16.4.12

Il co-fondatore di Google confida le sue preoccupazioni per la crescente censura e balcanizzazione del Web

FEDERICO GUERRINI

Per la seconda volta in breve tempo, una grande personalità del Web lancia l'allarme sul futuro della Rete. Forse è davvero ora di iniziare a preoccuparsi. Lo scorso anno era toccato a Tim Berners-Lee, uno dei padri di Internet, schierarsi a difesa di una Rete aperta, dove le informazioni potessero viaggiare liberamente, e di stigmatizzare la progressiva creazione di “walled gardens”, isole non comunicanti fra loro, ognuna con le proprie regole. Lo scienziato faceva riferimento in particolare agli ecosistemi chiusi creati da società come Apple e Facebook.

Questa volta sull'argomento è tornato uno dei co-fondatori di Google, il 38 enne Sergey Brin (nella foto a destra, con Larry Page) che, prima di ritirarsi a studiare la chitarra blues (in una recente intervista ha affermato di voler uscire di scena fra un anno, per inseguire la sua passione), ha confidato al Guardian i suoi timori. “Sono più spaventato di quanto lo sia mai stato in passato – ha affermato – in tutto il mondo e da ogni parte ci sono forze molto potenti che si sono schierate contro la libertà della Rete. È terrificante”.

La critica di Brin non si è concentrata solo sui walled gardens, forse anche per evitare il sospetto di un potenizale conflitto di interessi, visto il possibile interesse di Google a denigrare dei concorrenti, ma si è allargata all'azione censoria di molti governi, e dei grandi gruppi di interesse che combattono la pirateria. La Cina è forse un po' il simbolo della disillusione attuale, il disincanto che ha preso il posto di quello che studiosi come Evgeny Morozov hanno definito “cyber utopismo”: l'idea, in auge fino a qualche tempo fa, che il Web per sua stessa natura non potesse essere imbrigliato e imbavagliato in alcun modo. In realtà, non solo, come ha ammesso Brin, la censura cinese si è rivelata molto più efficace di quanto non si potesse pensare – l'ultimo segno ne è il giro di vite effettuato lo scorso mese sugli utenti dei siti di microblogging, che vengono ora costretti a fornire le proprie generalità per collegarsi ai cloni pechinesi di Twitter- ma h a fatto per così dire “scuola”.

L'Iran, oltre ad avere un proprio sistema di cyber sorveglianza molto sofisticato ambisce ora, a quanto pare, a creare una propria Rete nazionale, una gigantesca Intranet su cui possano transitare solo contenuti approvati dal regime. Il progetto esiste da un po' e la sua realizzazione effettiva è stata annunciata e smentita più volte, ma non è purtroppo solo una fantasia dei media occidentali. In Russia, dopo che il Web è stato il megafono delle proteste anti-Putin, secondo quanto riportato dall'agenzia di Stato Ria Novosti, il ministro dell'Interno vorrebbe creare un centro contro l'estremismo nei mass-media, comprese le testate online e i siti come YouTube.

Nei paesi occidentali, i progetti anti-pirateria come i controversi decreti Sopa e Pipa negli Usa, la legge Hadopi in Francia e varie proposte di legge italiane, nel tentativo di minimizzare le perdite per le major dell'audiovisivo, secondo i loro oppositori, minacciano indirettamente la libertà di espressione su Internet. Un piano del governo britannico contro il crimine, cibernetico e non, consentirebbe alle autorità di monitorare ogni email, ogni sito visitato, ogni messaggio di testo e ogni chiamata telefonica

E, anche altrove, le richieste dei governi di avere accesso ai dati degli utenti, ai loro tweet o ai post su Facebook per indagini di vario tipo, si fanno sempre più frequenti e pressanti.

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