1.6.12

Il Codice Grillo

Massimo Gramellini (La Stampa)

Quando saremo al potere, spiega Grillo in un’intervista a «Sette», i politici verranno giudicati da un tribunale di cittadini incensurati estratti a sorte, che li condannerà ai lavori socialmente utili e alla restituzione del malloppo. Vedo già formarsi una ola da Bolzano a Trapani. Sorprende la moderazione del gabibbo barbuto: se avesse proposto di mozzare le mani ai ladri e la lingua agli ospiti dei talk show sarebbe stato portato in trionfo da tutti i sondaggi che chiedono agli italiani se preferiscono l’aumento della benzina o quello dello stipendio. Le persone hanno fame di capri espiatori per calmare l’ansia. Fin troppo facile blandirle con il populismo. Perciò merita rispetto la presa di distanza di Enrico Strabotti Bon, militante del movimento 5 Stelle sezione adulti: «La crisi ha ragioni più complesse. Magari potessimo ridurla a una vicenda di guardie e ladri. Ciò detto, chi ha commesso dei reati non la passerà liscia. Ma guai se a giudicarlo fossero i tribunali del popolo. Erano già poco democratici nella democratica Atene, dominati dall’emotività e dall’odio che si porta dietro altro odio. Giacobini, nazisti, stalinisti, talebani: non c’è epuratore che non li abbia usati per epurare, salvo esserne epurato a sua volta. Prima o poi, Beppe, quel tribunale giudicherebbe anche te. Il peggior Stato di diritto è meglio della migliore giustizia popolare».

Condivido Enrico Strabotti Bon. Non foss’altro perché me lo sono dovuto inventare. Sempre in attesa che un seguace reale di Grillo trovi la forza di ricordargli che non ci siamo liberati di un contaballe per consegnarci a un ayatollah.

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