9.2.09

Giù le mani da quel corpo

Natalia Aspesi - La Repubblica

Attorno a un corpo assente, in cui il tempo e il sangue scorrono insensibili come sabbia in una clessidra, isolato nel silenzio e nell´estraneità alla vita, continua ad agitarsi dissennata una parte del Paese.

Quella parte di Paese che ha perso la testa umiliando oltre a se stesso anche la sacralità di un lunghissimo calvario, la sofferenza eroica di una famiglia, il vuoto muto di un´inesistenza. Nell´assoluto disprezzo di quel corpo, che avrebbe diritto di finire nella quiete e nell´amore il prolungamento di un interminabile doloroso viaggio già concluso 17 anni fa, prosegue un fracasso di pareri, un esibizionismo di cortei, un vergognoso andirivieni di ispettori, di incaricati, di ficcanaso governativi, e adesso di bollettini che raccontano le raccapriccianti fasi che dovrebbero accompagnarlo dove il tormento finirà.

Non si tratta più di Eluana, che del resto manca al mondo da un tempo infinito, se se ne contano i giorni; né si tratta più del diritto alla vita o a una fine dignitosa, della morale religiosa o dell´etica laica, di Dio o dello Stato. Ma di un drammatico conflitto istituzionale, e si può già immaginare che chi lo ha provocato, continuerà a servirsi politicamente di quel corpo, sia che trovi finalmente, cristianamente pace o che sia costretto dalla più torva crudeltà degli interessi di potere a ripiombare nella prigione disumana delle funzioni fisiche artificiali.

Il signor Englaro, nella cadenza quotidiana di troppi anni, ha visto, giorno dopo giorno, il giovane corpo della sua bellissima, ridente figlia, trasformarsi, perdersi, rinchiudersi, sbiadire, diventare altro, neppure l´ombra di quello che era, una forma immobile e perduta, svincolata da ciò che la circonda, che la grandezza di un padre ha potuto continuare ad accudire teneramente, dolcemente, per inestinguibile amore. In quel corpo che ha sostituito Eluana, lui solo può riconoscere sua figlia, e continuare ad amarla: è per questo che con eroico orgoglio l´ha difeso da ogni squallido tentativo, e ce ne sono stati, di rubarne le immagini drammatiche. Per tutti, per chi crede al diritto di interrompere l´inesistenza e per chi invece questo diritto vuole negarlo, Eluana è sempre quella selva di capelli neri, quel sorriso splendente, quello sguardo felice, quella ragazza che invece ha finito di vivere tanti anni fa.

Adesso il signor Englaro invita sia il premier che il capo dello Stato a visitare ciò che resta di sua figlia. Si fa, lo fanno sempre i nostri rappresentanti quando accadono disastri e "si recano", come dicono i telegiornali, al capezzale dei feriti, a consolare i parenti delle vittime. Essi non possono esimersi, soprattutto il premier che tanto tiene che quel corpo continui il suo percorso artificiale, ha il dovere, al più presto, di portare in quella stanza in penombra il conforto della sua presenza, e di restarci da solo, per un lungo tempo, a riflettere, pensando alla vita, immaginandosi padre di quella creatura, dimenticandosi per un momento della sua smania di potere.
Sarebbe vile rifiutarlo, sarebbe come rendere vane tutte le parole, e non solo le sue, in difesa non della vita in generale, ma solo di questa vita spenta, diventata ostaggio politico. Certo se il premier farà il suo dovere, in quella stanza della clinica di Udine non pensi di trovare quella deliziosa attrice che nel film di Almodovar "Parla con lei", è una ragazza in coma da quattro anni, così bella da far innamorare l´infermiere che cura anche troppo intimamente il suo corpo insensibile. Pensava a quella storia il premier quando ha pronunciato quella tragica frase, «Eluana potrebbe avere dei figli»? Nel film di Almodovar la ragazza in stato vegetativo, che non sa, non sente, non può reagire, non esiste, resta incinta, vittima ovviamente di uno stupro necrofilo. Pensandoci, oggi vengono i brividi, e non c´è altro da dire.

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