Da qualche anno le neuroscienze hanno cominciato a osservare la
politica, o meglio hanno continuato a osservare cervelli considerandone
caratteristiche e attività, e connettendole con gli orientamenti
politici dei proprietari dei cervelli medesimi.
Gli studi sono agli inizi e non è ancora ben chiaro se le strutture cerebrali che mediano gli orientamenti politici ne siano la causa o l’effetto. È anche possibile che questo sia uno dei tanti casi di coevoluzione (il fenomeno A alimenta il fenomeno B, che a sua volta accresce il fenomeno A, e così via).
Comunque, vi invito sia a premettere un ideale “sembra che…” alle affermazioni che leggete in seguito, anche se sono tutte state pubblicate su riviste di ottima reputazione, sia a trarre qualche conclusione provvisoria sì, ma suggestiva.
La paura ci orienta a destra
Già nel 2011, i ricercatori dell’University College London scoprono (qui la sintesi dello studio) che i cervelli delle persone con un orientamento più conservatore sono dotati di una minor quantità di materia grigia nella neocorteccia (la parte cognitiva, più recente, che sa gestire l’incertezza e le informazioni contraddittorie) e hanno amigdale più grandi.
Ora, l’amigdala è un affaretto a forma di mandorla che fa parte della porzione primitiva del cervello, ed è associata con le emozioni, prima fra tutte la paura, con la memoria emozionale e con la reazione fight or flight (attacca o scappa).
Per dirla con Rita Levi Montalcini: il cervello arcaico “non si è praticamente evoluto da tre milioni di anni fa a oggi, e non differisce molto tra l’ homo sapiens e i mammiferi inferiori. Un cervello piccolo, ma che possiede una forza straordinaria. Controlla tutte quelle che sono le emozioni. Ha salvato l’australopiteco quando è sceso dagli alberi, permettendogli di fare fronte alla ferocia dell’ambiente e degli aggressori. L’altro cervello è quello cognitivo, è molto più giovane. È nato con il linguaggio e in 150.000 anni ha vissuto uno sviluppo straordinario, specialmente grazie alla cultura. Si trova nella neo-corteccia. Purtroppo, buona parte del nostro comportamento è ancora guidata dal cervello arcaico”.
Legami sociali più ampi ci orientano a sinistra
L’università del South Carolina, nel 2012, va invece a indagare la correlazione tra orientamento politico e neuroni-specchio, la cui attività coinvolge le relazioni sociali, l’apprendimento, il linguaggio e l’empatia (qui la sintesi della ricerca).
Ne risulta un dato che in parte corrisponde allo stereotipo dei due schieramenti, e in parte lo amplia. Di fatto, progressisti e conservatori elaborano i propri legami sociali in maniere diverse: i primi hanno il senso di una connessione sociale più estesa (dagli amici al mondo nella sua interezza), i secondi quello di una connessione sociale più tight, nel doppio significato di più stretta e più salda, nei confronti della famiglia e della nazione.
Il disgusto ci orienta a destra
Una interessante Ted conference del 2012 approfondisce i legami tra politica e disgusto e racconta come il disgusto sia contagioso e comprenda l’idea di “contaminazione”. Alcuni dei risultati presentati sono sorprendenti. Per esempio: basta riempire una stanza di cattivo odore perché le opinioni dei soggetti sottoposti a test si spostino a destra.
Al livello neurale, il legame tra disgusto e orientamento conservatore è confermato da una recente (ottobre 2014) ricerca del Virginia Tech Carilion research institute, che mostra come l’intensità della reazione cerebrale a immagini semplicemente disgustose (ma prive di qualsiasi attinenza politica), rilevata con la risonanza magnetica funzionale, possa predire con “un’impressionante accuratezza del 98 per cento” gli orientamenti politici delle persone. In altre parole: i cervelli che reagiscono più intensamente al disgusto appartengono a persone orientate a destra (qui un’intervista con Read Montague che ha condotto lo studio. Qui l’intero studio).
I ricercatori non si stancano di sottolineare che il cervello è plastico e che la sua struttura è il risultato dell’interazione costante tra eredità (cioè: il dna trasmesso dai genitori) e ambiente (cioè la somma di apprendimenti ed esperienze sperimentate nell’intero corso della vita). L’istruzione, fra tutti i fattori ambientali resta una potentissima leva di cambiamento degli orientamenti e dei destini individuali.
Tuttavia, se consideriamo la nettezza dei risultati di ricerca ottenuti, possiamo provare a trarre qualche conclusione, provvisoria sì, ma suggestiva.
1) Chi vuole parlare efficacemente alla destra, o chi vuole promuovere idee di destra, deve far leva sul disgusto, suscitandolo, accentuandolo, evocando rischi di contaminazione.
