3.11.07

Andirivieni di Hilary Putnam

I contributi del grande epistemologo americano alle concezioni della mente, in due prossimi incontri: sabato 3 novembre al Festival della scienza di Genova e martedì 6 all'Università Roma Tre, dove si svolgerà un convegno titolato «Il futuro della filosofia»
Francesco Ferretti

Ecco un problema semplice, almeno in apparenza. Prendete una tavola con due fori, uno quadrato col lato di due centimetri, e uno circolare col diametro di due centimetri. Ora prendete un piolo a base quadrata col lato di poco inferiore a due centimetri e provate a inserirlo nei fori. Entrerà in quello quadrato, ma non nel foro circolare. Perché? A sollevare il quesito è Hilary Putnam, filosofo di Harvard, senza dubbio il più grande epistemologo vivente, nei prossimi giorni in Italia per partecipare a due incontri: il Festival della scienza di Genova in cui terrà una lectio magistralis sabato 3 novembre (ore 18.00, Palazzo Ducale, Sala del Maggior Consiglio) e il convegno internazionale organizzato il 6 novembre dall'Università Roma Tre con il titolo «Il futuro della filosofia» (ore 9.30, Rettorato dell'Università Roma Tre, Via Ostiense 159).
Il quesito posto da Putnam apre una questione decisiva rispetto al tema dei rapporti tra filosofia e scienza: la questione del riduzionismo - l'idea secondo cui le leggi delle scienze di «livello superiore» devono essere ridotte alle leggi delle scienze di «livello inferiore». Per un riduzionista i fatti sociali, ad esempio, devono essere analizzati in riferimento alla psicologia degli individui, quelli psichici in riferimento alla neuroscienza o alla biologia. La tesi di Putnam è che il riduzionismo non è adeguato sul piano esplicativo: per dar conto del perché il piolo entri soltanto nel foro quadrato, non è alla struttura atomica dei due oggetti che dobbiamo riferirci. Che il piolo e la tavola consistano di atomi organizzati in un certo modo fornisce senz'altro delle spiegazioni di alcuni fenomeni, ma non dà le informazioni richieste per rispondere alla domanda. Per risolvere il quesito, in effetti, l'informazione pertinente è quella che fa riferimento a proprietà (di macrolivello) quali la rigidità degli oggetti o la loro configurazione geometrica.
Passando a casi più concreti, l'idea di Putnam è che quando si affrontano questioni del tipo «le leggi della società capitalistica» o il concetto di «persona» l'analisi riduzionista conduce a esiti del tutto insoddisfacenti. Non è possibile descrivere le leggi del capitalismo deducendole dalle leggi della fisica o dallo studio del funzionamento del cervello umano. Ovviamente, gli esseri umani sono sistemi fisici: come tali, alcuni fenomeni che li riguardano possono essere descritti utilizzando le leggi della fisica. Da ciò, tuttavia, non deriva che tutti i fenomeni che li riguardano possano essere descritti in questo modo: le leggi del capitalismo si situano a un livello di descrizione che è autonomo da quello fornito dalla fisica, dalle neuroscienze o dalla biologia. Quando si trascura la possibilità di incontrare descrizioni della realtà che coinvolgono diversi livelli di analisi si incorre in quello che può essere considerato l'errore comune a tutte le forme di riduzionismo: trascurare i livelli alti di spiegazione, comportandosi di fatto come se questi non esistessero.
Ora, poiché lo stesso Putnam è stato in passato un fervente riduzionista, è ovvio che questa revisione di prospettiva (una delle tante che caratterizzano il suo percorso di ricerca) ha implicazioni anche in altri aspetti del suo sistema teorico: quella principale riguarda il ripudio del funzionalismo nella filosofia della mente.
Il funzionalismo - di cui Putnam è stato tra i padri fondatori - è l'idea secondo cui gli stati mentali si caratterizzano per il loro ruolo funzionale: ovvero, per il tipo di relazioni che intrattengono con gli input ambientali, gli output comportamentali e i legami causali che connettono gli stati mentali tra loro. Dal fatto che gli stati mentali siano concepiti in questo modo dipende un'altra importante caratteristica del funzionalismo: l'idea secondo cui la mente è in larga parte indipendente dal sostrato fisico che la realizza.
La possibilità di ipotizzare menti artificiali si regge, ovviamente, su questa importante caratteristica del funzionalismo: se la mente dipendesse in modo esclusivo dalla «materia cerebrale», infatti, verrebbe meno ogni pretesa di costruire sistemi artificiali pensanti.
Per quanto, negli anni '60 del '900, Putnam sia diventato famoso sostenendo che la macchina di Turing era un buon modello per spiegare ciò che avviene nella mente, oggi egli considera questa ipotesi viziata da un forte riduzionismo. Dal suo punto di vista attuale, infatti, deve essere totalmente rivista la convinzione per cui ciò che di più rilevante riguarda la mente avviene all'interno della testa degli individui. La critica a questa concezione «internista» è stata sferrata da Putnam tramite il cosidetto esperimento mentale «della Terra Gemella»: oltre alla Terra in cui viviamo, esisterebbe nell'universo una Terra Gemella. Le due terre - sostiene l'esperimento - sono identiche sino alla struttura atomica degli individui e degli oggetti che la popolano; allo stesso modo sono identici anche gli eventi che vi accadono: in questo momento, ad esempio, mentre voi state leggendo questo articolo, anche il vostro gemello su Terra Gemella, sta leggendo lo stesso articolo, il che implica stati mentali e cerebrali identici ai vostri. Solo una proprietà rende diverse la Terra e la Terra Gemella: la struttura chimica dell'acqua. Pur avendo la stessa apparenza, lo stesso sapore e la stessa funzione del liquido con cui noi tutti ci dissetiamo, la struttura chimica dell'acqua gemella è XYZ, non H2O.
Questa piccola diversità ha una portata decisiva nello studio della natura del contenuto mentale e del significato. Quando i due gemelli proferiscono un enunciato del tipo: «c'è dell'acqua nel bicchiere di fronte a me» quello che accade è che pur trovandosi (per definizione) nello stesso stato cerebrale e nello stesso stato mentale, si riferiscono a due entità diverse: ciò che avviene all'interno della scatola cranica non è dunque sufficiente a determinare il riferimento delle espressioni linguistiche - il significato, in altri termini, non sta nella testa dei parlanti. È una critica che ha avuto profonde ripercussioni nella filosofia della mente più vicina alla scienza cognitiva. Jerry Fodor, ad esempio, ha cercato di far fronte alle critiche di Putnam distinguendo il contenuto nella testa degli individui (narrow content) da quello che tiene conto delle relazioni causali col mondo esterno (broad content). Andy Clark, per citare solo un altro caso, ha sostenuto che la mente si deve intendere come estesa fuori della scatola cranica a inglobare l'ambiente esterno, considerato come una «impalcatura» su cui il cervello fa leva per rendere più efficaci i suoi processi di elaborazione.
Entrambe le argomentazioni, insieme a altre analoghe, invitano dunque a considerare il ruolo del mondo esterno - quello sociale e quello fisico - nella vita mentale degli individui, e la scienza cognitiva deve tenerne conto se vuole definire correttamente alcuni degli assunti centrali che la caratterizzano, con il risultato di approdare a un nuovo proficuo ripensamento dei rapporti tra filosofia e scienza.
ilmanifesto.it 02 novembre 2007

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