19.2.09

«Immigrati e reati, io di sinistra non volevo vedere»

Intervista di Francesco Alberti al sociologo Marzio Barbagli - Corriere

«Sì, in quegli anni andava così, non volevo vedere: c'era qualcosa in me che si rifiutava di esaminare in maniera oggettiva i dati sull'incidenza dell’immigrazione rispetto alla criminalità. Ero condizionato dalle mie posizioni di uomo di sinistra. E quando finalmente ho cominciato a prendere atto della realtà e a scrivere che l'ondata migratoria ha avuto una pesante ricaduta sull'aumento di certi reati, alcuni colleghi mi hanno tolto il saluto». Marzio Barbagli ha 70 anni, è professore di sociologia all'Università di Bologna, ha scritto libri importanti sul tema immigrazione e delinquenza e ha curato per il Viminale (ai tempi di Enzo Bianco e Giuliano Amato) il rapporto sullo stato della criminalità. Nel suo libro, Immigrazione e sicurezza (edito dal Mulino), fissa l'impressionante impennata di stupri compiuti dagli extracomunitari: dal 9% al 40% negli ultimi 20 anni, con romeni, marocchini e albanesi a guidare la classifica».
Professore, a quando risale questa specie di cecità scientifica?
«Parlo di una decina di anni fa... Ma guardi che non ero l'unico, c'erano anche altri colleghi, della mia stessa parte politica, che si rifiutavano di vedere i cambiamenti, sotto il profilo dell'ordine pubblico, che l'ondata migratoria comportava».
Eppure non mancavano dati e statistiche. O no?
«Certo che c'erano, ma non volevo crederci, non li cercavo nemmeno. Ho fatto il possibile per ingannare me stesso. Mi dicevo: ma no, le cifre sono sbagliate, le procedure d'analisi difettose. Era come se avessi un blocco mentale...». Poi cos'è successo? «Ho capito che non erano i dati ad essere sbagliati, ma le mie ipotesi di partenza».
E a quel punto?
«Sono finalmente riuscito a tenere distinti i due piani: il ricercatore dall'uomo di sinistra. E ho scritto quello che la realtà mi suggeriva».
E alcuni suoi colleghi le hanno tolto il saluto.
«Sì, alcuni. Poi ce n'erano altri che, pur sapendo che avevo ragione, mi dicevano che quelle cose non andavano comunque scritte».
Lei ha avuto l'onestà e il coraggio di ammettere l'errore: pensa che a sinistra questi condizionamenti ideologici siano molto diffusi?
«Di sicuro lo sono stati. E non solo in Italia. Un gap culturale che ha costretto la sinistra ad una faticosa rincorsa, che in parte però sta avvenendo. La stessa Livio Turco, promotrice assieme a Giorgio Napolitano di una legge importante sull'immigrazione, ha ammesso che inizialmente, quando si trovò ad affrontare la questione, non fu semplice superare certi schematismi, una certa immaturità».
Cosa le ha insegnato questa esperienza?
«È stato un processo faticoso, ma di grande crescita. Ora sono un ricercatore. E nient'altro».

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Per uno che si ravvede (parzialmente e dopo decenni), ci sono 1000 dementi di sinistra che imperterriti continuano a soffrire di cecità corticale.
L'occhio funziona bene, il nervo ottico pure, sono i neuroni (i tre che possiedono) della corteccia occipitale che si rifiutano categoricamente di guardare in faccia la realtà.

storico sgrz ha detto...

I due volti delle politiche sull'immigrazione del Popolo della Libertà