2) Chi fa leva sulla paura o agita lo spettro di un qualsiasi “nemico” (un vecchio ma tuttora efficacissimo trucco della propaganda) sta promuovendo istanze di destra.
Gli studi sono agli inizi e non è ancora ben chiaro se le strutture cerebrali che mediano gli orientamenti politici ne siano la causa o l’effetto. È anche possibile che questo sia uno dei tanti casi di coevoluzione (il fenomeno A alimenta il fenomeno B, che a sua volta accresce il fenomeno A, e così via).
Comunque, vi invito sia a premettere un ideale “sembra che…” alle affermazioni che leggete in seguito, anche se sono tutte state pubblicate su riviste di ottima reputazione, sia a trarre qualche conclusione provvisoria sì, ma suggestiva.
La paura ci orienta a destra
Già nel 2011, i ricercatori dell’University College London scoprono (qui la sintesi dello studio) che i cervelli delle persone con un orientamento più conservatore sono dotati di una minor quantità di materia grigia nella neocorteccia (la parte cognitiva, più recente, che sa gestire l’incertezza e le informazioni contraddittorie) e hanno amigdale più grandi.
Ora, l’amigdala è un affaretto a forma di mandorla che fa parte della porzione primitiva del cervello, ed è associata con le emozioni, prima fra tutte la paura, con la memoria emozionale e con la reazione fight or flight (attacca o scappa).
Per dirla con Rita Levi Montalcini: il cervello arcaico “non si è praticamente evoluto da tre milioni di anni fa a oggi, e non differisce molto tra l’ homo sapiens e i mammiferi inferiori. Un cervello piccolo, ma che possiede una forza straordinaria. Controlla tutte quelle che sono le emozioni. Ha salvato l’australopiteco quando è sceso dagli alberi, permettendogli di fare fronte alla ferocia dell’ambiente e degli aggressori. L’altro cervello è quello cognitivo, è molto più giovane. È nato con il linguaggio e in 150.000 anni ha vissuto uno sviluppo straordinario, specialmente grazie alla cultura. Si trova nella neo-corteccia. Purtroppo, buona parte del nostro comportamento è ancora guidata dal cervello arcaico”.
Legami sociali più ampi ci orientano a sinistra
L’università del South Carolina, nel 2012, va invece a indagare la correlazione tra orientamento politico e neuroni-specchio, la cui attività coinvolge le relazioni sociali, l’apprendimento, il linguaggio e l’empatia (qui la sintesi della ricerca).
Ne risulta un dato che in parte corrisponde allo stereotipo dei due schieramenti, e in parte lo amplia. Di fatto, progressisti e conservatori elaborano i propri legami sociali in maniere diverse: i primi hanno il senso di una connessione sociale più estesa (dagli amici al mondo nella sua interezza), i secondi quello di una connessione sociale più tight, nel doppio significato di più stretta e più salda, nei confronti della famiglia e della nazione.
Il disgusto ci orienta a destra
Una interessante Ted conference del 2012 approfondisce i legami tra politica e disgusto e racconta come il disgusto sia contagioso e comprenda l’idea di “contaminazione”. Alcuni dei risultati presentati sono sorprendenti. Per esempio: basta riempire una stanza di cattivo odore perché le opinioni dei soggetti sottoposti a test si spostino a destra.
Al livello neurale, il legame tra disgusto e orientamento conservatore è confermato da una recente (ottobre 2014) ricerca del Virginia Tech Carilion research institute, che mostra come l’intensità della reazione cerebrale a immagini semplicemente disgustose (ma prive di qualsiasi attinenza politica), rilevata con la risonanza magnetica funzionale, possa predire con “un’impressionante accuratezza del 98 per cento” gli orientamenti politici delle persone. In altre parole: i cervelli che reagiscono più intensamente al disgusto appartengono a persone orientate a destra (qui un’intervista con Read Montague che ha condotto lo studio. Qui l’intero studio).
I ricercatori non si stancano di sottolineare che il cervello è plastico e che la sua struttura è il risultato dell’interazione costante tra eredità (cioè: il dna trasmesso dai genitori) e ambiente (cioè la somma di apprendimenti ed esperienze sperimentate nell’intero corso della vita). L’istruzione, fra tutti i fattori ambientali resta una potentissima leva di cambiamento degli orientamenti e dei destini individuali.
Tuttavia, se consideriamo la nettezza dei risultati di ricerca ottenuti, possiamo provare a trarre qualche conclusione, provvisoria sì, ma suggestiva.
1) Chi vuole parlare efficacemente alla destra, o chi vuole promuovere idee di destra, deve far leva sul disgusto, suscitandolo, accentuandolo, evocando rischi di contaminazione.
2) Chi fa leva sulla paura o agita lo spettro di un qualsiasi “nemico” (un vecchio ma tuttora efficacissimo trucco della propaganda) sta promuovendo istanze di destra.
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