13.8.07

Significanti intrecci per trovare le vie d'accesso alle narrazioni del sé

A partire dell'opera filosofica di Georges Politzer, un saggio dello studioso italiano Aldo Pardi ripropone la «psicologia concreta» come progetto di ricerca per una teoria del soggetto. «Il sintomo e la rivoluzione» per manifestolibri
Fabio Raimondi

Nell'introduzione al libro di Aldo Pardi Il sintomo e la rivoluzione. Georges Politzer crocevia tra due epoche (manifestolibri, pp. 206, euro 22), Etienne Balibar afferma che questo «volume colma un vuoto sorprendente» anche all'interno della cultura francese, data la rilevanza del fautore della «psicologia concreta» (il cui manifesto è la Critique des fondaments de la psychologie del 1928) sia in ambito marxista (si pensi all'aspro scontro, alla fine degli anni Sessanta, tra Lucien Sève e Althusser attorno alla teoria della personalità o ai debiti di Sartre nei suoi confronti) che in quello psicoanalitico (Lacan) e fenomenologico, dove il confronto con Husserl e col concetto di intenzionalità diventa l'occasione e il luogo «per una lettura della psicoanalisi freudiana spostata sul versante delle categorie di senso e di vissuto, anziché sugli aspetti genetici e metapsicologici», a privilegiare «la vita e il lavoro, piuttosto che il linguaggio».
È proprio a ridosso del confronto tra psicologia e fenomenologia che il libro di Pardi affonda con efficacia la sua analisi, evidenziando l'importanza della nozione di «dramma», che per Politzer è «l'unico oggetto della psicologia» e pone «la persona nella sua vivente totalità» al «centro della ricerca». Si tratta di indagare la «storicità del soggetto», che si dà nelle «regolarità empiriche», alla base dell'interazione tra individuo e ambiente e che definiscono le traiettorie possibili di entrambi.
Patologia come racconto
Il metodo usato da Politzer, la «comprensione», non ha nulla ha che fare con «l'analisi introspettiva», perché consiste in un «percorso di riflessione del soggetto stesso sul suo vissuto, incarnato in un racconto, in una narrazione di sé, e dal riscontro dell'osservazione del comportamento esteriore, il gesto, che fa riferimento alla materialità del soggetto», al fine di «catturare le sequenze regolari che fanno di una vita questa vita e non un'altra». Si tratta di estendere la ricerca alla totalità del soggetto umano, che è «un continuo mediare le tensioni che su di esso vertono, amalgamarle e farne un insieme ordinato, che tenga fronte al mondo». La patologia, da questo punto di vista «via di accesso» privilegiata della psicoanalisi al suo «oggetto», cioè l'essere umano singolo definito dalla sua esperienza, «non è una costruzione immaginifica, ma la mediazione che il soggetto ha attuato per affrontare un delicato compito che gli era stato proposto e non necessariamente dall'esterno».
Contro la «psicologia classica» e la «metapsicologia», che hanno a modello le scienze naturali e il loro approccio quantitativo attraverso la misurazione di entità stabili nel tempo, Politzer cerca un modo per conoscere «l'essere proprio dello psichico». La psicoanalisi diventa così «scienza della vita», perché ha un proprio «contesto oggettivo, con proprie caratteristiche e proprie leggi: la soggettività attiva», irriducibile alla «componente fisiologica», per la presenza del «vissuto». Questa soggettività ha delle costanti (come mostra la pratica analitica), la più importante delle quali è la storicità, ragione per cui lo psicoanalista è lo «storiografo dei soggetti analizzati» e ogni analisi è «un fatto originale e irriducibile», anche se ciò non toglie che, essendo i «protagonisti dell'analisi individui, che vivono in una stessa organizzazione sociale, costituita da eventi che ciascuno può sperimentare, le analisi presentino analogie che permettono di produrre tesi generali e anche previsioni». La psicoanalisi diventa così «romanzo portato a livello della scienza».
Linee di condotta
La «psicologia concreta» si fonda dunque su due categorie principali: «dramma e significato», nel senso che «l'azione significante individuale è il dominio proprio della psicologia, perché ciò che fa di un atto un atto umano è l'intenzione significativa che lo muove». L'azione significante non è dunque esterna alla psicologia (realismo) né interna (apriorismo), ma sempre «già-fuori», perché immersa nello «spazio e nel tempo vissuti». Non si tratta, come nelle scienze della natura, di tentare una «ricostruzione concettuale arbitraria dello schema fenomenico di un oggetto», ma di provare a comprendere, attraverso il racconto e il gesto, «la condotta drammatica del soggetto in prima persona».
Il «racconto è la percezione che il soggetto ha di se stesso e delle sue azioni, è il render-conto di sé che il soggetto dà» e, dato che «la successione dei significati del racconto è omogenea a quella dei significati vissuti, il linguaggio non è che l'atto del farsi trasparente del soggetto a se stesso»; il «gesto», invece, è «l'esteriorità dell'atto vissuto» che rispecchia, in tutto o in parte, l'intenzionalità del soggetto agente. È solo l'intreccio tra interno (racconto) e esterno (gesto) che può indicare la via per la comprensione della totalità vivente e vissuta del soggetto.
Infatti, è l'interrelazione tra «narrazione e verifica empirica» che può rendere ragione del significato umano che un soggetto attribuisce alle proprie azioni e a quelle altrui, mentre il gesto «diventa fatto psicologico solo dopo esser stato chiarito dal racconto».
In questo modo la rigida dicotomia tra soggetto e oggetto viene fluidificata in un feedback continuo, a cui Politzer dà nome di dramma, dove «l'oggetto è colui che compie l'atto di oggettivazione su se stesso per effettuare l'atto conoscitivo e fornirlo allo psicologo», diventando così soggetto.
Il dramma rivelato
L'elemento propriamente drammatico, «il significato», non è allora «né interiore né esteriore, ma al di là o piuttosto al di fuori di queste possibilità» senza per questo essere irreale.
I problemi non mancano, e Pardi ne sottolinea molti. Ma se è vero che «la psicologia concreta è più che altro un abbozzo di teoria di un giovane studioso ricco di temperamento, che ha colto delle verità, ma che non le ha seguite fino in fondo», è altresì vero che a volte valgono di più incursioni coraggiose e lungimiranti, che inutili risciacquature accademiche.

il manifesto
del 07 Agosto 2007

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