«Bisogna mettere le quote blu»
«Ma quali quote rosa. Guardi sono categorica: qui il problema vero è di quote blu, o azzurre se preferisce, nel senso che va ridotto il numero di uomini presenti in parlamento. Bisogna mettere fine a questo monopolio. Ecco cosa servirebbe davvero: una norma antimonopolistica». Chiara Saraceno, sociologa che da anni si occupa anche della condizione femminile, guarda con occhi quasi indignati a quanto accade in questi giorni in parlamento. «Sono stanca che la questione venga sempre formulata in termini di quote delle donne», dice. «Non si tratta di un problema solo lessicale, ma concettuale e di prospettiva: la questione è la riduzione del monopolio maschilee infatti è proprio così che chi si oppone lo sta percependo: come la rottura di un monopolio. E’ per questo che in un quadro istituzionale come quello che si sta delineando e che trovo particolarmente orroroso, in cui sono rimasti i listini bloccati, in cui nessuno entra perché ha particolari meriti ma solo perché scelto da qualcun altro, non si instauri il principio dell’alternanza nelle liste, un uomo e una donna. Così si afferma che gli uomini sono più bravi. Cicchitto e Gasparri dicono: «Bisogna che le donne provino il merito». Ma perché loro l’hanno provato?
Lei dice: è anche una questione di linguaggio. Ma non sarà che in realtà le donne non sono convinte di queste battaglia? E poi c’è un dato di fatto: sono le donne che non votano le donne.
Questo non lo può più dire. Lo dicevamo quando io ero giovane, che le donne non votavano le donne, ma c’erano le preferenze. E anche allora non era facilissimo, perché uno doveva andare a cercarle con il lanternino visto che i partiti che le mettevano in lista poi non le rendevano anche visibili. Ma è da un bel pezzo che non è più così.
Ciò non toglie che solo la minoranza delle deputate ha firmato al petizione sulle quote rosa.
Che difficoltà tradisce questo dato?
Difficoltà multiple. Primo: a nessuna di noi piace essere una quota, perché viene percepita come una quota protetta, scelta non sulla base del merito ma perché riempie appunto la quota. Come se gli uomini poi fossero sempre scelti sulla base del merito. Credo inoltre che ci sia anche il timore di inimicarsi gli uomini, e quindi di non essere più messa in lista. Per quanto riguarda il Pd, poi, Renzi ha dato un messaggio chiarissimo: non è un tema importante, non ha fatto parte delle negoziazioni.
Però Renzi dice: io la parità la pratico.
Ma questo non mi importa, perché il problema non è che il singolo individuo pratichi la parità, cosa oltretutto falsa perché sì, è vero che il 50% dei ministri sono donne, ma tre sono senza portafoglio.
Ma comunque la parità non può essere affidata alla pura buona volontà. Renzi ha anche detto: la vera parità è che le donne prendano lo stesso stipendio degli uomini a parità di lavoro. Già, ma le donne spesso non riescono neppure ad avere la parità di lavoro. E allora tu devi garantire che possano correre con le stesse possibilità.
Ma è giusto stabilire la parità di genere per legge?
La parità nella corsa sì, assolutamente. Vede, io a lungo ho sperato che sarebbe avvenuto un mutamento culturale, ma così non è stato. Anche Paesi culturalmente più evoluti del nostro per arrivare a un riequilibrio tra uomini e donne in parlamento hanno dovuto in qualche modo introdurre un sistema di riduzione della quota maschile. Questo è avvenuto in modi diversi: in alcuni Paesi per legge, in altri grazie ad alcuni partiti che hanno cominciato a farlo e gli altri hanno capito che non potevano restare fuori da questa competizione. Ma in nessun caso la cosa è avvenuta in modo evolutivamente naturale, altrimenti ci sarebbero voluti duecento anni.
Il fatto che il governo si sia rimesso all’aula non è la prova che se ne lava le mani? Così come i partiti che hanno lasciato libertà di votare secondo coscienza.
E’ gravissimo. Ed è interessante la scelta dei partiti che considerano l’intera questione un caso di coscienza, non un caso di democrazia. Ma trovo gravissimo anche che le ministre non si siano espresse. Se loro sono lì, al governo, non è perché Renzi è bravo, ma perché in passato ci sono state delle lotte che hanno fatto sì che il problema della rappresentanza femminile venisse fuori e maturasse.
Quindi hanno delle responsabilità nel farsene carico. Il loro silenzio invece fa paura.
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