di Gianni Mattioli, Massimo Scalia
Ma Veronesi sottoporrebbe una chirurgia oncologica a una valutazione di Rubbia? E la Hack, che più passa il tempo più la troviamo sulle barricate che noi, imborghesiti, abbiamo abbandonato, non si interroga sul carattere intrinsecamente paleocapitalistico dell'industria nucleare? Eccoli lì invece, arzilli e indomabili, a perorare la causa del progresso, di quel fuoco rubato da Prometeo e che politici incompetenti e ambientalisti incoerenti vorrebbero sostituire con la candela, che poi anche lei produce CO2. L'appello rivolto al segretario del Pd, perché il partito ripensi a quel No al nucleare, compendia tutte le figure dell'eterna commedia all'italiana. Innanzi tutto gli esperti in quanto illustri, come ci insegnò il professor Bernardini. Magari bravi nel loro settore di competenza,ma per i quali fissione, fusione - mi raccomando «calda», quella fredda è notoriamente roba esoterica - configurano un orizzonte generico, ma saldamente presidiato dall'ideologia, di sfide da cogliere e di ricerca da fare. Sempre e in ogni caso. Poi c'è il corteo dei giornalisti, degli intellettuali, per definizione «umanisti», esponenti di punta del brivido d'orrore per le quattro operazioni: «Ma quella è matematica!» Ed eccoli tutti lì a chiedere un confronto su dati, scienza e non approssimazione, ragionamenti di merito e non ideologia. Poverini, non si sono accorti di aver aperto quella campagna di «informazione», per di più gratuitamente, che il nostro premier aveva promesso a margine della visita di Putin il mese scorso, impegnandosi a «convincere» gli italiani sulla bontà della scelta nucleare. È noto che per Berlusconi convincere è sinonimo di informare, spiace che lo diventi di fatto anche per persone che non avevano ancora varcato questa soglia. E diventa fondato il sospetto che parecchi di loro abbiano ingenuamente aderito ad un'iniziativa di chiara marca lobbistica - Enel, Ansaldo, Edison, vogliamo azzardare? - tesa a creare fratture nel maggior partito d'opposizione. Perché ci si rende conto che, anche se le nuove norme lo prevedono, non sarà facile imporre il nucleare manu militari. E ai governatori del centro destra già dediti al nimby bisogna pure far vedere che invece c'è gente ragionevole anche dall'altra parte. A proposito di informare, è da quando Scajola - ops, chi era costui? - squillò proprio due anni or sono la diana del nucleare che la grande stampa, indistintamente, ha dato ampio spazio al «rilancio», senza neppur andare a vedere i dati che parlano, al contrario, di una strategia industriale in declino. E, all'insegna del realismo di Vespasiano, si è anche prodotta in vere e proprie «marchette». I grandi canali televisivi si sa, poi, come ammonisce il premier, sono covi di comunisti, non alla Hack beninteso, pronti a difendere il sovversivismo antinucleare. L'appello, insomma, ricorda un po' i poveri untorelli, e vien da dire: che volete di più, il pensiero unico di governo, Enel, Edf e Areva? Ma volesse Prometeo che ci fosse un po' di informazione non di regime nelle grandi sedi che si rivolgono all'opinione pubblica! L'appello è una riprova scoraggiante dell'essere sempre più l'Italia una provincia della cultura europea. Mentre grandi paesi nostri competitori guardano al futuro e si sono lanciati sull'obiettivo dei tre «venti per cento» della Ue, diventato punto di riferimento comune del dibattito mondiale sulle azioni per far fronte ai cambiamenti climatici, qui da noi si guarda al passato. C'è di buono stavolta che, all'appello, Bersani ha risposto picche con robuste motivazioni di merito quali «la sicurezza» e, come ha dichiarato, «davvero non per ideologia».
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