare - che, a differenza della maggior parte dei megastore, continuano ad attivare in modo relativamente efficiente sistemi di ordinazione per i loro clienti). In altri casi, cambia circuito, finisce nei punti-vendita dei remainders, o nei cataloghi di librerie per corrispondenza o in rete, in attesa di una possibile riscoperta: pochi oggi se ne ricordano, ma i primi libri di Ian McEwan o di Milan Kundera o (per citare un caso più recente) dell'ultimo premio Nobel per la letteratura, l'austriaca Elfriede Jelinek, sono passati per il purgatorio dei «libri a metà prezzo». O infine, e accade più di frequente di quanto non si pensi, scompare per davvero: viene mandato al macero, carta che ritorna a essere solo ed esclusivamente carta.

A questi libri «introvabili» - testi vecchi e nuovi, a volte piccoli (o grandi) classici dimenticati - dedichiamo lo spazio che si apre oggi e che continuerà nelle prossime settimane, attraverso la proposta di volumi e di autori che meritano di essere riletti, o letti per la prima volta anche a distanza di anni dalla loro pubblicazione. È un invito agli editori a non inseguire solo le novità e a non trascurare il loro catalogo, che per una casa editrice degna di questo nome dovrebbe rappresentare il patrimonio più importante. Ma è anche un invito ai lettori a non impigrirsi e a non accettare solo quello che passa il mercato.
ilmanifesto.it

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