29.3.05

Gli aiuti mai arrivati

di Alberto Negri

Quale titolo di prima pagina scelgono oggi i giornali? La tragedia del giorno, quella più globale, resta lo tsunami, l'ondata che il 26 dicembre spazzando l'Oceano indiano ha ucciso 300mila persone e lasciato milioni di disperati senza tetto. Il maremoto ieri ha sollevato di nuovo l'Oceano ma questa volta, a differenza che nel Natale scorso, l'allarme è precipitato sull'esodo di Pasquetta con un temporale mediatico di notizie.
Eppure, tre mesi dopo la tragedia, l'ondata della compassione mondiale, già affievolita nel giro qualche settimana, si è quasi del tutto spenta. Facciamo il callo a tutto, agli attentati a Baghdad, agli emigranti che affogano nel mare nostrum e quindi anche allo tsunami. Ma non vogliamo, giustamente, farci cogliere di sorpresa dalle disgrazie emeno che mai da un'altra ondata.
Eppure, anche se non ci sarà un'altra vendetta oceanica, i motivi per riparlare dello tsunami non mancano. L'attenzione l'ha riportata in Italia la scorsa settimana l'Alto commissariato dei profughi, agenzia dell'Onu, che a Milano ha organizzato un megaconcerto per ricordare che ben poco è arrivato dei 5 miliardi di dollari di aiuti promessi per la ricostruzione delle zone disastrate. Le ragioni sono molteplici ma una sovrasta le altre, anche se sussurrata a mezza voce dalle organizzazioni umanitarie: l'ostacolo più difficile da sormontare è la burocrazia dei Paesi asiatici che rende complicati gli interventi. Il problema si era avvertito sin dal primo momento della tragedia e non sembra essere superato. I motivi sono anche politici: la guerriglia dei tamil in Sri Lanka e quella in Indonesia rendono ipersensibili e diffidenti le autorità di Colombo e Giakarta agli aiuti internazionali, soprattutto quando arrivano insieme ai contingenti militari.
La seconda notizia è che lo tsunami in Indonesia ha ucciso più donne che uomini, fino all' 80% della popolazione femminile in alcuni villaggi. Perché? Il rapporto dell'inglese Oxfam suggerisce diversi motivi: sono le donne che hanno soccorso in bambini più piccoli rimanendo poi travolte dall'ondata, le donne poi sono quelle meno abili a nuotare e meno veloci a correre. Ma anche quando si sono salvate sono rimaste vittime una seconda volta della tragedia: molestie sessuali, stupri, rapimenti, sono all'ordine del giorno nella vita quotidiana dei campi profughi.
Si è scoperto intanto uno « tsunami dimenticato » , l'ondata che ha colpito la Somalia dove gli aiuti sono arrivati due mesi dopo il 26 dicembre. Un'intera città costiera, Hafun, è stata spazzata via e nella regione del Puntland ci sono 60mila profughi.
La Somalia, la nostra ex colonia del Corno d'Africa, è già un Paese dimenticato, salito alla ribalta negli anni 90 con la guerra civile, milioni di morti e la carestia.
Dopo il fallimentare intervento internazionale concluso ingloriosamente nel ' 94, ci sono stati quattro anni di siccità, terminata nel 2004, poi le inondazioni e infine lo tsunami. Ma ormai per la Somalia non si muove più nessuno perché è precipitata in un'anarchia feroce che ha travolto e ucciso qualche tempo fa anche un'eroina della solidarietà come Annalena Tonelli.
Ma ecco, infine, una buona notizia, per non funestare troppo la festa di Pasquetta. In alcuni Paesi colpiti dallo tsunami come Thailandia e Sri Lanka sono tornati i turisti. Portano quattrini, quindi sono i benvenuti. Non fa niente se la maggior parte dei soldi rimane, come dimostrano le statistiche, nelle tasche degli operatori internazionali. Pesca e turismo costituiscono meno del 5% del Pil dello Sri Lanka.
L'importante comunque è credere che stiamo sempre facendo del bene agli altri: se l'ondata della compassione si spegne, la voglia di andare in vacanza rimane più forte che mai.

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