Matteo Tacconi (il manifesto)
Per gli occidentali è il governo legittimo dell’Ucraina, per Mosca un esecutivo golpista. Ma a prescindere dai rispettivi punti di vista, al momento nei ministeri di Kiev si sono piazzate queste persone. Chi sono di preciso? Quali le loro biografie? A quali circoli di potere rispondono? Più che da chi ricopre posizioni, si può partire da chi non ne ha. È il caso di Vitali Klitschko e del suo partito, Udar, formazione centrista e filo-occidentale con status di osservatore nel Partito popolare europeo. Dal quale, assieme alla fondazione Konrad Adenauer, filiazione della Cdu tedesca, ha ricevuto lezioni di politica e tecnica parlamentare, scriveva a dicembre Der Spiegel. Ci si chiederà come mai Klitschko, che ha cercato di accreditarsi come guida carismatica della protesta, almeno prima che degenerasse, non ha voluto assumere responsabilità di governo. Per qualche analista l’ex pugile, che punta alla presidenza, non intende sporcarsi le mani con i provvedimenti impopolari che il pacchetto d’aiuti europeo, pronto a essere scongelato, dovrebbe imporre. In più starebbe emergendo una contrapposizione sempre più marcata — ed era prevedibile — tra Udar e Batkivschyna (Patria), il partito di Yulia Tymoshenko.
La formazione della pasionaria di Kiev ha fatto incetta di ministeri, probabilmente sulla base di un ragionamento opposto a quello di Klitschko: dimostrare di sapersi caricare il paese sulle spalle. A guidare la compagine ministeriale c’è Arseniy Yatseniuk, luogotenente della Tymoshenko. Nomina scontata. Nelle scorse settimane la evocò anche l’assistente al segretariato di stato americano, Victoria Nuland, nel leak in cui si lasciò sfuggire il «fuck the Eu». Accanto a Yatseniuk ci sono figure di spicco del partito. Pavlo Petrenko è andato alla giustizia, Maksim Burbak alle infrastrutture e Ostap Semerak, consigliere di politica estera del primo ministro, sarà un po’ un gran cerimoniere. Un ruolo chiave è quello di Vitali Yarema, ex capo della polizia di Kiev. È vice primo ministro con delega al law enforcement.
Al blocco della Tymoshenko – lei non avrà cariche, la piazza ha mugugnato – afferisce anche il ministro degli interni Arsen Avakov, un tempo alleato dell’ex presidente Viktor Yushchenko. È di Kharkhiv, la seconda città del paese. La più grande, tra quelle dell’est. Non ha casacche, invece, il ministro degli esteri Andriy Deshchytsia. Ma era stato tra i primi firmatari di un appello di alcuni diplomatici ucraini contro le repressioni di Yanukovich.
Nella coalizione si delinea un ruolo notevole per l’oligarca Ihor Kolomoysky, numero uno di PrivatBank, principale istituto di credito del paese. Del cerchio magico del banchiere, tra l’altro appena nominato governatore di Dnepropetrovsk, farebbero parte il ministro dell’energia Yuriy Prodan (personaggio chiacchierato) e quello delle finanze Oleksandr Shlapak. Non è un caso, si direbbe, che si siano accaparrati due ministeri così cruciali.
Discreta è l’influenza della Myhola University di Kiev, accademia rispettata, con respiro occidentalista. Il ministro dell’economia Pavlo Sheremeta e quello dell’educazione Serhiy Kvit hanno insegnato lì.
Ristretto, un po’ a sopresa, il peso di Petro Poroshenko, oligarca di tendenza europeista. La sua pedina nel governo è Volodymir Grosyan, ex sindaco di Vinnitsa, nell’ovest del paese. È il responsabile degli affari regionali. Una possibile mossa con cui, dato che Poroshenko (pure lui di Vinnitsa) è stato anche ministro con Yanukovich, tranquillizzare la popolazione russofona. Per quanto possibile.
Arriviamo alla destra-destra. A Svoboda. Gli ultranazionalisti, bollati come portatori di un verbo estremista e antisemita, hanno diversi incarichi. Oleksandr Sych è vice primo ministro. In passato fece clamore proponendo il divieto assoluto di aborto, persino in caso di stupro. Svoboda s’è presa pure l’ambiente e l’agricoltura, con Andriy Mokhnyk e Ihor Shvaika, due che hanno capeggiato le proteste contro le licenze sullo shale gas concesse da Yanukovich a compagnie occidentali.
In quota Svoboda c’è anche Ihor Tenyukh, ex capo della marina. A lui la difesa. Mentre Andrei Parubiy, ritenuto tra i fondatori di Svoboda, ma poi accasatosi presso la Tymoshenko e da ultimo coordinatore delle barricata di piazza dell’Indipendenza, presiederà il consiglio nazionale per la sicurezza. Dovrebbe avere come vice Dmytro Yarosh, comandante di Pravyi Sektor, le famigerate bande paramilitari di estrema destra. A quanto pare non ha ancora assunto l’incarico, ma ciò non toglie che si profila un monopolio della destra radicale sulla sicurezza. E la cosa ha allarmato ben più di un osservatore.
Infine, la piazza. Tetyana Chornovol e Yegor Sobolev, giornalisti e attivisti, guideranno rispettivamente l’anticorruzione e la lustrazione. È la cambiale riscossa da Euromaidan per il contributo alla rivoluzione.
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