Ho inteso, dalla sua stessa voce, il Presidente del Consiglio associare ipoteticamente stupro a «bella ragazza», e faccio questa nota per inquadrare con meno imprecisione il fenomeno in questione, psicologicamente e criminologicamente tra i più complessi e inafferrabili.
Quando leggiamo, nella storia delle origini di Roma, del ratto delle Sabine, sarà bene toglierci la benda del pulito ricordo scolastico e degli svolazzi neoclassici. Fu un fattaccio turpe. Bande di bruti raccogliticci, chiamati da un Caino del Latium, sfuggiti ai castighi o scacciati dalle più antiche e civili città meridionali, tutti maschi esasperati dal bisogno di femmina (tentigine rupti), decidono di compiere spedizioni notturne nelle campagne abitate dai Sabini, a Sud delle loro tane da lupe (dove cuocevano all’aperto, per sé soli, polente di farro e pezzi di pecora), e seminano il terrore nei villaggi, stuprando bestialmente, prima che i loro uomini si radunassero, povere donne mal nutrite e mal lavate, una parte delle quali, per la vergogna e per sottomissione alla forza, li seguirono. Ne venne fuori un popolo che aveva nel sangue la violenza e la guerra, e la madre dei Gracchi, e il divino Cesare...
La storia dello stupro è infinita, e solo modernamente è entrato nelle legislazioni, che lo puniscono recalcitrando, quando non sia seguito da assassinio. In Italia è «reato contro la persona» solo da pochissimo tempo. Ma in nessun caso la bellezza della vittima ne è il movente, vorrebbe dire che lo stupratore, solitario o in branco, ci vede e fa una scelta. Lo stupratore è accecato dal sesso, non dal volto, di cui gli interessa esclusivamente quanto esprima terrore, ribrezzo, impotenza, sgomento, umiliazione. Fortissima sempre in questi inconsci di guazzabuglio è la volontà di umiliare, di insozzare un santuario, di sfogare odio etnico, di far nascere figli di quest’odio (molto chiaro nelle guerre balcaniche di fine XX). La donna del nemico militare è sempre, nonostante i divieti (ma spesso con comandi complici) da umiliare sessualmente. Nelle giungle urbane d’oggi la legge primitiva della giungla coabita con le nostre regole etiche e politiche frantumate, e di notte negli spazi incustoditi, periferici, ferroviari, sotterranei, strappa un infame diritto di sopravvento. Là, qualsiasi donna diventa, per ogni anonimo passante, foemina simplex, una bambola fessurata, la connotazione individuale scompare nell’indistinzione della tenebra.
E una gran parte ha, posso dire sempre più avrà, la componente sadistica. L’aroma che più risveglia l’istinto di violenza è la debolezza, l’inermità, l’avere a tiro, da sbattere sull’asfalto o in un cesso, una creatura del tutto digiuna di karatè, anoressica, bruttina, con braccia esili, perduta. E tutto questo è al cento per cento sadismo - da manuale o, alla lettera, da Malheurs de la Vertu. Una ventina di anni fa seguivo a Parigi un corso della scuola teatrale di Grotowsky, che si teneva in un posto orripilante sul Quai de la Gare, al Tredicesimo, immenso ex deposito dei macelli del grande Ventre. Al piano di sotto della nostra sala, tutta ben rifatta, c’era una batteria di decenza con decine di porte che stridevano sinistre e il vento sbatacchiava. Per scendere là sotto negli intervalli, tutte le ragazze chiedevano di essere accompagnate da qualcuno degli stagisti maschi. Non c’era ombra di maniaco sadico dietro quelle porte, ma il timore ancestrale dell’uomo in agguato in un luogo propizio, lugubre come un Dachau, spingeva le donne (non mi pare ce ne fosse qualcuna di distinta bellezza) a farsi proteggere da un altro uomo, fosse pure di muscolatura schiappona e di natura da straccio bianco. Era bello e ci inorgogliva quel ruolo... La virilità è forza in sé, anche se non ci sono forze. Ancestrale anche quel ruolo di custodes. Contro l’uomo che offende, che non vede il volto ma è eccitato dal corpo indifeso, l’uomo che difende: due sicuri archetipi, due forme simboliche del pensiero - preistoria nel cuore sfinito della civiltà.
I marocchini hanno una risoluta fama di stupratori (pericolosissimi in guerra, nel ricordo storico le truppe coloniali al seguito di Franco, i marocchini della campagna d’Italia dei francesi di De Gaulle-Leclerc), ma nelle cronache recenti e nelle statistiche sono stati abbondantemente superati dai romeni, spesso in branco, talvolta omicidi. Il loro numero è misurabile dalla quantità esorbitante di presenze fuori controllo, dall’oziosità abbrutente, tra bevute di birra senza cibo negli ondeggiamenti senza confini delle grandi periferie. Va ricordato che si tratta di figli dei ventri forzati a partorire da Ceausescu sotto stretta sorveglianza antiabortista della Securitate, cresciuti in condizioni prossime al randagismo canino. Il dono all’Italia di questi campioni di umanità degradata è stato fatto dai frenetici allargamenti a Est dell’Unione e dalla follia di Schengen.
lastampa.it
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