di Giorgio Boatti
Pavia e la sua provincia sempre ai primi posti. Anzi, rispetto ai dati dello scorso anno, abbiamo scalato ulteriori posizioni, abbiamo raggiunto risultati da vertigine che polverizzano tutte le altre città concorrenti e ci piazzano ben tre volte sopra la media nazionale. Peccato che di questi risultati non possiamo proprio essere orgogliosi. Anzi, in un mondo che non fosse con le gambe all’aria, su questi “record” che abbiamo macinato nel corso del 2010 si dovrebbe porre un’attenzione e forse un allarme che non si scorgono affatto.
Di quali record stiamo parlando? Di quelli che abbiamo raggiunto in una specialissima industria nazionale che, quanto a fatturato, macina una sessantina di miliardi di euro: vale a dire quanto l’Enel, dieci miliardi più della Fiat, sei volte le Poste. Stiamo parlando dell’industria del gioco nella quale la provincia di Pavia, lo si era scritto qui lo scorso anno, si era già imposta come capitale italiana, con un investimento pro-capite di 1324 euro, riversato complessivamente su Enalotto, Gratta e Vinci, Bingo, slot-machine. Quei dati erano relativi al 2008. Due anni dopo, nel 2010, solo per le slot-machines, in provincia di Pavia siamo arrivati a spendere 1845 euro pro-capite.
Certo – mentre tante altre industrie e attività economiche conoscevano non poche difficoltà – l’industria del gioco ha macinato ulteriori risultati espandendosi, in un anno, di quasi il 12 per cento.
In valori assoluti il mercato italiano dei giochi, terzo a livello mondiale, è passato dai 54,4 miliardi ai 60,8 miliardi. Trasferendo nelle casse dello Stato quasi 10 miliardi tra entrate ordinarie e somme incassate dai concessionari, “una tantum”, per le nuove linee di gioco. Un modo apparentemente comodo, e indolore, per lo Stato di fare cassa evitando di tassare settori che potrebbero reagire male. Peccato che questa modalità si riveli sempre più complice della gravissima patologia sociale che attraverso l’industria del gioco sta avvelenando il Paese.
Per adesso si vedono solo i risultati da record macinati da un’industria, quella del gioco, che nonostante si sia messa in giacca e cravatta, occupi decine di migliaia di addetti, si innervi ormai in ogni ambito, gestisca qualcosa come 40 miliardi di euro distribuiti in vincite, non può evitare di correre a filo di frontiere quanto mai insidiose.
Però di tutto questo per ora non si parla. Si tace. Anzi, si celebra l’espandersi di questa “industria”. Si elencano i successi del 2010: con l’espansione del Bingo (+26.46%), con il boom del poker online (+33.94) e con l’impennata delle cosiddette Newslot, vale a dire gli apparecchi disseminati in ogni esercizio pubblico, dai bar alle tabaccherie. Le macchinette nel 2010 hanno macinato un fatturato di oltre 30 miliardi di euro, nonostante cominciassero ad essere insidiate dalla temibile concorrenza delle VideoLottery, le nuove venute che, pur operando da pochi mesi, si sono assestate appena sotto al miliardo di fatturato.
Metà dei soldi che girano nell’industria del gioco vengono dalle macchinette disseminate nei locali. Vale a dire dalla tipologia di gioco che gli esperti giudicano tra le più rischiose poiché determinano disastrose forme di dipendenza, capaci nel giro di poco tempo di frantumare equilibri personali e famigliari.
Come si è detto Pavia è la provincia italiana che si colloca al primo posto nella spesa in slot-machine con la cifra pro-capite di 1845 euro.
In altri termini, nel corso del 2010, la provincia di Pavia ha preso la bella somma di 931 milioni e 439.620 euro e l’ha giocata alle slot-machine. La spesa procapite di 1845 euro, con cui la provincia di Pavia si impone come la Las Vegas della penisola, è tre volte maggiore della media pro-capite nazionale. E’ di 700 euro superiore alla seconda classificata, vale a dire Como. E’ di 905 euro più alta di quanto spende Rimini, città che si colloca al terzo posto.
Anche sul “gratta e vinci” Pavia, con un giocato pro-capite di 201 euro, è nella pattuglia dei primi venti classificati che ha Brindisi come battistrada con 357 euro. In pratica, “grattando”… e sperando di vincere, gli abitanti di Pavese, Lomellina e Oltrepo hanno tirato fuori di tasca oltre 101 milioni di euro. Vale a dire quanto costerebbe costruire ex-novo, e in una versione super-avveniristica, il ponte della Becca.
Sempre Pavia ha speso, nel 2010, oltre 17 milioni in Bingo, 28 milioni in Superenalotto, 12 milioni in altre scommesse.
Però quel record di 1845 euro pro-capite giocati in slot-machine, distaccando di gran lunga tutte le altre località italiane, rappresenta un allarme ulteriore rispetto a quanto era stato evidenziato dodici mesi fa.
E’ il segno che qualcosa di rilevante, da capire e analizzare assieme, sta accadendo in questa provincia: forse non sposta solo equilibri dentro le famiglie coinvolte in numero sempre maggiore nelle ludodipendenze ma, anche, nella sicurezza e negli orizzonti dell’intera comunità.
I dati dello scorso anno erano stati accolti dalle istituzioni, dai pubblici amministratori, dalle forze politiche con sovrana indifferenza. Riusciranno a far finta di niente anche questa volta?
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