14.1.15

"Non tagliateci i vitalizi": da sinistra alla Lega, 54 ex del Pirellone ricorrono al Tar

La sforbiciata resa effettiva da novembre non era poi così drammatica: la media era (è) del 10 per cento e fino al 2018, con una variabile in base all’entità dell’assegno percepito dai politici
di MATTEO PUCCIARELLI

Le larghissime intese in carta bollata, pur di rivendicare i propri “diritti acquisiti”. Sono 54 gli ex consiglieri regionali del Pirellone che hanno presentato ricorso al Tar lombardo — sperando di portare il caso in Corte costituzionale — contro la legge regionale che ne ha decurtato l’assegno vitalizio. Si va dall’allora leader del ‘68 e di Democrazia proletaria Mario Capanna al leghista Alessandro Patelli, passato alla storia come un “pirla” (si definì così da solo) per il suo coinvolgimento in Tangentopoli; dall’ex comunista (finito in Forza Italia) Giampietro Borghini all’attuale assessore comunale alla Casa, Daniela Benelli; dal dc Gian Carlo Abelli, gran visir della sanità ciellina, all’ex assessore Antonio Simone, poi finito in carcere per i fondi neri della Maugeri. Tutti eletti che dopo una legislatura (o anche meno) e allo scattare dei sessant'anni di età si sono portati a casa un vitalizio medio da 2mila 600 euro.

«Il ricorso — si legge nella comunicazione dell’ufficio legale alla presidenza del consiglio regionale — è incentrato sulla individuazione di profili di illegittimità costituzionale delle norme di legge regionale su cui è basata la riduzione dei vitalizi. Viene lamentata la violazione del principio di intangibilità dei diritti acquisiti (nel caso di specie: il diritto acquisito dai ricorrenti alla percezione dell’assegno nella misura piena determinata secondo la normativa di riferimento) e parallelamente la violazione del principio del legittimo affidamento e della certezza e stabilità dei rapporti giuridici, che sarebbero determinati dall’effetto sostanzialmente retroattivo della riduzione».

Nel documento ci si appella non solo alla Costituzione, ma anche al diritto europeo. E si citano in giudizio sia la Regione sia il consiglio regionale. Il taglio in questione, reso effettivo dallo scorso novembre, non era poi così drammatico: la media era (è) del 10 per cento e fino al 2018, con una variabile in base all’entità dell’assegno. Il massimo previsto era una sforbiciata del 16 per cento per chi percepisse oltre 4mila 500 euro. Il risparmio per le casse del Pirellone stimato è attorno ai 500mila euro (da un totale di 7,4 a 6,9 milioni l’anno). A oggi i vitalizi elargiti sono 221, più 47 assegni di reversibilità percepiti dai coniugi superstiti, ai quali presto si aggiungeranno 41 posizioni relative a ex consiglieri che stanno per maturare i requisiti per prendere la pensione.

Secondo una stima di poco meno di un anno fa, la Regione Lombardia in questi anni aveva speso oltre 150 milioni di euro in vitalizi: più di quattro volte i contributi effettivamente maturati dai consiglieri. Insomma, il messaggio più che altro simbolico che era stato lanciato dalla Regione con il varo della norma del settembre scorso — e in tempi di tagli lineari a scuola, sanità e di innalzamenti dell’età pensionabile per tutti — ha finito per diventare oggetto di disputa legale. Come peraltro avevano promesso gli stessi ex consiglieri riuniti nell’associazione che li riunisce e diretta da Luigi Corbani, una vita nel Pci-Pds. «Penso che questa iniziativa si commenti da sola — dice Eugenio Casalino, componente dell’Ufficio di presidenza del consiglio in quota M5S — soprattutto alla luce della sofferenza sociale in cui versa il Paese a causa della crisi economica. Oltretutto quel taglio, per quanto ci riguarda, era un passo in avanti ma non abbastanza».

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